LIBRI CHE RIMARRANNO/50: ''Stirpe e vergogna'' di Michela Marzano

C'è una donna vestita di rosso che corre veloce sulla copertina del nuovo libro di Michela Marzano, "Stirpe e vergogna" (Rizzoli, 2022, pp. 393, Euro 19,00). E la citazione in esergo induce a pensare che non stia inseguendo qualche gioia oltre il risvolto della copertina ma che stia fuggendo dalle orme cancellate alle sue spalle.
Come si chiama e da cosa fugge la donna protagonista di questo libro?
Si chiama con un nome che non è il suo. Confesso di aver aperto con noia il libro. Le case editrici me ne mandano tanti, davvero tanti, e non sempre di valore. Ho letto l'incipit e mi sono tirato su dritto: "Michela Marzano non esiste". Mi sono messo composto: l'autrice, saggista, giornalista, docente di filosofia a Parigi, già deputata nelle file del PD ha la caratura per un esordio metafisico. Invece prosegue sorridente e divertita, con un tono aneddotico alla Campanile, o alla Calvino, se si vuole. E a parte che la filosofia è sorriso e non sempre e solo annichilimento, mi sono sorpreso, mi sono seduto dritto e ho proseguito.
L'aneddoto della trafila per la registrazione all'anagrafe e per il battesimo della bambina che avrebbe dovuto chiamarsi "Maria Michela Rosa", che è stata registrata come "Maria" e che tutti conoscono come "Michela" apre un libro che fa del nome una questione centrale. È nella scoperta del nome completo del padre, infatti, che per tutti è Ferruccio ma che tecnicamente sarebbe "Ferruccio Michele Arturo Vittorio Benito", che si mette in moto la ricerca e la storia.
Passi per il "Vittorio", forse eco di quel Vittorio Emanuele III, ma "Benito" no! Michela è di sinistra, la sua famiglia è sempre stata di sinistra, la sinistra è la parte giusta: perché suo padre porta il nome del duce?
"Perché il nonno era fascista", le risponde lui con candore. A casa lo sapevano tutti, tranne lei. Nella casa salentina c'è persino una vecchia scatola con il medagliere e i riconoscimenti veri. Fascista vero, di quelli della primissima ora, non sansepolcrista ma squadrista e partecipante alla Marcia di Roma, con tanto di numero di brevetto: n° 108702! Non un fascista di quelli degli anni Trenta, quando magari ci si iscriveva al Partito per convenienza: un fascista duro e puro.
"Ho l'inconscio a fior di pelle", scrive Michela alla scoperta, e il libro racconta la storia delle sue indagini - alla fine dobbiamo chiamarle così - per ricostruire la sua, di storia, mentre l'Italia tentava di ricostruire la propria negli anni del Dopoguerra e oltre, e di farci pace.
Il nonno Arturo, colpito poi da ictus, immobilizzato semicosciente su una sedia a rotelle, è stato un uomo generoso: come può essere stato fascista?
Se "loro" sono stati il Male, il male era in casa Marzano. Davvero il confine tra i buoni e i cattivi è così netto? Come si può convivere con un passato, una "stirpe", un cognome macchiati di questa "vergogna"? "Quando non lo si elabora - scrive Marzano -, il passato ci agisce. Se non si decide di farci i conti, lo si tramanda di generazione in generazione. Quando ci si illude di averlo rimosso, riaffiora. E prima o poi c'è chi il conto lo deve pagare".
Il libro è un viaggio toccante, impudicamente autocritico, nel passato da cui Maria Marzano, la donna della copertina di rosso vestita (è di sinistra!), cerca di fuggire.

Ma non è solo questo. È la storia di Michela, della sua ansia personale, di quella notte del 12 settembre 1997, festa del Santissimo Nome di Maria, quando un miracolo salvò Michela Maria da sé stessa.
La Storia è in agguato e talora ci minaccia col proprio Male, e poi ci siamo noi, che sappiamo talvolta farcene da soli quando non riusciamo a far pace con la nostra, di storia.
È la storia di un padre e di una figlia, di uno scavo nel passato che alimenta una fame di futuro: le due pagine conclusive sono bellissime: capire non basta a perdonare. Ma non c'è bisogno di perdonare per amare.

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Rubrica a cura di Stefano Motta
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