Merate: la boutique di Enrico Mandelli nella via del lusso di Kiev aperta a ottobre, ora chiusa e con i lavoratori nei bunker

La boutique di Mandelli a Kiev


Nella "Kiev passage", la strada del lusso della capitale ucraina, lo scorso mese di ottobre ha aperto una delle sue boutique. Il suo nome, tutto meratese, è diventato un brand dell'alta moda con salotto a Milano nel famoso quadrilatero, in Kazakistan e appunto da qualche mese anche nell'est. Location mirate dove la possibilità di spesa, per certe fette di popolazione, è pressochè "spudorata" per dirla con la celebre frase di Richard Gere in Pretty Woman.


Oggi in Khreschatyk street, civico 15, dove ha sede, il nuovo negozio di Enrico Mandelli è vuoto. Serrande abbassate, strada deserta, nessun turista, nessun affare in corso. Nel centro non c'è vita.


"I nostri ragazzi sono nei bunker o nelle metropolitane. La boutique è chiusa" ha raccontato l'imprenditore meratese, classe 1940, nativo di via Quintaberta, che ogni giorno cerca di mantenere i contatti con i suoi 15 dipendenti "chi può cerca di scappare nelle campagne, la situazione è molto critica. Speriamo che finisca in fretta, creando meno danni possibili sui civili".

Un auspicio che chiaramente si riflette anche sulla parte economica. La merce era già stata consegnata e stoccata nei magazzini, gli ordini per le collezioni delle prossime stagioni erano già stati compilati.

"E' una grossa perdita a livello di fatturato, che aumenta di giorno in giorno. A ottobre quando avevamo aperto c'era stato un exploit esagerato: la Russia e l'Ucraina sono sempre stati due mercati che rispondevano bene. Kiev era una città bellissima, uno snodo economico dove confluivano persone d'affari di diverse nazionalità, dall'India a Israele. È sempre stata una realtà sicura e pulita. Ora speriamo che questa triste pagina si chiuda in fretta, anzitutto per la popolazione civile. Nessuno si aspettava niente di quanto è accaduto".

Enrico Mandelli insignito della benemerenza civica nel 2019


Dopo una guerra durata due anni, quella del Covid, che se per i primi mesi aveva paralizzato tutto, nella seconda stagione la fascia alta del mercato non aveva subito particolari influenze, ora la guerra a suon di bombe e restrizioni è tutto diverso.


I danni per l'azienda ammontano a diverse centinaia di migliaia di euro: collezioni, ordini, campionari, merce su richiesta è tutto fermo. Dall'Italia, dove il brand viene confezionato, non parte niente ma del resto a Kiev non c'è nessuno.

S.V.
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