La maledizione di Retesalute ha fatto un'altra vittima: il presidente Panzeri
Finalmente. Innanzitutto perché arrivati alla fine dell'anno la maledizione di Retesalute sembra ormai essere sciolta. Non è più la luce intravista all'orizzonte quando si viaggia in galleria in macchina e il segnale della radio è ancora un brusio fastidioso. La fase attuale corrisponde a quando l'auto è a un passo dall'aria aperta e la trasmissione sulle frequenze è libera, e le voci che si sentono sono quelle della politica.
Finalmente perché dopo mesi, o meglio anni, in cui all'Assemblea dei soci dell'azienda speciale venivano pronunciati solo numeri riportati dai tecnici, analisi contabili ed economiche sul disastro delle perdite di Retesalute e al massimo qualche domanda di chiarimento da parte dei soliti sindaci (con qualche rara eccezione), nella riunione assembleare di mercoledì 22 dicembre il registro della discussione è cambiato. L'Assemblea dei soci è tornata ad essere l'agorà della politica, dove le differenti visioni possono essere espresse. E se alcuni Comuni (Merate incluso) non avessero convocato per la stessa serata il Consiglio comunale probabilmente lo scambio di vedute si sarebbe protratto ancora a lungo, come nei congressi di partito di una volta.
Finalmente è uscita allo scoperto, con un riconoscimento trasversale, l'impalpabilità politica di Massimo Panzeri. Il sindaco del secondo Comune per dimensioni della Provincia di Lecco non si è trovato ad essere unicamente in solitaria, ma è stato persino messo all'angolo all'Assemblea dei soci. Metaforicamente, perché la posizione occupata fisicamente era quella del tavolo d'onore sul palco dell'auditorium di Merate, per la funzione che riveste di presidente dell'Assemblea.
L'accusa che è stata rivolta a Panzeri dai sindaci è di non aver rispettato gli accordi presi, di aver tradito i patti ed è stato invitato a riflettere sull'opportunità di lasciare la carica di presidente. Peggio di così non gli poteva andare. Non sono gli 85 mila euro che Merate ha deciso di non pagare sui 516 mila che erano previsti, sia perché sono poca cosa rispetto a quanto fa circolare Retesalute sia perché comunque in un modo o nell'altro Merate li pagherà lo stesso, come è stato assicurato dal Collegio dei liquidatori. Il problema è di principio su un livello squisitamente politico. Più volte su questo giornale è stato osservato lo sfilacciamento del senso istituzionale nelle mosse di Panzeri. Questa volta gli anticorpi della politica si sono autogenerati tra i suoi omologhi.
Le difficoltà da presidente in Panzeri sono generalizzate. Non riesce a coordinare l'attività ordinaria, fatta di scelte concrete e spicce (proporre una delibera condivisa da portare nei Consigli comunali e secondo quali tempistiche, tanto per fare un esempio banale). Figuriamoci aspettarsi da lui una prefigurazione sul modello di welfare da adottare nel Meratese e Casatese o sulla riorganizzazione aziendale. Come attendersi da un sedicente "Pierino" delle prese di posizione sulla distinzione dei ruoli, delle funzioni e delle responsabilità nella sfera che interseca Retesalute, Ambito e Distretto. Il suo linguaggio e il suo comportamento irrituali a cui sembra non riuscire a porre freno sono la quintessenza della sua bassa caratura politica. Quando sono degli amministratori a richiamare un collega al rispetto della forma istituzionale, delle gerarchie, degli accordi presi e persino della responsabilità morale non è mai un bel segnale. Quando capita a un presidente è imbarazzante. Ma quando nemmeno a farglielo notare lo intende allora si è raggiunto il fondo del pozzo. Per uscirne nella maniera più onorabile il sindaco Panzeri dovrebbe ammettere di aver sottovalutato le elementari ricadute che il suo cambio di idea avrebbe avuto, decidendo così di rimettere il mandato da presidente dell'Assemblea dei soci.
Superata la fase della liquidazione di Retesalute con il ritorno in bonis e superato l'affare della presidenza, l'auspicio è che si realizzi un confronto trasparente, non chiuso nei cenacoli dei vari schieramenti. Un percorso che non potrà avere tempi biblici, ma che potrebbe essere lo stesso anche di esempio per gli amministratori locali meno navigati su come la politica possa essere ancora in grado di rapportarsi con i grandi temi dell'assistenza alle fragilità, della tutela dei minori, dei bisogni degli anziani, mediando e facendo sintesi per costruire un modello di welfare condiviso e di alto livello.
Finalmente perché dopo mesi, o meglio anni, in cui all'Assemblea dei soci dell'azienda speciale venivano pronunciati solo numeri riportati dai tecnici, analisi contabili ed economiche sul disastro delle perdite di Retesalute e al massimo qualche domanda di chiarimento da parte dei soliti sindaci (con qualche rara eccezione), nella riunione assembleare di mercoledì 22 dicembre il registro della discussione è cambiato. L'Assemblea dei soci è tornata ad essere l'agorà della politica, dove le differenti visioni possono essere espresse. E se alcuni Comuni (Merate incluso) non avessero convocato per la stessa serata il Consiglio comunale probabilmente lo scambio di vedute si sarebbe protratto ancora a lungo, come nei congressi di partito di una volta.
Finalmente è uscita allo scoperto, con un riconoscimento trasversale, l'impalpabilità politica di Massimo Panzeri. Il sindaco del secondo Comune per dimensioni della Provincia di Lecco non si è trovato ad essere unicamente in solitaria, ma è stato persino messo all'angolo all'Assemblea dei soci. Metaforicamente, perché la posizione occupata fisicamente era quella del tavolo d'onore sul palco dell'auditorium di Merate, per la funzione che riveste di presidente dell'Assemblea.
L'accusa che è stata rivolta a Panzeri dai sindaci è di non aver rispettato gli accordi presi, di aver tradito i patti ed è stato invitato a riflettere sull'opportunità di lasciare la carica di presidente. Peggio di così non gli poteva andare. Non sono gli 85 mila euro che Merate ha deciso di non pagare sui 516 mila che erano previsti, sia perché sono poca cosa rispetto a quanto fa circolare Retesalute sia perché comunque in un modo o nell'altro Merate li pagherà lo stesso, come è stato assicurato dal Collegio dei liquidatori. Il problema è di principio su un livello squisitamente politico. Più volte su questo giornale è stato osservato lo sfilacciamento del senso istituzionale nelle mosse di Panzeri. Questa volta gli anticorpi della politica si sono autogenerati tra i suoi omologhi.
Le difficoltà da presidente in Panzeri sono generalizzate. Non riesce a coordinare l'attività ordinaria, fatta di scelte concrete e spicce (proporre una delibera condivisa da portare nei Consigli comunali e secondo quali tempistiche, tanto per fare un esempio banale). Figuriamoci aspettarsi da lui una prefigurazione sul modello di welfare da adottare nel Meratese e Casatese o sulla riorganizzazione aziendale. Come attendersi da un sedicente "Pierino" delle prese di posizione sulla distinzione dei ruoli, delle funzioni e delle responsabilità nella sfera che interseca Retesalute, Ambito e Distretto. Il suo linguaggio e il suo comportamento irrituali a cui sembra non riuscire a porre freno sono la quintessenza della sua bassa caratura politica. Quando sono degli amministratori a richiamare un collega al rispetto della forma istituzionale, delle gerarchie, degli accordi presi e persino della responsabilità morale non è mai un bel segnale. Quando capita a un presidente è imbarazzante. Ma quando nemmeno a farglielo notare lo intende allora si è raggiunto il fondo del pozzo. Per uscirne nella maniera più onorabile il sindaco Panzeri dovrebbe ammettere di aver sottovalutato le elementari ricadute che il suo cambio di idea avrebbe avuto, decidendo così di rimettere il mandato da presidente dell'Assemblea dei soci.
Superata la fase della liquidazione di Retesalute con il ritorno in bonis e superato l'affare della presidenza, l'auspicio è che si realizzi un confronto trasparente, non chiuso nei cenacoli dei vari schieramenti. Un percorso che non potrà avere tempi biblici, ma che potrebbe essere lo stesso anche di esempio per gli amministratori locali meno navigati su come la politica possa essere ancora in grado di rapportarsi con i grandi temi dell'assistenza alle fragilità, della tutela dei minori, dei bisogni degli anziani, mediando e facendo sintesi per costruire un modello di welfare condiviso e di alto livello.
Marco Pessina