Ci salverà la bellezza?

Umberto Carozzi
Viviamo una realtà che ha soddisfatto i nostri bisogni materiali di uomini d’occidente. Nelle preoccupazioni del quotidiano, nell'insicurezza del divenire, è comunque ai più garantito quanto serve per l’esistenza.
Eppure siamo frustrati, tristi, aggressivi.
L’esperienza della pandemia può solo lontanamente ricordarci i vissuti dei nostri avi, dei nostri padri, dei nostri nonni.
Quando alle malattie si assommavano dittatura, fame e guerra.
Eppure lì c’era la volontà di resistere, di guardare avanti con caparbietà, di costruire il divenire.
Oggi abbiamo perso il senso della vita, e della bellezza.
La bellezza è energia positiva.
Da sempre accompagna l’uomo, in ogni tempo, in ogni luogo.
E’ condizione per aspirare alla felicità, fine a cui anela ogni essere vivente.
Può concretizzarsi in espressioni eccelse, vuoi naturali o frutto della creatività umana, o in modo più diffuso, quotidiano.
E’ un bene universale riconosciuto e riconoscibile.
La bellezza civile accompagna le relazioni umane, determina la qualità dei luoghi ove si svolge la vita sociale dei cittadini.
Non siamo semplici fruitori della cultura e della bellezza ma costruttori e artefici dell’incontro tra il nostro pensiero, le nostre azioni e il creato.

Il brutto è energia negativa.
Provoca il degrado della vita di relazione e dell’esistenza personale.
Distrugge il nostro quotidiano annichilendoci nell’apatia e nella rassegnazione.

La bellezza è un diritto civile, come l’aria, come l’acqua.
E’ dovere delle istituzioni garantirne la tutela.
Il teologo Hans Urs von Balthasar scrive che la bellezza “ … ha preso congedo in punta di piedi dal moderno mondo degli interessi, per abbandonarlo alla sua cupidità e alla sua tristezza”.
Se vogliamo gustare e percepire la bellezza, ricercarla, la nostra mente corre all’arte e alle architetture del passato come se l’uomo moderno e ipertecnologico fosse incapace di produrla.
Il paesaggio agrario di Brianza ci racconta la bellezza dell’incontro tra l’uomo che faticava sui campi, che forgiava e costruiva terrazzamenti, dimore rurali, e la natura.
Ecco è questa relazione tra l’uomo e il creato a produrre eccellenze e bellezza. Continua ancora Balthasar: “… in un mondo che non ne è forse privo, ma che non è più in grado di vederla, di fare i conti con essa, anche il bene ha perso la sua forza di attrazione”.
Riscoprire la bellezza significa riappropriarci delle nostre storie e tradizioni, la nostra cultura, tornare al piacere di raccontare ed ascoltare, stupirsi per le cose semplici, inventare, progettare, costruire, con creatività, semplicità e fantasia in armonia con il creato.
Questa è la bellezza disinteressata senza la quale il vecchio mondo era incapace di intendersi. “La bellezza è l’ultima parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto”.
Umberto Carozzi
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