Paderno: associazioni e cittadini mobilitati per i nuovi ospiti. Scatta la solidarietà del paese, cibo e alloggio per i profughi

A incorniciare questo grande gesto di altruismo che ha visto protagonista l'intera comunità padernese vi sono le parole di chi ha toccato con mano l'impegno delle Associazioni, degli Amministratori comunali e dei cittadini per far sì che queste persone riuscissero, seppure per un tempo limitato, a sentirsi veramente accolte.

 

"Non avrei mai pensato che si riuscisse a realizzare una cosa così grossa in così poco tempo" ha dichiarato la numero uno di Auser, Elisa Mapelli, per tutti Betty, quando le è stato chiesto di commentare la grande mobilitazione avvenuta in Paese. Tre giorni in totale, e tutto è stato organizzato. Protagoniste, con il supporto dell'Amministrazione, di questa grande macchina della solidarietà sono state le associazioni padernesi: Pro Loco, Aiutiamoli a Vivere, Mehala, il RiCircolo, la Consulta Giovani e Adotta Una Famiglia. "E poi tutta la popolazione si è mobilitata in maniera commovente" ha proseguito la presidente del sodalizio raccontando come siano riusciti "a compiere il miracolo".

Hanno fatto eco alle dichiarazioni di Mapelli, quelle del presidente della Pro Loco, da poco ricostituita, Giovanni Bolognini, che ha definito "emozionante, in un momento così drammatico, vedere tante persone dare una mano". E soprattutto: "Poter contare su associazioni del territorio tanto unite fra loro lascia ben sperare per collaborare in futuro oltre a essere la dimostrazione che insieme ce la si può fare" ha concluso Bolognini.

Massima disponibilità è giunta anche dal presidente dell'Asd Padernese, Eric Consonni, che senza esitazioni ha acconsentito a mettere a disposizione per il pernottamento la palestra di via Airoldi per i profughi in arrivo. I volontari della Protezione Civile si sono invece occupati del trasporto delle brandine fornite dalla Prefettura. E in ultimo i volontari hanno preparato i letti con materassi donati dall'associazione Mato Grosso, e le coperte, sacchi a pelo dai padernesi. Una risposta ben più alta delle aspettative è arrivata anche dall'iniziativa, tirata su in un batter d'occhio, della "Pizza Sospesa".


Dalla Polonia, e da chi l'ha raggiunta, sono arrivate invece testimonianze delle sofferenze e del caos che la guerra sta causando a milioni di profughi in fuga.

Erano circa le due del pomeriggio di sabato, 19 marzo, quando il gruppo è arrivato alle porte della capitale polacca. Non è stato scontato convincere le persone a lasciare la Polonia e venire in Italia. Diffidenza e paura di non far più ritorno nella propria patria, l'Ucraina, sono sentimenti diffusi tra i rifugiati. E sono anche il motivo per cui dei 48 posti che l'autobus disponeva ne sono stati occupati 29. Tuttavia, un ottimo traguardo, se confrontato con la testimonianza, riportata dal professor Fabio Carlini, "di pullman tornati indietro con quattro o cinque persone, o addirittura vuoti".

"Io ho visto gli occhi smarriti della gente. È drammatico" ha confessato l'insegnante di religione riferendosi alla situazione all'interno delle stazioni e dei centri di accoglienza per profughi. Si sono fermati in tre punti diversi della città, tra cui la Stazione centrale e una più periferica, prima di ripartire alla volta dell'Italia con a bordo gli ucraini.

A Tarvisio poi, sul confine tra l'Austria e il Friuli Venezia Giulia, la comitiva si è dovuta arrestare per circa un'ora e mezza per i controlli di polizia, ha riferito Roberto Marasco, titolare della "Marasco Viaggi" che insieme agli altri due autisti si sono "spezzettati" il viaggio a turni di otto ore ciascuno.

Torino, Ferrara, Firenze e Taranto sono le province in cui questa mattina sono nuovamente diretti. Lì le comunità dell'associazione Don Orione con cui il professore ha preso contatti prima della partenza li attendono.

 

 

Ad aggiungere dettagli sull'esperienza è stato Giacomo Arrigoni, diciassettenne, studente di quarta e rappresentante dell'Istituto Viganò di Merate, anche lui di ritorno dal viaggio, "Noi siamo andati con l'associazione Don Orione, quindi con l'intento di trovare ucraini che non avessero nessun aggancio, che non sapessero cosa fare. E con l'obiettivo di aiutare quelle persone a trovare un luogo dove stare all'interno di un gruppo". Ma l'impresa si è rivelata più difficile del previsto perché, al contrario, la maggior parte di quelle incontrate avevano già i contatti per poter raggiungere amici, parenti, conoscenti in Italia. La preoccupazione che ha manifestato Arrigoni è stata infatti verso quei profughi che non sanno dove andare e si fidano "di chi li contatta" correndo il rischio che la persona apparentemente disposta ad aiutarli, abbia in verità scopi tutt'altro che ammirevoli. Il supporto di un'associazione e di un interprete sono quindi due elementi indispensabili per portare a termine un'iniziativa analoga, ha precisato. Nonostante il viaggio "traumatico", le poche ore di sonno e una scansione del tempo irregolare, il giovane studente, ha fatto emergere l'aspetto fondamentale: "La cosa più importante è la felicità dell'averci provato. Non c'è qualcosa che ti spinge più di un'altra, è un insieme di cause e di sensazioni che ti spinge a voler agire. Soprattutto il sentirsi impotenti" ha concluso chiarendo perché ha deciso di compiere questa esperienza.

Federica Fumagalli
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.