Merate: in fuga dall'Ucraina con tre figli, ora il loro ristorante è diventato una ''mensa'' per dare ristoro a soldati e anziani

Ora in uno dei loro cinque ristoranti è stata allestita una sorta di mensa dove vengono sfamati i soldati e gli anziani di Chernihiv. Dall'Italia in qualche modo stanno cercando di dare aiuti concreti ma le comunicazioni non sono sempre facili e meno ancora lo è far arrivare a destinazione i beni. In questi giorni dalla casa di vicolo Scipione Albani dove sono alloggiati Anna con il marito Valerio e le loro tre bimbe Olexandra, Polina e Olivia sono con la mente e il cuore nel loro paese, l'Ucraina. La paura non è tanto di ritrovare distrutta l'abitazione che hanno lasciato, e che attualmente un parente va a controllare dando l'acqua ai fiori, ma è di non tornarci in tempi brevi. Se sarà da ricostruire pazienza, si rimboccheranno le maniche come hanno sempre fatto. Il terrore e il dolore che li sta devastando è di non poterci ritornare subito.

Che qualcosa ai confini potesse succedere già da gennaio si era capito "ma una guerra con le bombe vicino a casa, quello proprio no". Si emoziona e ha le lacrime agli occhi Anna, 34 anni, un italiano fluente imparato quando da adolescente veniva in brianza a respirare l'aria pura e a rigenerarsi. Una lingua mai abbandonata così come mai aveva dimenticato gli amici meratesi ed era rimasta in contatto con loro.
"Non pensavamo proprio di dover abbandonare la nostra terra ma quando ci siamo accorti che i bambini erano impauriti e stavano risentendone abbiamo deciso di accettare la proposta della famiglia Trisoglio che ci aveva chiamato non appena il conflitto era iniziato".

Per sei giorni con altri vicini di casa sono rimasti nascosti in una cantina adibita a bunker. Cibo ce n'era ma era l'atmosfera e il clima generale che andavano via via deteriorandosi, con i bambini sempre più spaventati dall'ululare delle sirene e dal fragore delle bombe arrivate a poche decine di metri da casa distruggendo un cinema. Dopo un breve periodo sui monti Carpazi la decisione.

"Abbiamo messo tutta la nostra vita in due valigie e siamo partiti" ha proseguito Anna "sono stati tre giorni di viaggio lunghissimi, con tappa a Budapest e a Treviso da conoscenti che ci hanno ospitato. Prima di lasciare l'Ucraina abbiamo dovuto percorrere strade anche secondarie perchè c'erano molti posti di blocco con militari, ponti distrutti e non volevamo correre pericoli. Se non avessimo avuto i bambini probabilmente saremmo restati nella nostra terra con i miei genitori, ma era troppo pesante per loro sopportare una paura simile".


Ora da Merate Anna e Valerio stanno cercando di organizzare gli aiuti da inviare a Cerhihiv, quantomeno cibo e farmaci, al momento ciò di cui c'è più bisogno. Quando potranno tornare in Ucraina non lo sanno. Là hanno lasciato i famigliari più stretti, i tanti amici anche dei figli e purtroppo anche qualche croce. "Sette persone che conoscevo sono morte sotto i proiettili" ha concluso Anna "quando siamo scappati iniziavano a esserci vittime per la strada. È stato terribile...".

S.V.
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