Brivio: la counselor Paola Lecchi racconta il senso della vita e la follia secondo Qohelet

Si è tenuto nella serata di venerdì 25 marzo il secondo appuntamento del ciclo intitolato "Le dodici tavole di Qohelet", come l'omonimo volume che raccoglie il libro di Qohelet o Ecclesiaste (con un' introduzione del cardinal Gianfranco Ravasi) realizzato dallo scrittore Alfredo Chiappori.
Anche questo venerdì sera, come il procedente, ha visto la chiesa prepositurale di Brivio gremita di persone. A dare il benvenuto all'ospite della serata, intitolata "follia", come sempre sono stati Ugo Panzeri e don Emilio Colombo.

Paola Lecchi

Paola Lecchi, ha spiegato il sacerdote, è un'amante della parola di Dio, ha insegnato per 40 anni alla scuola elementare e ora, da 15 anni, è counselor. Che cosa faccia un counselor è stata Paola stessa a spiegarlo, definendo il ruolo come quello di "professionista dell'ascolto". È con lei che nel corso della serata, leggendo parte del Qohelet, si è cercato di dare ancora una risposta dalla domanda "qual è il senso della vita?". 

Paola ha ringraziato per l'invito alla serata, perché - ha ammesso - è stata un'opportunità per immergersi nuovamente nel libro di Qohelet. In particolare, quello che ha analizzato è stato il capitolo secondo, e tra queste pagine e la sua professione ha trovato dei parallelismi, divisibili in quattro tappe. Quando incontra le persone per un percorso di ascolto, ha spiegato, normalmente ci sono delle fasi imprescindibili, ovvero l'esposizione del problema, il momento autobiografico per scavare a fondo nella propria vita, l'analisi della realtà e infine la nuova ridefinizione di quella che sarà la vita della persona che si è rivolta a lei.

Don Emilio

Ugo Panzeri

 

"Nei primi due versetti che abbiamo letto Qohelet ci presenta il problema - ha detto Paola. - Qohelet è un pensatore eccentrico, è desideroso di una risposta riguardo a quello che il senso della vita deve essere. Non accetta subito delle risposte precostituite, ma vuole andare a fondo". 
Ed è così che Qohelet espone il problema: "Ho detto in cuor mio: «Vieni, lascia che ti provi con la gioia: gusta ciò che è buono!». Ed ecco, anche questo è vanità. Al riso ho detto: «Folle!» e alla gioia: «cos'ha prodotto?»". 

 

Qohelet, ha continuato Paola, si chiede che senso abbia faticare, si chiede quale sia il senso della vita e delle cose; spiega che cosa lo tormenta e dice di aver cercato risposte in tutto ciò che gli è noto, ma anche ignoto. La conclusione che trae però è che tutto è vanità, o meglio, come ha preferito dire Paola secondo un'esegesi diversa: "Tutto è soffio". Per Qohelet tutto è soffio, questo è il problema. 

Le persone che Paola incontra con il suo lavoro sono in evidente stato di ansia, ognuna per problemi differenti, ma tutti, proprio come Qohelet, cercano il perché delle cose. "Molte volte ho sentito pronunciare la frase «la vita mi è sfuggita di mano»" ha spiegato Paola. Il problema - ha continuato - è che l'uomo di oggi, soprattutto i più giovani, la risposta la vogliono subito, ma in realtà importante sostare sulla domanda. "Il mio compito è quello di far pensare le persone e porgli domande scomode, esattamente come Qohelet se le pone da sé".

Ed è per questo che si procede con la seconda tappa: l'autobiografia. Scavare a fondo nella propria vita per ricercare le risposte, ricavandone un'analisi come quella che Qohelet ha fatto nei versetti centrali del secondo capitolo. All'inizio Qohelet spiega di aver provato i piaceri della vita, aver saziato i bisogni primari, poi ha proceduto attraverso una fase di attivismo, il fare, il costruire, e infine è giunto all'accumulo di beni e di uomini: "Sono divenuto importante e ho accumulato beni più di chiunque fosse stato prima di me a Gerusalemme; certo la mia sapienza ha vegliato per me". 
"Questa è la follia - ha detto la relatrice - un delirio di onnipotenza. Che cos'è il delirio? È uno stato che denuncia la perdita del confronto razionale. Per questo chiedo alle persone che incontro di raccontarsi. Non abbiamo la possibilità di rivivere il nostro passato, ma possiamo ripercorrere le nostre esperienze attraverso il racconto". 

E così anche Qohelet, dopo aver raccontato la sua vita dai versetti 12 a 23, inizia l'analisi della sua vita e realizza che tutto aveva un limite, tutto è apparso vano: tutto è apparso soffio. Che senso ha essere saggi se esserlo implica solo di comprendere meglio il dolore? Che senso ha essere saggi - si chiede sempre Qohelet - se alla fine anche il saggio muore come uno storpio?

La domanda finale che Paola ha posto è stata: "siamo in un mondo sensato? le cose hanno un senso, visto le ingiustizie che sussistono nel mondo? Questa è la vita. Le persone che fanno un cammino con me procedono nello stesso modo, alla fine anche loro dicono le stesse cose. Per molti l'analisi della vita alla fine mette di fronte a cose che non piacciono, ma hanno il coraggio di prendere in mano questa situazione e proseguire lungo la via". 

"L'uomo di oggi - ha concluso la counselor - ha a che fare con la finitudine e con la morte. Fatto questo percorso di analisi si arriva alla ridefinizione. Qohelet ci arriva e dice che qualcosa di buono esiste: "Non c'è di meglio per l'uomo che mangiare, bere e far apprezzare il bene al proprio animo nella sua fatica. Ma anche questo ha visto che viene dalla mano di Dio". Se cerco la gioia, la perdo. Se la ricevo come dono di Dio, la trovo. 
"Le persone che incontro varcano la porta con una valigia in mano con dentro le cose buttate alla rinfusa. Facciamo assieme il nostro cammino e quando escono hanno sempre le stesse cose dentro, ma messe in ordine". 

Il prossimo appuntamento con "Le dodici tavole di Qohelet" è previsto per venerdì 1 aprile alle ore 20:30. Il titolo della serata è "vento", ospite: Carlo Clerici, docente presso il Liceo Scientifico G.B. Grassi di Saronno.

E.Ma.
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