Merate: adolescenti durante il covid. I numeri dello sportello #QuindiciVentiquattro. Disagi, speranze, paure e prospettive


Secondo e ultimo appuntamento del ciclo "ADOLESCENTI - I nostri figli oltre la pandemia" organizzato dall'associazione Dietro la lavagna con il patrocinio del comune di Merate.
Nella serata di giovedì 10 febbraio sono state accolte nell'auditorium "Giusy Spezzaferri" le dottoresse Carmen Baldi e Roberta Invernizzi, psicologhe e psicoterapeute a coordinatrici del progetto #QuindiciVentiquattro di Asst Lecco. "Riorganizzare la speranza. Adolescenti e giovani oltre la pandemia", il titolo dell'appuntamento.

Roberta Invernizzi e Carmen Baldi

A fare gli onori di casa e introdurre il tema della serata è stata Patrizia Riva, ex-presidente di Dietro la lavagna, che ha tenuto inoltre ringraziare e ad accogliere sul palco per un saluto l'assessore ai Servizi alla Persona Franca Maggioni, che ha supportato l'organizzazione del ciclo di appuntamenti.

La parola è passata quindi alla dottoressa Baldi, che prima di delineare la situazione territoriale riguardo ai giovani che durante la pandemia hanno sofferto l'isolamento, la solitudine, le situazioni familiari difficili e istinti suicidi, ha tenuto innanzitutto a presentare lo sportello #QuindiciVentiquattro.

Il progetto è nato a Lecco nel 2018 in accordo tra Comune e Asst, con la volontà di realizzare un attività clinica integrata a servizio della fascia giovanile dai 15 ai 24 anni che li possa accogliere, valutare le loro situazioni, intercettare l'eventuale bisogno di supporto e in seguito trattarlo. Per non rischiare che i ragazzi debbano essere reindirizzati a seconda dei propri problemi, disturbi o patologie, e dunque frammentare gli interventi, l'équipe che lavora all'interno del progetto è composta da operatori, educatori e psicologici provenienti da SerD, NPIA, Cps e consultorio.

L'assessore Franca Maggioni al microfono, accanto Patrizia Riva

Con un'imprevista lungimiranza nell'autunno del 2019 lo sportello #QuindiciVentiquattro si è duplicato, aprendo anche a Merate grazie a "Piazza l'idea" (il servizio delle politiche giovanili di Retesalute) e accoglie ragazzi e ragazze in via Garibaldi 17, nella vecchia palazzina dei vigili in Villa Confalonieri.

Il servizio, ha spiegato la dottoressa Baldi, è totalmente gratuito e anche i minorenni possono essere accolti senza il consenso dei genitori per un colloquio iniziale, il cosiddetto colloquio filtro. Dall'attivazione del servizio gli accessi sono stati subito moltissimi, 584 tra il 2019 e il 2021, di cui 272 successivamente presi in carico. Solo nel 2021 invece sono stati 301 e in 70 di questi è stato intercettato un disturbo mentale conclamato, per cui sono stati passati per quasi il 50% nelle mani degli psicologi, la restante parte invece è stata ri-orientata o ha deciso di lasciare il servizio. "Le modalità d'accesso possono essere diverse. Molti adolescenti vengono accompagnati da genitori, fratelli o amici, ma la percentuale più alta ci scrive e si rivolge a noi autonomamente, perché i ragazzi che stanno male confidano ancora nel fatto che gli adulti li possano aiutare".

Per quale motivo i ragazzi chiedono aiuto? La maggior parte di loro si è rivolta a #QuindiciVentiquattro per problemi familiari, ansia, difficoltà con la scuola o disagi relazionali. Percentuali più basse hanno avuto criticità con il ritiro dalla società o la perdita di autostima. Infine, una discreta fetta si è rivolta per postvention, ovvero essere sopravvissuti a eventi suicidali o aver vissuto la perdita di un amico che si è suicidato. Contrariamente da quanto si potrebbe credere sono invece pochi quelli che si rivolgono per l'uso di sostanze stupefacenti poiché, ha spiegato la dottoressa Invernizzi (che si occupa di neuropsichiatria infantile), la cosa è ancora percepita come qualcosa di piacevole. Nonostante questo, ha spiegato, si sta lavorando con dei gruppi di ragazzi per toccare con mano la situazione generale anche su questo fronte.

Il Covid, hanno confermato le psicologhe, ha messo a dura prova i ragazzi in generale, ma le ondate e i periodi di chiusura hanno avuto esiti differenti. Se dopo il primo lockdown i ragazzi sono riusciti a uscirne rafforzati e consapevoli, non si può dire altrettanto per il secondo, dove è avvenuto un vero e proprio crollo della speranza e molti adolescenti hanno sofferto di autolesionismo, pensieri volontari di morte, uccisione del proprio corpo, di ritiro dalla società e di disturbi del comportamento alimentare. Riportando qualche dato, le dottoresse hanno spiegato che il 12% dei ragazzi intervistati ha dichiarato di non sentirsi in forma, il 36% di sentirsi triste, il 41% di non riuscire a dare un senso a ciò che prova, il 34% di non essere in grado di controllare il proprio comportamento, il 50% di arrabbiarsi con sé stesso quando si sente turbato, il 64% che sarebbe stata una persona diversa se non ci fosse stato il Covid, quasi il 70% ha affermato che il Covid ormai è diventato parte della propria identità, il 34% ha dichiarato di fare fatica ad addormentarsi e infine il 17% ha dichiarato di aver pensato che sarebbe stato meglio morire.

Quello che abbiamo vissuto è stato un trauma collettivo, hanno spiegato le dottoresse. Con il Covid abbiamo fatto i conti con la nostra vulnerabilità e abbiamo messo alla prova la nostra capacità di resilienza. Gli adulti avevano il compito di educare i giovani alla morte e di supportarli a vivere tra isolamento e solitudine. Ora si tratta di andare avanti e guidarli nella crescita post-traumatica, per questo il supporto di esperiti può essere utile. I ragazzi devono sapere che c'è una comunità che li accoglie e li aiuta a riorganizzare la loro vita in maniera concreta.

E.Ma.
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