Retesalute, intervista all’avv.Riva: il tribunale ha confermato le conclusioni della d.sa Trovò, ora si preoccupino i liquidatori
La sede di Retesalute in piazza Vittorio Veneto
Avv. Riva, la nuova ordinanza del Tribunale di Lecco segna un punto a favore di Retesalute e compromette la difesa della sua assistita?
Sicuramente no. Anzi ! Leggendo la nota di Retesalute mi verrebbe di citare Togliatti. A Pajetta, che nel dopoguerra gli annunciava la presa della prefettura di Milano come dimostrazione di forza, Togliatti rispose: "Bene, e ora che te ne fai?". Vede Direttore, Retesalute ha chiesto il sequestro per evitare di pagare alla dott.ssa Milani il trattamento di fine rapporto, come obbligata da un decreto ingiuntivo definitivamente esecutivo: nel ricorso per reclamo Retesalute ha scritto testualmente che "... non si può sottacere che sarebbe paradossale che l'Azienda debba pagare alla Milani la somma portata dal decreto ingiuntivo in presenza di un ingente credito nei suoi confronti.". Orbene, siccome il Tribunale ha respinto il reclamo, l'obbligo di pagare il trattamento di fine rapporto è pienamente operativo e ove nei prossimi giorni Retesalute non provvederà a pagare tale somma, maggiorata di interessi e spese legali, procederò alla richiesta di pignoramento (questo perché il trattamento di fine rapporto è un credito certo, liquido ed esigibile, mentre il presunto danno è tutto da accertare). Retesalute può gioire della pronuncia sulla (non) competenza della sezione Specializzata per le Imprese di Milano, ma nel merito le sue domande sono state ancora una volta totalmente respinte, e pesantemente.
La dichiarazione sulla competenza (ed anche sulla giurisdizione) non è affatto certa e definitiva. Per comprendere la reale portata della nuova decisione del Tribunale di Lecco in composizione collegiale (Presidente dott. Secchi, giudici dott.ssa Paganini e dott. Colnaghi) occorre tenere presente che la decisone del reclamo (così si chiama l'appello avverso un provvedimento cautelare) è fine a se stessa e non costituisce vincolo per il giudice di merito. In altre parole, la decisione del Tribunale collegiale non "impone" alla dott.ssa TROVÒ, giudice del merito, di adeguarsi alle decisioni dello stesso Tribunale Collegiale, non essendoci un rapporto di gerarchi tra i due tribunali. La dott.ssa Trovò, quale Tribunale di Lecco in funzione di Giudice del Lavoro, decidendo il merito della causa introdotta da Retesalute (e che abbiamo visto essere individuata dal n. 299/2021 R.G., con prima udienza fissata per il 21 febbraio 2022) è assolutamente libera di decidere senza essere vincolata dalla ordinanza che ha deciso il reclamo.
Questo vuol dire che potrebbe anche ribadire il rinvio alla Sezione Specializzata per le Imprese presso il Tribunale di Milano per la dott.ssa Milani?
Esatto. Ma non solo. Potrebbe decidere che : (1) sussiste la giurisdizione della Corte dei Conti e rinviare entrambe le posizioni avanti alla Corte per l'accertamento del danno erariale, o (2) ribadire la competenza della Sezione Specializzata per le Imprese di Milano per la dott.ssa Milani e decidere nel merito per la dott.ssa Ronchi, oppure ancora (3) ritenersi competente per entrambe le posizioni e decidere nel merito sulla eventuale responsabilità delle due dipendenti citate in giudizio. Il ricorso di Retesalute ha contestato la decisione della competenza della Sezione Specializzata partendo dal presupposto che Retesalute non è una società (partecipata da Enti pubblici) ma un Ente pubblico e quindi si applica la normativa prevista dal Testo Unico Enti locali (art. 114). Attesa tale qualificazione giuridica di Retesalute, il Tribunale collegiale ha deciso che la controversia in esame " . . . non rientra nell'ambito di competenza della Sezione Specializzata cosi come disciplinato dall'art. 3 d.lgs. 168/2003. In particolare, laddove tale norma fa riferimento alle cause e ai procedimenti concernenti le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro il direttore generale, presuppone sempre l'esistenza di un rapporto societario, che invero nel caso di specie non appare sussistere...". Quanto poi alla eccezione di carenza di giurisdizione "... ritiene il Tribunale che tale questione attiene strettamente al giudizio di merito, nel corso del quale e stato promosso il presente sub procedimento cautelare. La competenza del Tribunale in sede di reclamo e necessariamente limitata ai soli aspetti che attengono alla misura cautelare, mentre e evidente che una pronuncia in punto di giurisdizione spiegherebbe i suoi effetti anche nel giudizio di merito, rispetto al quale la tutela cautelare e sempre strumentale. ...". La dott.ssa Trovò è quindi il giudice che, senza alcun vincolo nei confronti della ordinanza del Tribunale Collegiale ed anche senza alcun vincolo dovuto al precedente suo pronunciamento dovrà (ri)valutare la questione giurisdizione e competenza prima di eventualmente decidere nel merito sulla eventuale responsabilità di una o di entrambe le dipendenti.
Torniamo al merito: perché dice che le domande di Retesalute sono state respinte "pesantemente"?
Il Tribunale Collegiale, come per tutti i provvedimenti cautelari ha esaminato sia il periculum in mora (e cioè il pericolo che in attesa della sentenza di merito le dipendenti possano liquidare il proprio patrimonio) sia il fumus boni juris (e cioè la ragionevole apparenza che la domanda di accertamento del credito di Retesalute sarà accolta). Per quanto riguarda il periculum, il Tribunale ha rilevato che non sussiste "... essendo pacifico che le convenute non hanno posto in essere atti dispositivi, ne vi sono indici di una situazione di pericolo reale rispetto all'eventuale diminuzione del patrimonio e quindi della compromissione della garanzia patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c.. ... L'art. 671 c.p.c. fa infatti riferimento al "fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito", che necessariamente consiste in un pericolo attuale e concreto, e non può desumersi dalla sola sproporzione tra l'entità del patrimonio del debitore e l'importo della pretesa risarcitoria.". Per quanto riguarda il fumus, "... Ritiene il Tribunale che Retesalute non abbia fornito adeguata prova neanche circa la sussistenza del fumus boni iuris, ossia l'apparenza dell'esistenza del diritto, che in questa sede cautelare deve essere valutata in termini di probabilità e verosimiglianza. ...". In particolare, per quest'ultimo requisito, il Tribunale ha rilevato che "... difetta in particolare la prova del nesso causale tra le condotte contestate alle convenute, ciascuna per quanto di competenza, e il danno lamentato da Retesalute, pari al totale delle perdite, sia sotto il profilo della causalità materiale che sotto il profilo della causalità giuridica. Con riferimento al primo aspetto si osserva infatti che ... la determinazione delle tariffe, stabilite secondo quanto affermato da parte ricorrente ad un prezzo incongruo e non di mercato, non appare imputabile direttamente alle convenute, non essendo una decisione di loro competenza. Ne il nesso causale appare adeguatamente provato sulla base della contestazione di una condotta da parte delle convenute di natura omissiva, secondo cui le stesse avrebbero dovuto segnalare l'inadeguatezza delle tariffe. Risulta dagli atti che l'Assemblea dei soci fosse edotta delle criticità dell'azienda speciale sotto il profilo finanziario, dovute alla sottocapitalizzazione della stessa (doc. 11, 12 fascicolo Milani). Si osserva inoltre che non vi sono elementi per ritenere che le odierne convenute abbiano agito, ciascuno per quanto di competenza, all'oscuro dei vertici dell'azienda speciale, del Consiglio di amministrazione, dei Revisori contabili. .... Sotto il profilo della causalità giuridica, si osserva come parte ricorrente identifica il danno subito, che imputa integralmente alle convenute, con il totale delle perdite in bilancio. Si osserva tuttavia che tale sovrapposizione non sia automatica, essendo necessaria la specifica allegazione e prova circa gli effettivi danni derivati alla società da porsi in rapporto di derivazione immediata e diretta con le condotte illecite contestate alle convenute e ad esse effettivamente riferibili. ...".
Cosa è mutato, quindi, con questa seconda ordinanza rispetto alla prima?
Praticamente nulla. Anzi la seconda ordinanza ribadisce le critiche alla posizione di Retesalute già accertate in prime cure e chiarisce anche un ulteriore punto negativo per Retesalute, o meglio per i suoi soci. Per questo mi appare incomprensibile la soddisfazione della Azienda sulla questione competenza.
La decisione della dott.ssa Trovò era sostanzialmente riassumibile nel fatto che Retesalute non aveva evidenziato atti e comportamenti delle due dipendenti che potessero essere ritenuti la causa determinante l'asserito danno (passivo di bilancio). Sul punto, come riportato, il Tribunale è stato ancora più chiaro nel precisare che non sussiste alcun automatismo tra le perdite di bilancio e un danno risarcibile, che Retesalute non ha fornito alcuna prova della responsabilità delle due dipendenti e che queste non hanno posto in essere condotte illecite sconosciute ai vertici aziendali. Ma vi è di più. Secondo Retesalute le dipendenti, unitamente agli amministratori e consulenti vari, hanno manipolato i bilanci per nascondere ai Comuni la reale situazione finanziaria di sottocapitalizzazione in cui si trovava la Azienda. Orbene, il Tribunale, sulla base di documenti prodotti dal sottoscritto, ha affermato che "Risulta dagli atti che l'Assemblea dei soci fosse edotta delle criticità dell'azienda speciale sotto il profilo finanziario, dovute alla sottocapitalizzazione della stessa (doc. 11, 12 fascicolo Milani). I documenti citati dal Tribunale a sostengo della conoscenza della sottocapitalizzazione della Azienda, da me prodotti, sono esattamente il Piano di Rilancio Aziendale che il Consiglio di Amministrazione di Retesalute ha sottoposto all'Assemblea dei Sindaci (doc. 11) ed il verbale della Assemblea dei soci di Retesalute del 8 ottobre 2018 che ha respinto tale Piano (doc. 12). Questo ultimo aspetto, della sottocapitalizzazione della Azienda e della conoscenza da parte dei soci, più ancora della mancanza di comportamenti delle dipendenti che possono aver causato il passivo, sarà di notevole interesse per gli amministratori e consulenti accusati di aver agito illegittimamente e ritengo sia una notevole preoccupazione per il Collegio dei Liquidatori.
Perché ritiene che i Liquidatori si debbano preoccupare di tale affermazione?
Vede, dagli articoli del Suo giornale ho appreso che il Collegio dei Liquidatori avrebbe proposto una denuncia nei confronti degli amministratori, dei consulenti e delle dipendenti per aver falsificato i bilanci di Retesalute dal 2015 in poi (ne avete dato conto in un articolo del 10 giugno 2021) al fine di nascondere ai Comuni la reale situazione della Azienda. In successivi articoli date conto che il Presidente del Collegio dei Liquidatori ha ammesso e comunicato ai sindaci che nessuna sottrazione di denaro pubblico è stata accertata, ma anche dopo tale affermazione ha continuato a parlare di bilanci falsi e manipolati, anche in atti pubblici sottoposti a visione ed approvazione di un numero infinito di consiglieri comunali ed altri soggetti (quali le proposte di deliberazione inviate dal Collegio ai Comuni per l'approvazione dei debiti fuori bilancio). La dichiarazione del Tribunale che l'Assemblea dei soci era consapevole della situazione non può non avere un peso rilevante nella ricostruzione dei fatti sottoposti alla attenzione del giudice penale dai Liquidatori: se i soci erano consapevoli della situazione come può sussistere l'accusa che i bilanci sono stati manipolati per nascondere tale situazione (già a conoscenza della Assemblea dei soci) ? Ed a che fine se nessuno si è appropriato di un euro ?
Mi pare di capire che Lei ritiene la ricostruzione dei fatti indicata dai Liquidatori nella denuncia e negli altri atti totalmente infondata, ma come può tale fatto preoccupare i Liquidatori ?
Le infondate accuse pubbliche di falso in bilancio ed appropriazione, sollevate dai Liquidatori verso amministratori (che hanno dedicato tempo ed impegno alla gestione della cosa pubblica, senza alcuna retribuzione e senza alcuna illegittimità), nonché verso fior di professionisti che fanno della specchiatezza del proprio operato una ragione di vita, oltre che di professione, potrebbero spingere questi amministratori e questi professionisti a rivolgersi al giudice penale per far accertare una (eventuale) diffamazione aggravata nei loro confronti. Se poi fosse accertato che le stesse accuse infondate sono contenute anche nella denuncia proposta dai Liquidatori (che invece sapevano che non era stato sottratto alcun euro) potrebbe anche essere ritenuta sussistente la calunnia (che è un reato molto grave). Lei non crede, Direttore, che questi amministratori e questi professionisti agiranno per tutelare il proprio buon nome e la propria immagine contro le infondate accuse rivolte nei loro confronti dal Collegio dei Liquidatori ?