LIBRI CHE RIMARRANNO/40: ''I segreti di Omero nel Baltico. Nuove storie della preistoria'' di Felice Vinci


Era il 1993 quando usciva per Solfanelli, una piccola casa editrice di Chieti, un libro dal titolo pretenziosissimo, "Homericus Nuncius", che come il "Sidereus Nuncius" galileiano prometteva una gran rivoluzione.
L'autore, Felice Vinci, è un ingegnere che si è occupato, tra le altre cose, della centrale nucleare di Caorso. E dell'ingegnere ha la prosa e l'approccio, analitico, dilemmatico, puntiglioso.

L'annuncio di scoperte omeriche inedite viene rilanciato nel 2008 da Palombi Editore con il libro che negli ultimi anni ha forse diviso di più i classicisti: si intitola "Omero nel Baltico" e propone di ricollocare l'intera geografia dell'Iliade e dell'Odissea, trasportandola dall'Egeo al Baltico. Ri-trasportandola, a ben vedere, secondo la teoria di Vinci che vede gli antenati dei biondi Achei scendere dal sud della Scandinavia e installarsi sul Mediterraneo, portando con sé miti e leggende che si svolgevano nei fiordi del Nord e che adesso ricollocano topograficamente nelle insenature ioniche.

L'ipotesi è rivoluzionaria come lo era la visione di Copernico rispetto al geocentrismo tolemaico: in entrambi i casi si tratta di spostare il baricentro di un intero universo, con le sue ciclopiche certezze. Le domande di partenza sono più che legittime: perché spesso nevica nei racconti dell'Odissea? Perché i Danai sono definiti "biondi" da Pindaro? Perché le loro navi hanno una doppia prua e l'albero rimovibile, caratteristiche che non si trovano nella marineria greca? Cosa sono le "danze dell'aurora" che Omero descrive nell'isola di Circe? Perché le giornate dei Lestrigoni non finiscono mai e il sole sembra non tramontare? Perché Plutarco di Cheronea scrive che l'isola di Ogigia, quella di Calipso, che i libri di scuola collocano a Gibilterra, "è situata a cinque giorni di navigazione dalla Britanni", in una zona dove d'estate invece della notte vi è un breve crepuscolo che dura "meno di un'ora"? Perché Omero dice che il viaggio di Telemaco da Itaca a Pilo è durato solo una notte quando tra le due isole ci sono 100 miglia nautiche? E come fa Telemaco ad andare da Pilo a Sparta attraversando "una pianura ferace di grano"? Chi di noi conosce la Grecia sa che tutto è fuorché pianeggiante e fertile. O basta un atlante per trovare la catena montuosa del Taigeto a separare Sparta da Pilo. Perché Scilla e Cariddi si trovano nello stretto di Messina? Quale gorgo mostruoso ci sarebbe lì?
Posso andare avanti a lungo con queste domande. Prese singolarmente offrono il destro a una certa impressione di sensazionalismo, come le trasmissioni furbe di Roberto Giacobbo, sempre pronto a trovare misteri misteriosi. È il metterle in fila che le rende ineludibili.
La prefazione di quello studio rivoluzionario e provocatorio è di Rosa Calzecchi Onesti. E basterebbe questo per prenderlo sul serio. Il paludato mondo accademico non ha smesso di interrogarsi, e a distanza di quasi trent'anni da quel primo "Nuncius", Vinci, lungi dall'abiurare, rinforza le sue tesi in una pubblicazione corposa, "I segreti di Omero nel Baltico. Nuove storie della preistoria" (Leg Edizioni, 2021, 476 pagg., Euro 20,00).

Ne svelo il finale, cosa che non ho mai fatto con nessun altro libro recensito in questa rubrica, perché quel che appassiona non è il risultato, ma la ricerca: Vinci sostiene dunque che si debbano ricollocare le vicende dell'Iliade e dell'Odissea molto più a Nord, tra la Danimarca e il mare ghiacciato delle remote isole Far Øer, dove appunto si troverebbe Ogigia. E che la Itaca di Ulisse non sia dove a scuola si insegna che lui la cercasse per mare: «Abito Itaca aprica: un monte c'è in essa, bellissimo. Intorno s'affollano isole molte, vicine una all'altra, Dulichio, Same e la selvosa Zacinto» dice Ulisse ai Feaci per spiegare loro dove ricondurlo. Bisogna allora trovare un gruppetto di quattro isole: la piccola Itaca (Ulisse la attraversa da costa a costa a piedi) verso ovest, poi a sud e a est le altre tre.
Nel Mediterraneo queste quattro isole non ci sono, poiché accanto a Itaca c'è solo Zacinto, oltre a Cefalonia, che però Omero non menziona.
Nel Baltico, invece, a sud ovest di Sjælland (l'isola di Copenaghen, identificabile con il Peloponneso omerico) si trova Langeland, che significa proprio "Terra lunga" (Dulichio?) e accanto, nelle posizioni "omericamente corrette", Tåsinge (Zacinto?), Ærø(l'antica Same?) e Lyø, ovvero Itaca».
Ecco, forse è anche per questo che Ulisse ha vagato così tanto per trovare la sua isola, che nel Mediterraneo non c'è.
Ne parlavo giusto con un amico lo scorso venerdì, in equilibrio divertito sull'ultimo filo di neve delle creste che portavano in cima al San Primo. I pochi altri che incrociavamo ci guardavano con diffidenza: primo perché era un giorno lavorativo e noi sembravamo in giro a bighellonare, secondo perché citavamo Omero e il Beowulf a braccio, nonostante il fiatone, e Polifemo e il Maelström, in un apparente delirio. Avranno pensato che la fatica ci stava giocando brutti scherzi, e invece eravamo in formissima!
Rubrica a cura di Stefano Motta
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.