Osnago: anche il Mandic deve disporre di eccellenze altrimenti perde professionalità

"Sono uscite adesso per ATS Brianza le Linee guida dei Piani Di Organizzazione Aziendale Strategici, i POAS. È questo il momento in cui pensare a quale deve essere il futuro dell'ospedale di Merate". È questo il sasso che ha lanciato la dott.ssa Patrizia Monti in un incontro pubblico sul futuro del Mandic. Oggi in pensione, l'appello arriva da una delle principali professioniste che ha fatto la storia del presidio di Merate, che ha diretto dal 1999. Un'esperienza che ha maturato anche fuori dal piccolo universo di Merate, come direttrice sanitaria del San Matteo di Pavia Irccs, dal 2008 al 2011 e poi, tornata in Provincia, come direttrice sanitaria dell'azienda ospedaliera di Lecco. Infine all'Istituto dei Tumori di Milano.

 


La serata è stata organizzata dall'associazione politica Progetto Osnago presso la sala civica osnaghese "Sandro Pertini" per riflettere sulla rete dei servizi sanitari sul territorio e sul ruolo che ospedali come il Mandic di Merate possono esprimere ancora. Una conferenza, quella con la dott.ssa Monti, che è stata seguita da volti meratesi quali il neo segretario del circolo del Partito Democratico Mattia Salvioni, il civico Giacomo Ventrice e l'ex consigliere di centro-sinistra a Palazzo Tettamanti Roberto Riva, nonostante il gruppo di minoranza di Merate avesse proposto in contemporanea un altro evento proprio in città.

Filippo Galbiati

Moderatore a Osnago il sindaco di Casatenovo, il dott. Filippo Galbiati, che è anche presidente uscente dell'Ambito di Merate. Nell'introduzione ha sottolineato l'errata programmazione in Italia per quanto riguarda la medicina territoriale negli ultimi decenni, che ha causata gravi carenze sul versante del personale medico (di pronto soccorso, anestesisti e medici di base). Le previsioni sul futuro non sono incoraggianti. Galbiati le ha definite "drammatiche".

Tema principale dell'incontro è stata la relazione che si dovrebbe costituire tra gli ospedali "hub" e quelli "spoke". La tendenza alla iperspecializzazione, dell'obiettivo dell'eccellenza tramite l'evoluzione tecnologica, ha comportato una migrazione delle risorse verso una sola direzione. "Serve una riflessione seria e profonda su quale deve essere l'identità e il ruolo degli ospedali spoke, cioè gli ospedali minori, nell'organizzazione della rete dei servizi sanitari. Siamo rimasti un passo indietro a questa necessità che riguarda anche il nostro territorio, anche l'ospedale di Merate" ha dichiarato Galbiati.

Patrizia Monti

Ed è proprio a partire da questo concetto che la dott.ssa Patrizia Monti ha avviato la propria analisi. Il sistema Hub-Spoke è di tipo verticistico. La prima struttura è un centro iper-specialistico, ha osservato Monti, a cui afferiscono i pazienti trattati negli ospedali Spoke quando diventano più complessi. Un modello che va rivisto. "Non c'è dubbio che nella sanità di oggi bisogna lavorare in rete. Non si può più pensare ad ospedali come erano 30 anni fa, quando l'ospedale di Merate trattava tutto quello che riusciva a fare, a prescindere dal fatto che in altre strutture vi fossero apparecchiature e competenze più specifiche" ha commentato la dott.ssa Monti, che ha però proposto un terzo schema per non perdere l'identità e le professionalità degli ospedali più piccoli. Si tratta del modello "poli-antenne". "Tutti gli ospedali possono essere hub per alcune patologie e spoke per altre patologie. Perciò anche un ospedale medio-piccolo come quello di Merate manderà sempre i pazienti cardio-chirurgici a Lecco, ma a sua volta il Mandic può essere il centro di riferimento per alcune patologie. È un modello che non è verticistico, ma misto: in parte verticale e in parte trasversale". Si eviterebbe così la migrazione dei professionisti dagli spoke agli hub. E un ospedale senza risorse professionali diventa difficile da gestire, come confermato dall'aneddoto personale della dott.ssa Monti, che ha trovato più complicato dirimere i problemi a Merate che non dirigere il San Matteo di Pavia. Il modello "poli-antenne" potrebbe dunque riuscire a rendere attrattivi e appetibili ai professionisti anche gli ospedali di minori dimensioni. "Bisogna per forza di cose avere dei punti di eccellenza attorno a cui l'ospedale si sente di poter esprimere al massimo la professionalità di chi ci lavora". Un esempio per il presidio meratese: potrebbe diventare il punto di riferimento in Provincia di Lecco per la cardio-oncologia, mentre la cardiologia rimarrebbe in capo al Manzoni di Lecco.

"Il fatto che siano uscite le Linee guida del POAS deve fare in modo che anche la politica metta a tema in una sorta di Conferenza dei Servizi con operatori dell'ospedale di Merate, la direzione dell'ASST, l'ATS, la politica, gli specialisti, i medici di medicina generale, per identificare dei momenti di eccellenza dell'ospedale di Merate e dei momenti di dipendenza da Lecco. Si dovrebbe anche identificare il ruolo di cerniera del Mandic nei confronti del territorio con le Case di Comunità" ecco la proposta avanzata dalla dott.ssa Monti nell'ottica di sinergie bidirezionali Merate-Lecco e Merate-territorio. "Questa dovrebbe essere l'agenda in questo periodo storico del Mandic".

Un embrionale riscontro è arrivato al termine della conferenza dal sindaco di Osnago Paolo Brivio, che ha suggerito di affrontare la tematica del POAS in una conferenza dei sindaci o come "filiera di sindaci interessati". Cercare un'interlocuzione per "produrre un documento con delle proposte attingendo ai ragionamenti validi emersi questa sera. Brivio, che ha ammesso che forse i sindaci non hanno fatto abbastanza a difesa del Mandic (ma tuttavia ai primi cittadini viene spesso chiesto troppo), ha concluso che "il derby stucchevole e velleitario Lecco-Merate non porta da nessuna parte, mentre un ragionamento di sistema, intelligente, ha più chance probabilmente di essere ascoltato là dove si decide veramente".

Raffaele Straniero

Paola Gobbo

Alla conferenza hanno partecipato anche il consigliere regionale PD Raffaele Straniero, con un focus sulla riforma sanitaria di Regione Lombardia, e l'infermiera Paola Gobbo (dipartimento Prevenzione di ATS Brianza), che ha evidenziato il ruolo che potrebbero assumere gli operatori infermieristici nelle Case di Comunità come infermieri di famiglia, parallelamente alla figura dei medici di medicina generale.

M.P.
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