Merate: a giudizio per una presunta truffa da 40mila €. Imprenditore e legale assolti
Assolti perchè il fatto non sussiste. Si è chiusa con la sentenza pronunciata nel primo pomeriggio odierno dal giudice in ruolo monocratico Paolo Salvatore del tribunale di Lecco, la vicenda penale con imputati L.T., un legale con studio in città classe 1967 e C.F, imprenditore meratese di un anno più giovane. Truffa in concorso la contestazione mossa nei loro confronti dalla locale Procura della Repubblica, con l'istruttoria dibattimentale che nel corso delle udienze ha cristallizzato i dettagli di un episodio risalente al 2017 con vittima una donna residente in provincia di Brescia, costituitasi parte civile nel procedimento.
Quest'ultima aveva infatti affidato a C.F. tutti i suoi risparmi: circa 40.000 euro ottenuti in parte dall'ex dopo la separazione, ma anche dall'eredità dei genitori alla loro scomparsa. Una somma che la donna avrebbe voluto far fruttare per poter riuscire ad acquistare un piccolo appartamento, ma che invece avrebbe perso. Secondo il suo racconto, reso davanti al giudice nelle scorse settimane, C.F. le avrebbe garantito - dopo un investimento nel campo dei fondi esteri - un rendimento superiore a quello che le avrebbe potuto assicurare qualunque istituto di credito, nell'ordine anche di 7-800 euro mensili. Poco più tardi però, rivolendo indietro il "capitale versato", la donna sarebbe però venuta a conoscenza di come la destinazione finale della cifra fosse in realtà un'immobiliare con sede a Merate, riconducibile al fratello di C.F.
Pretendendo spiegazioni, sarebbe stata messa in contatto con un supposto broker presentatole come "il dottor T." cioè l'avvocato a giudizio, che avrebbe cercato di tranquillizzarla, invano, tanto da arrivare alla querela alla base dei procedimento.
Una storia per certi versi drammatici, con la parte civile colpita da sfratto e costretta a vivere per 15 giorni sostanzialmente in auto.
Stamani, a istruttoria dibattimentale conclusa, spazio alla discussione finale, aperta dalla richiesta di condanna avanzata dal vice procuratore onorario Pietro Bassi che, non essendo presente personalmente nelle precedenti udienze, si è avvalso della documentazione contenuta nel fascicolo, ricca di elementi tali da spingerlo a chiedere una pena di 2 anni di reclusione - oltre al pagamento di una multa di 900 euro - nei confronti di entrambi gli imputati. Il legale infatti, a detta del PM, non si sarebbe limitato a consigli e pareri, rendendosi concorrente nel delitto ai danni dalla parte civile, riuscita nel frattempo a tornare in possesso della somma di denaro perduta. Il vpo Bassi ha concluso la propria requisitoria chiedendo la trasmissione degli atti alla Procura per valutare profili di responsabilità rispetto alla condotta messa in atto dal fratello dell'imputato, avanzando infine l'ipotesi di riciclaggio quale contestazione da muovere nei confronti dei tre.
Una richiesta quest'ultima, accolta dal giudice Salvatore che - al termine della camera di consiglio - ha sentenziato l'assoluzione dei due imputati ''perchè il fatto non sussiste'', disponendo tuttavia la trasmissione degli atti alla Procura per valutare altri eventuali profili di responsabilità.
Un finale - quello relativo alla non colpevolezza dei due - per nulla gradito alla parte offesa che, presente personalmente in aula, ha contestato in maniera plateale il verdetto del tribunale.
Quest'ultima aveva infatti affidato a C.F. tutti i suoi risparmi: circa 40.000 euro ottenuti in parte dall'ex dopo la separazione, ma anche dall'eredità dei genitori alla loro scomparsa. Una somma che la donna avrebbe voluto far fruttare per poter riuscire ad acquistare un piccolo appartamento, ma che invece avrebbe perso. Secondo il suo racconto, reso davanti al giudice nelle scorse settimane, C.F. le avrebbe garantito - dopo un investimento nel campo dei fondi esteri - un rendimento superiore a quello che le avrebbe potuto assicurare qualunque istituto di credito, nell'ordine anche di 7-800 euro mensili. Poco più tardi però, rivolendo indietro il "capitale versato", la donna sarebbe però venuta a conoscenza di come la destinazione finale della cifra fosse in realtà un'immobiliare con sede a Merate, riconducibile al fratello di C.F.
Pretendendo spiegazioni, sarebbe stata messa in contatto con un supposto broker presentatole come "il dottor T." cioè l'avvocato a giudizio, che avrebbe cercato di tranquillizzarla, invano, tanto da arrivare alla querela alla base dei procedimento.
Una storia per certi versi drammatici, con la parte civile colpita da sfratto e costretta a vivere per 15 giorni sostanzialmente in auto.
Stamani, a istruttoria dibattimentale conclusa, spazio alla discussione finale, aperta dalla richiesta di condanna avanzata dal vice procuratore onorario Pietro Bassi che, non essendo presente personalmente nelle precedenti udienze, si è avvalso della documentazione contenuta nel fascicolo, ricca di elementi tali da spingerlo a chiedere una pena di 2 anni di reclusione - oltre al pagamento di una multa di 900 euro - nei confronti di entrambi gli imputati. Il legale infatti, a detta del PM, non si sarebbe limitato a consigli e pareri, rendendosi concorrente nel delitto ai danni dalla parte civile, riuscita nel frattempo a tornare in possesso della somma di denaro perduta. Il vpo Bassi ha concluso la propria requisitoria chiedendo la trasmissione degli atti alla Procura per valutare profili di responsabilità rispetto alla condotta messa in atto dal fratello dell'imputato, avanzando infine l'ipotesi di riciclaggio quale contestazione da muovere nei confronti dei tre.
Una richiesta quest'ultima, accolta dal giudice Salvatore che - al termine della camera di consiglio - ha sentenziato l'assoluzione dei due imputati ''perchè il fatto non sussiste'', disponendo tuttavia la trasmissione degli atti alla Procura per valutare altri eventuali profili di responsabilità.
Un finale - quello relativo alla non colpevolezza dei due - per nulla gradito alla parte offesa che, presente personalmente in aula, ha contestato in maniera plateale il verdetto del tribunale.
G. C.