''Alla fine troverà tutti''
''Alla fine la variante Omicron troverà tutti''. È il commento con cui Anthony Fauci - noto consulente della Casa Bianca - ha anticipato l'andamento futuro della pandemia. Affermazione che meriterebbe un istante di riflessione, prima di scivolare via.
Per due anni è stata raccontata una storia, necessaria. Quella della possibilità di "fermare", poi divenuta necessità di "contenere", l'avanzata del virus. Fauci ha posto fine a questo racconto. Lo ha fatto anche l'Oms, poche ore prima, ipotizzando un cittadino europeo ogni due contagiato nell'arco dei prossimi due mesi. Dichiarazioni che suonano al pari di un atto di resa.
Al di là di come la si pensi, l'idea di "gettare la spugna", non ci risparmierà da una serie di fattori di crisi. Economici, finanziari, del debito pubblico, sanitari, sociali e socioeconomici. Con pochi elementi positivi a fare da contraltare.
Oggigiorno, alle soglie del terzo anno di crisi pandemica e dopo due anni di comunicazione politica catastrofica, isolando i soli elementi positivi resta ben poco.
Sul versante politico, il risultato non può essere altrettanto favorevole. A partire dall'uso fatto degli stessi vaccini da parte dei governi. La cessione ai paesi poveri è divenuta fattore di influenza geopolitica. Vaccini usati come strumento di ricatto. In un sistema mondo globalizzato, già in crisi prima della pandemia, in cui a mancare è stata proprio la risposta condivisa degli stati.
L'Unione europea ha compiuto significativi passi in avanti, ma resta lontana dal livello di integrazione di cui necessiterebbe.
Altro elemento critico, che verrà acuito dal dilagare dei contagi, è il conflitto sociale sciagurato, maturato nei confronti dei cittadini non vaccinati. Scontro che avrà conseguenze di lungo periodo, dannose per la tenuta del tessuto liberale alla base delle democrazie occidentali.
Due fattori di crisi, quelli della diffusione dei vaccini e dei conflitti interni, che si innestano sopra i problemi economici e sociali derivanti dalle precedenti crisi degli anni Dieci e mai risolti.
Nulla è irreversibile. Anche la situazione attuale, prima o poi, lascerà spazio ad altro. Come sarà il mondo, dopo la pandemia non possiamo saperlo. Un'incognita che impone l'obbligo di abbandonare quella "resilienza" tanto decantata dalla politica italiana d'innanzi alla crisi pandemica. Come ha fatto notare un noto filosofo, non è la soluzione dei problemi. Ma, ne è essa stessa parte.
Per due anni è stata raccontata una storia, necessaria. Quella della possibilità di "fermare", poi divenuta necessità di "contenere", l'avanzata del virus. Fauci ha posto fine a questo racconto. Lo ha fatto anche l'Oms, poche ore prima, ipotizzando un cittadino europeo ogni due contagiato nell'arco dei prossimi due mesi. Dichiarazioni che suonano al pari di un atto di resa.
Due anni e cinque milioni e mezzo di decessi dopo, di fronte alla propagazione dell'infezione - che è cosa diversa dalla malattia - stiamo alzando "bandiera bianca". L'unico atto da compiere, secondo alcuni.
''Non guardate ai proclami, guardate ai risultati'' era solita ripeterci una docente di analisi delle politiche pubbliche. Lei, che aveva studiato con Severino e Bobbio, chiedeva a noi studenti di analizzare i giornali obbligandoci ad isolare i fatti reali dai commenti dei politici. Di intere pagine, non restava nulla.
Il vero argine è stato posto dai vaccini. Risultato ottenuto dalla comunità scientifica. Un muro eretto che, mitigando gli effetti del virus, ha salvato molte vite dando di nuovo spazio alla vita sociale.
L'Unione europea ha compiuto significativi passi in avanti, ma resta lontana dal livello di integrazione di cui necessiterebbe.
Altro elemento critico, che verrà acuito dal dilagare dei contagi, è il conflitto sociale sciagurato, maturato nei confronti dei cittadini non vaccinati. Scontro che avrà conseguenze di lungo periodo, dannose per la tenuta del tessuto liberale alla base delle democrazie occidentali.
"Alla fine", li troveremo tutti, questi problemi. Dettati da varie crisi che viaggiano ormai parallele. Vent'anni di problemi insoluti, lasciano spazio a un interrogativo riguardo la reale efficacia degli strumenti a cui si è fatto affidamento per affrontare le crisi. Compresa quella pandemica.
Lorenzo Adorni