Lecchese: 666 i profughi arrivati dall'Ucraina, la maggioranza ospite in alloggi offerti da privati. 197 i bambini in età scolare
La rete di solidarietà in poche settimane si è allargata a macchia d'olio, con decine e decine di appartamenti messi a disposizione da privati, pubbliche amministrazioni e parrocchie da Colico sino a Verderio.
Sono infatti 666 secondo i dati forniti proprio in queste ore dalla Prefettura di Lecco, i cittadini ucraini fuggiti dal loro Paese messo in ginocchio dal conflitto e giunti nel nostro territorio provinciale. A questo dato complessivo vanno aggiunti 20 under 18 etichettati formalmente come "minori stranieri non accompagnati" e dunque bambini e ragazzi non ancora maggiorenni arrivati con parenti o soggetti diversi dai genitori a cui, al momento, per la legge italiana, non sono legalmente affidati.
Dando uno sguardo alla tabella con i dati relativi a ciascuno dei comuni ospitanti, salta immediatamente all'occhio come la maggior parte degli ucraini dimorino in strutture messe a disposizione da privati, senza distinzione geografica. Da Casargo a Premana passando per Lecco e giù fino alla Brianza: le soluzioni abitative riguardano l'intero territorio provinciale.Sono infatti 666 secondo i dati forniti proprio in queste ore dalla Prefettura di Lecco, i cittadini ucraini fuggiti dal loro Paese messo in ginocchio dal conflitto e giunti nel nostro territorio provinciale. A questo dato complessivo vanno aggiunti 20 under 18 etichettati formalmente come "minori stranieri non accompagnati" e dunque bambini e ragazzi non ancora maggiorenni arrivati con parenti o soggetti diversi dai genitori a cui, al momento, per la legge italiana, non sono legalmente affidati.
A spiccare è il caso di Nibionno: qui l'amministrazione del sindaco Laura Di Terlizzi ha offerto una delle sale civiche comunali dove hanno trovato ospitalità otto ucraini. Tre invece i profughi che - nel medesimo paese - stanno dimorando presso i locali del Codic, la comunità di Cibrone dedicata a donne con disturbi psichici.
A Merate invece, in nove sono stati accolti in un alloggio di proprietà dell'Osservatorio Astronomico di Brera.
Sul fronte religioso invece, solo due le parrocchie inserite nella rete dell'ospitalità: Barzago e Colico. Qui i sacerdoti hanno messo a disposizione i propri spazi per accogliere complessivamente sei persone fuggite dall'Ucraina. C'è poi il caso della comunità don Guanella di Lecco dove hanno trovato casa, per il momento, due ucraini.
Se la quasi totalità dei profughi attualmente presenti nel territorio lecchese sono donne con figli al seguito, di alcuni di loro (una piccola parte in verità) è stata resa nota anche la distinzione per titolo di studio: 52 risultano laureati, 42 in possesso di un diploma di scuola superiore, 37 hanno conseguito la licenza media, 30 la primaria mentre 60 sono privi di un titolo specifico. Nella maggioranza nei casi (454 cittadini su 666 per la precisione) questa informazione non è disponibile.
Per quanto riguarda l'inserimento nelle scuole dell'obbligo, i minori tra i 6 e i 16 anni sono al momento 197.
La tabella che mostra il numero di cittadini ucraini presenti ad oggi nel territorio lecchese
Presenze, quelle dei profughi ucraini nel lecchese, che risultano in costante crescita se si considera che la scorsa settimana erano in totale 502 e nel giro di pochi giorni hanno toccato quota 666. I numeri più consistenti a Lecco (103) e Merate (49), ma in classifica svettano anche comuni dalle dimensioni ridotte come Paderno (28), Nibionno (26) e Abbadia (22) solo per citarne alcuni.
Il sistema di accoglienza fino ad oggi, sta reggendo bene; nessuno degli arrivati è stato inserito nella rete dei CAS e dunque dei centri di accoglienza straordinari attivati dallo Stato. Tutti risultano collocati grazie a privati, intesi o come "appoggi" che - sopratuttto i primi arrivati - avevano per conoscenza diretta oppure come cittadini, associazioni ed enti che hanno messo a disposizione appartamenti, offrendo il proprio personale contributo in quella che si è trasformata in breve tempo in una vera e propria emergenza umanitaria.
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