Osnago: la villetta confiscata alla mafia è inutilizzata da 4 anni. Ma Dusi  si lamenta per una parola equivocata. Senza pudore


Federico Dusi

Spettabile redazione di Merate Online,

vi scrivo spinto da incredulità e delusione riguardo al vostro articolo relativo al Consiglio Comunale di Osnago tenutosi venerdì 11 febbraio 2022. Nel testo il giornalista riporta un virgolettato che non corrisponde a verità: si legge infatti nell'articolo "Il campo delle opinioni è vasto. Certo che trasformare le proprie opinioni in fatti bisogna essere un po' dei MATTI", attribuendo a me queste parole. Il giornalista aggiunge poi: "E pare non volesse essere nelle attenzioni un'autoanalisi". Basterebbe però riascoltare la registrazione del Consiglio Comunale per sentire con chiarezza che il termine da me usato è "MAGHI" e non matti come riporta il giornalista. Inoltre, converrete con me che un insulto gratuito e spiacevole come si legge dal commento fuori luogo del giornalista era quantomeno evitabile. Spero e mi auguro che l'errore sia stato fatto a causa di un errato ascolto e non per altri motivi. Per questo mi aspetto la correzione dell'articolo e magari, anche solo per educazione, le scuse a Progetto Osnago per l'insensato commento.

In fede,

Federico Dusi, Capogruppo di Progetto Osnago

 

La vicenda pruriginosa del bene confiscato di Osnago, con annessi e connessi, sta assumendo tratti tragicomici da Italietta del XXI secolo. Che destano sconcerto. E dunque un giornalista (o articolista o autore/estensore dell’articolo o cieco o mago o matto, ognuno scelga pure l’espressione con la quale si sente in maggiore sintonia) fa quello che deve fare: evidenziare i fatti con l’unico strumento che ha: la parola. Piaccia o non piaccia.

 
Tutto ruota attorno a un fatto incontrovertibile: c’è un immobile confiscato da ben quattro anni ad Osnago e che è ancora lì senza un gestore, senza che il Comune lo abbia acquisito, peccando inevitabilmente di inerzia. Il calendario è impietoso.
 

Non si scrivono queste parole a cuor leggero innanzitutto perché quando si tratta di legalità ogni componente della società dovrebbe fare fronte comune. Un clima da fazioni non può che far comodo a chi sta davvero dall’altra parte della barricata, ovvero a chi si arricchisce indebitamente attraverso stratagemmi illeciti, ai corruttori, ecc. Fare fronte comune tuttavia non può far indugiare un istante dal raccontare i fatti, un servizio che dovrebbe essere letto come teso a migliorare una situazione, per quanto lì per lì qualcuno possa sentirsi urtato.

 
Le reazioni a mezzo stampa e in Consiglio comunale del sindaco Paolo Brivio e del gruppo di maggioranza rappresentato dal suo capogruppo Federico Dusi però non sono state nemmeno per un frangente quelle dell’autocritica. Solo lezioncine su come si scrivono gli articoli, repliche nell’arduo tentativo di far emergere solo circostanze che fanno comodo, il tutto condito con una sottile arroganza.
 

L’ultimo caso, una lettera ricevuta in redazione a firma di Federico Dusi, indignato perché gli si sarebbe stata attribuita una parola non utilizzata in Consiglio comunale mentre parlava, prendendola alla larga, della vicenda del bene confiscato. Non avrebbe tacciato coloro che trasformerebbero le proprie opinioni in fatti di essere dei “matti” ma dei “maghi” (di fatto rivolgendosi al sottoscritto). Per carità, ci uniamo al coro di complimenti per aver trovato il pelo nell’uovo, per una parola sentita male in aula consiliare e che non si distingue nemmeno dopo ripetuti ascolti del video trasmesso sulla pagina social del Comune, complice la bassissima qualità delle immagini e dell’audio del filmato. La sostituzione involontaria delle due parole non sovverte nemmeno lontanamente il senso dell’intervento di Dusi, anzi. Nel peggiore dei casi il consigliere dicendo “maghi” intendeva quelli che nell’epoca buia del Medioevo venivano portati al rogo e considerati dalla Chiesa come posseduti dal demonio. Oggigiorno il termine è sinonimo di chiromante o cartomante, santone, veggente, oracolo, più in generale di chi si affida all’irrazionalità, lucrando e raggirando la povera gente. Se i riferimenti culturali fossero i cartoni della Disney o Harry Potter, allora forse l’accezione diventerebbe positiva, ma nella composizione della frase l’inserimento denoterebbe comunque un sarcasmo irrituale per essere stato recitato in aula consiliare con la battuta rivolta a chi non può intervenire in quel momento per replicare. Ci si domanda allora perché il capogruppo di Progetto Osnago senta la necessità di intervenire per una modesta rettifica. Vuole forse distogliere l’attenzione dalla reale entità del problema riguardo al bene confiscato? L’operazione che consiste nello spostare il nucleo del problema e nella delegittimazione sottile o tracotante della stampa, quando si parla di legalità, è un copione che dagli anni Cinquanta ad oggi si ripete sovente, ma a perpetrarla sono di solito personaggi di tutt’altro rango rispetto agli amministratori osnaghesi, i quali giustamente non vorrebbero mai essere associati ad essi. Con certe uscite maldestre si finisce solo per fare brutta figura ed essere vittima delle proprie affermazioni.
 

La vera questione è che l’immobile residenziale è confiscato in via definitiva dal gennaio del 2018. Il Comune ne è venuto a conoscenza poche settimane dopo, giusto i tempi tecnici e burocratici per la comunicazione ufficiale da parte dell’Agenzia dei beni confiscati. È stato chiesto al Comune di verificare se l’edificio fosse ancora abitato oppure no. Il sopralluogo nella primavera di quell’anno ha fatto constatare che il bene era occupato abusivamente da parenti di uno dei condannati alla confisca. Il Comune ne ha quindi dato notizia all’Agenzia. Dopodiché nulla per mesi e mesi se non un paio di altri sopralluoghi sempre su richiesta. Avendo seguito passo passo la vicenda, possiamo dire che non ci risulta che sia stata esercitata alcuna forma di richiesta di intervento alle forze dell’ordine o direttamente alla Prefettura per sanare una situazione di occupazione abusiva. Un tema di carattere di ordine pubblico e sicurezza (tant’è che poi l’appartamento ormai passato allo Stato è stato riconsegnato danneggiato senza porte e finestre), ma anche più semplicemente lesivo dell’immagine del Comune sul cui suolo si trova l’edificio di via delle Robinie.
 

Ci sono altri segnali dell’inerzia del Comune. In tutto questo tempo non è stata ad esempio ricostruita la storia del bene, se non attraverso qualche scarna fonte giornalistica, e come si sia arrivati alla confisca definitiva. E tuttavia nel programma elettorale del 2019 Progetto Osnago ha scritto di voler destinare un “bene confiscato alla camorra”.
 

Il primo (e unico) vero atto concreto è stata la manifestazione di interesse che il Comune ha voluto fare per esplorare l’eventuale disponibilità del terzo settore (delibera di Giunta del febbraio 2021 e conseguente avviso del marzo 2021). La scadenza era stata fissata per la fine del marzo scorso. Ai partecipanti non è stata poi inviata alcuna altra informazione. Nessuna lettera di avvenuta ricezione e ringraziamento per l’interesse dimostrato, nessun avviso circa i passi successivi e gli intendimenti del Comune. Anche questo fa riflettere.
 

In tutti questi anni l’Agenzia dei beni confiscati (di solito sono gli Enti locali a lamentarsi delle lentezze della ANBSC per la sua scarsa dotazione di personale) ha sollecitato più volte l’amministrazione comunale di Osnago ad assumere i provvedimenti del caso. Nel dicembre del 2020 invitava il Comune a manifestare formalmente l’interesse all’Agenzia entro 45 giorni. Cosa che Osnago non ha mai definito con un atto ufficiale scritto (in seguito a una delibera di Giunta o di Consiglio che non c’è mai stata), bensì a voce in una conferenza dei servizi regionale in cui lo spazio dedicato alla situazione di Osnago è stato per forza di cose infinitesimale.
 

Questi sono fatti, senza incantesimi o magheggi di ogni sorta. Muoviamo tre contestazioni. La prima: il sindaco nella sua lettera ha dichiarato che per l’acquisizione del bene confiscato nel patrimonio dell’Ente i “settori dell’amministrazione interessati” hanno avuto, tra le incombenze, anche quelle legate ai concorsi pubblici da svolgere e alle carenze di personale. Per l’acquisizione dell’immobile l’unico Ufficio interessato è l’Ufficio Tecnico e non l’Ufficio dei Servizi sociali, a cui sarebbe solo successivamente spettato il compito di redigere il bando per affidare la gestione del bene. L’Ufficio tecnico non ha avuto problemi di concorsi e ha una pianta organica stabile, a cui non si è provveduto nel frattempo ad una implementazione né è in programma.
 

È noto ormai che i Carabinieri Forestali stiano valutando di realizzare presso il bene confiscato una caserma. Nel Consiglio comunale del 4 febbraio il sindaco ha asserito che il Comune ha congelato i rapporti con l’Agenzia perché “gli apparati di sicurezza dello Stato hanno la priorità”. Anche su questa motivazione dissentiamo. Diamo atto che nel Consiglio comunale successivo, Paolo Brivio ha aggiunto: “Abbiamo dovuto e voluto arrestare un percorso quando un altro corpo dello Stato si è fatto avanti”.
 

Terza precisazione: Dusi in Consiglio comunale ha sostenuto che il “centro”, l’obiettivo è di riportare il bene confiscato nel circuito della legalità. Sommessamente facciamo notare che il programma elettorale di Progetto Osnago si poneva come obiettivo la “destinazione per scopi di assistenza e accoglienza”.
 

A questo punto una breve riflessione e una proposta. La destinazione a scopi sociali dei beni confiscati è una peculiarità tutta italiana. Normative e casi specifici vengono studiati e apprezzati anche all’estero per i riflessi positivi sulla collettività. Una legislazione che è nata su iniziativa popolare dalle ceneri del tritolo di Capaci e via d’Amelio di cui quest’anno si ricorda il trentennale. Da quando ne è consentita la possibilità si cerca sempre di prediligere la destinazione a fini sociali dei beni confiscati. Mettere sullo stesso livello le finalità istituzionali con quelle sociali denota a nostro avviso un “ritardo culturale” (l’espressione è stata ampiamente sdoganata dallo stesso sindaco di Osnago nell’Assemblea dei soci di Retesalute parlando dei modelli di welfare). E fa specie che accada in un gruppo che si dice di centro-sinistra. Nel caso specifico a manifestare interesse è stata anche un’associazione che dà rifugio a donne vittime di violenza, costrette a scappare dalle proprie case perché non al sicuro. Come si può mettere sullo stesso piano questa possibile soluzione con una caserma dei carabinieri di cui, onestamente, nessuno ha mai sentito il bisogno ad Osnago e nel Meratese?
 

Il Comune potrebbe manifestare formalmente, a seguito di una delibera, l’interesse ad acquisire il bene confiscato nel patrimonio del Comune. Sarà poi l’Agenzia dei beni confiscati a valutare quale opzione prediligere, tra un uso sociale o uno istituzionale. Così si potrà dire che almeno il Comune si è mosso, in ritardo, ma si è mosso.
 

Marco Pessina

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