Fallimento Rue Royal Diana: bancarotta fraudolenta l'accusa al supposto amministratore di fatto

Come muore una storica azienda. Se la deposizione odierna del dr. Leonardo Milani, curatore fallimentare della Rue Royal Diana, potesse essere divisa per capitoli, questo potrebbe essere un valido titolo per il primo. Il professionista, quest'oggi è stato escusso in Tribunale a Lecco - presidente Martina Beggio, a latere i colleghi Giulia Barazzetta e Gianluca Piantadosi - nell'ambito del procedimento incardinato nei confronti di Jeder Giulio Alacchi, classe 1979, quale supposto amministratore di fatto della nota impresa meratese produttrice di costumi da bagno, anche di livello, dichiarata fallita nel 2017. Rispondendo alle prime domande, di contesto, formulate dal sostituto procuratore Paolo Pietro Mazza - temporaneo rimpiazzo del dr. Paolo Del Grosso trasferitosi a Torino e primo tenutario del fascicolo - il commercialista ha presentato la Diana come un'impresa di famiglia, nata producendo maglieria e specializzatasi poi nel campo dei costumi da nuoto, riconducibile da sempre alla famiglia Bechis di Merate, arrivata ad un certo punto a voler "spogliarsi" dell'attività avviando la ricerca di acquirenti, interessando anche eventuali fondi. "In realtà tutti i tentativi messi in atto per trovare finanziatori non sono andati a buon fine, si presenta Alacchi come unica soluzione". All'imputato vengono così cedute le quote della srl. "La famiglia non prende nulla, se non un minimo acconto" la specifica del dr. Milani, evidenziando altresì come il nuovo imprenditore affacciatosi sull'uscio della Diana non sia mai stato formalmente amministratore della stessa. "Ha sempre trovato teste di legno ma, da me sentito, ha ammesso candidamente di esserne stato l'amministratore di fatto". Circostanza confermata da altre figure legate alla società. Da qui, il suo coinvolgimento giudiziario insieme ad altro soggetto - Fulvio Pavanati - già uscito di scena patteggiando. Bancarotta fraudolenta l'ipotesi di reato formulata a carico di Alacchi, in riferimento tanto alla mancata tenuta delle scritture - "la contabilità, dopo la gestione Bechis, non è mai stata tenuta" ha sentenziato il curatore - tanto in riferimento ad una supposta distrazione legata ad un contratto d'affitto di ramo d'impresa stipulato tra la Rue Royal Diana e la Sport Trading, altra impresa a lui riconducibile, anch'essa poi fallita. 48.000 euro il canone annuo pattuito, mai corrisposto e soprattutto considerato incongruo dal dr. Milani in quanto comprensivo non solo della gestione d'azienda ma anche della locazione dell'immobile di via Calendone 2 a Olgiate Molgora dove era insediata la produzione e dell'uso del marchio "Diana", sfruttato provvisoriamente da Sport Trading in virtù di una supposta cessione mai però registrata ai pubblici registri e dunque "invalidata" dalla curatela che ha ricondotto lo stesso al patrimonio del fallimento, aggiudicandoli all'asta (come pure il capannone in questione).
Una ricostruzione, quella offerta dal commercialista, picconata dalla difesa, rappresentata dall'avvocato Stefania Fiorentini del Foro di Monza subentrata al primo legale assegnato d'ufficio all'imputato. La toga ha infatti introdotto il tema dei pagamenti effettuati da Sport Trading sostituendosi a Diana e dunque dell'effettivo dare e fare tra le due società, gestite "in casa" da Alacchi, per dirla con l'espressione scelta dal dr. Milani. Molta la confusione in questo senso.
Si tornerà in Aula, per il completamente dell'istruttoria sentendo Pavanati e l'esame dell'imputato il prossimo 22 settembre. Ha nel frattempo revocato la propria costituzione la parte civile, essendo stato il fallimento parzialmente risarcito dall'imprenditore a giudizio. La discussione è già stata stata fissata per il 17 novembre 2022.
A. M.
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