Il mio Prof: don Fabio Viscardi
Stefano Motta
A quanto pare era destino che nella vita incrociassi le strade meratesi: dalle giornate estive coi chierichetti a Villa Perego al mio lungo lavoro di ricerca con Manzoni, che proprio a Merate andò a scuola, anche lui ragazzino come me chierichetto.
E poi c'era e c'è don Fabio. Don Fabio Viscardi, che oggi festeggia nella sua parrocchia natale di Novate il quarantesimo di ordinazione sacerdotale, e che fu il mio vicerettore durante gli anni del Liceo e il mio professore di storia.
Il suo e il mio status odierno mi impongono di essere serio e di non scadere nell'aneddotica, sebbene potrei scrivere fino a domani raccontando episodi buffi di quello che era il giovane sacerdote Fabio Viscardi e di quello che fu uno dei suoi collaboratori più fidati, diceva lui.
Aveva lo studio al vertice di un lungo corridoio e la mia classe era esattamente accanto alla sua porta. C'era un telefono, a metà corridoio, vale a dire almeno sessanta metri più in là, perché i corridoi di una volta erano lunghissimi. Ricordo gli squilli del telefono, un compagno, il primo di banco (io no, io stavo in fondo, perché ero alto e indisciplinato, anche) che schizzava fuori dall'aula, correva al telefono, ritornava indietro, è per te, mi diceva, mi alzavo, andavo all'apparecchio: "Striscia nel mio studio", mi diceva don Fabio, seduto alla scrivania a masticare Golia.
Devo a don Fabio quello che ho fatto nel mondo della scuola: è stato lui il primo a mettermi in cattedra, un mese dopo la mia laurea, al Collegio Arcivescovile di Saronno. Se sono un insegnante, se ho fatto il preside a Merate, se ho creato nel mondo della scuola quello che sono riuscito a fare, è merito di don Fabio.
Devo a don Fabio, laureato cum laude (e con calma!) su Rosmini, il mio interesse per la Storia della Chiesa, come quello stesso Manzoni che passeggiava e chiacchierava a lungo con Rosmini sui sentieri tra Lesa e Stresa.
Potrei continuare, ma questo pezzo finisce per diventare un coccodrillo commemorativo, e già mi immagino qualche eufemistica esclamazione del don: quindi mi taccio.
Io, come moltissimi, dobbiamo davvero tanto a don Fabio, e sappiamo che i festeggiamenti per il suo anniversario di ordinazione non sono un consuntivo ma un rilancio, non un arrivo ma un nuovo inizio. Lo so che è una frase fatta che si dice sempre, lo so. Ma è la verità.
Grazie per quello che sei stato e auguri per quello che verrà, don Fabio.
"Sparisci!", mi avrebbe detto se fossi stato nel suo studio. Che deve per forza mostrarsi brusco, lo so, ma non è vero.
Stefano Motta