Merate: il carcere e la vita all’interno di detenuti e guardie. 1^ lezione del ciclo di diritto penale per gli studenti delle superiori

Federica Fortunato, Paola Cassetti, Giulia Vassalli


È cominciato lunedì 7 marzo un ciclo di conferenze per alcune classi del liceo Agnesi e dell'ISS Viganò di Merate sulla legislazione penale italiana e sulla sua applicazione. In particolare sono state coinvolte tre classi quarte del liceo e a quattro classi quinte del "Viganò". Il primo incontro, tenutosi presso l'aula magna esterna "Borsellino", è stato di carattere generale per introdurre la tematica. I prossimi due, entrambi nel mese di marzo, invece promettono di essere più incentrati su situazioni specifiche e su testimonianze dirette. Il ciclo di conferenze si inserisce all'interno di un percorso di educazione civica sul rapporto tra giustizia e pena.

Dopo l'introduzione della professoressa Cristina Mazza, è intervenuta la dottoressa Giulia Vassalli, magistrato di sorveglianza del Tribunale di Varese, competente per le persone in esecuzione penale nelle Province di Lecco, Como, Sondrio e Varese. Ha spiegato l'importanza delle misure alternative al carcere che possono modificare la pena in termini quantitativi e qualitativi. Tra i compiti della Magistratura di Sorveglianza c'è anche la tutela dei diritti dei detenuti. La dott.ssa Vassalli ha tenuto a precisare che la libertà personale è fisiologicamente limitata nella condizione di reclusione, ma non dovrebbero essere sacrificati gli altri diritti della persona. Parole molto dure dunque sul sovraffollamento delle carceri in Italia. "Il tema del sovraffollamento degli istituti penitenziari non può più essere sottovalutato. Vi è un'attenzione sull'Italia anche a livello europeo. Non può essere ricondotto solo a un fatto di cattiva gestione. È una sconfitta totale per uno Stato democratico" ha commentato la magistrata. Si è dunque interrogata sulla credibilità che uno Stato possa avere agli occhi dei detenuti, ai quali si chiede di rispettare le Leggi quando è l'Istituzione stessa a non rispettarle. "I detenuti possono presentare un reclamo per la condizione di sovraffollamento del carcere al Magistrato di Sorveglianza e chiedere di ottenere per questo uno sconto o una riduzione di pena. È una cosa vergognosa, è la più grande sconfitta per lo Stato che preferisce applicare degli sconti di pena piuttosto che migliorare le condizioni del sistema penitenziario" ha aggiunto Vassalli.

La prof. Cristina Mazza

La magistrata non ha nascosto che le difficili condizioni di vita nelle carceri italiane per il sovraffollamento sono tra le cause principali degli atti di violenza e, nei casi peggiori, di suicidi. Dall'inizio dell'anno si sono tolti la vita già 5 detenuti. Nella disamina della donna di Legge, esiste una "violenza del carcere" insita nella condizione restrittiva che di per se stessa caratterizza gli istituti di pena, da considerare come una "violenza minima onde evitare che ciascuno si faccia giustizia da solo". C'è poi una violenza tra detenuti, che segue la logica delle gerarchie che si instaurano tra i carcerati, anche alla luce dei reati commessi. Tra le violenze perpetrate anche quelledi natura sessuale. Sottoposti a particolare tutela sono i collaboratori di giustizia, chi è accusato di reati sessuali e poi poliziotti o magistrati, figure delle Istituzioni che devono scontare una pena.

Giulia Vassalli

Come il caso di Santa Maria Capua Vetere ha palesato, accadono anche incresciosi episodi di ferocia inaudita degli agenti di Polizia penitenziaria contro i detenuti. Fatti che la magistrata ha condannato come una "manifestazione della sconfitta dello Stato", seppur abbia dall'altro lato fatto un richiamo alla difficoltà di un lavoro - quello degli agenti di polizia - logorante, a cui vengono riconosciute risorse minime. "Dovrebbero essere supportati di più" ha affermato al riguardo Vassalli. La quale ha persino citato l'esperimento sociale promosso negli anni Settanta da un professore di Stanford che dimostrerebbe come i comportamenti delle "guardie" e dei prigionieri siano influenzati dal ruolo attribuitogli dalla società.

Paola Cassetti

Al tavolo dei relatori c'erano anche le assistenti sociali dell'Ufficio Esecuzione penale esterna Paola Cassetti e Federica Fortunato, che collaborano dunque con la Magistratura di Sorveglianza. La loro funzione è strettamente legata all'istituto delle misure alternative. A loro non spetta la valutazione dei presupposti giuridici quanto quella degli elementi "soggettivi" sulla storia personale e sulle competenze dei condannati. Se ritenuti congrui i soggetti possono avere accesso alle misure alternative. Che sono un banco di prova in vista del ritorno alla piena libertà per i condannati, ma costituiscono anche un esempio virtuoso per la collettività. La recidiva scende dai 7-8 casi su 10 a 2 su 10 tra chi ha potuto contare sulle misure alternative.

Federica Fortunato

La più funzionale tra queste misure è l'affidamento in prova al servizio sociale, che può essere applicata a chi ha subito una condannata inferiore ai quattro anni di reclusione. Spesso viene preceduto dall'affidamento terapeutico per tossico-dipendenza, dal momento che un numero consistente di detenuti ha avuto problemi di dipendenza, spesso causa della condanna alla reclusione. La dott.ssa Paola Cassetti ha in particolare dettagliato come vengono seguiti dal SerT all'interno di un programma territoriale, qualora vi fossero le condizioni per attuarlo.

 

Tante le domande degli studenti dell'Agnesi per un incontro durato circa due ore e che è servito ad allargare lo sguardo sulla detenzione e sui percorsi alternativi nell'esecuzione della pena.

Le prossime date saranno martedì 15 marzo con ospiti la dottoressa Micaela Furiosi, responsabile dell'area Giustizia, Legalità e Comunità della Società Cooperativa Sociale Onlus, e la dottoressa Gaia Ferni, coordinatrice della comunità Casa Abramo. Per finire, giovedì 24 marzo la conferenza dal titolo "La vita in carcere: quali diritti?" avrà come relatori don Marco Tenderini, cappellano del carcere di Lecco; il dottor Marco Bellotto, garante dei diritti dei detenuti per la Provincia di Lecco; le operatrici della cooperativa L'Arcobaleno, Micaela Furiosi e Gaia Ferni.

M.P.
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