Comodamente sedute/23: le cicatrici sono preziose e ci ricordano quello che siamo

Giovanna Fumagalli Biollo
L’altra sera, un po’ per stanchezza o forse per distrazione, come accade qualche volta in tutte le case, un ricordo di una zia a me molto caro mi è scivolato dalle mani e cadendo è andato in pezzi.
Mi dico sempre e lo ripeto anche ai miei figli che non dobbiamo rimanere legati alle cose materiali, che se qualcosa si rompe lo si getta via senza rimpianti, perché sono i ricordi custoditi nella nostra memoria che contano e sono i legami le cose belle di cui dobbiamo prenderci cura.
In realtà un po’ mi è dispiaciuto anche se ho cercato di non darlo a vedere. Poi mi è tornato alla mente un bellissimo articolo che mi aveva girato mio nipote Martino e che avevo letto di fretta.
Invece in quel momento era proprio ciò di cui avevo bisogno.

LA TECNICA DEL KINTSUGI
“Quando una ciotola, una teiera o un vaso prezioso cadono frantumandosi in mille cocci, noi li buttiamo con rabbia e dispiacere. Eppure c’è un’alternativa, una pratica giapponese che fa l’esatto opposto: evidenzia le fratture, le impreziosisce e aggiunge valore all’oggetto rotto. Si chiama kintsugi letteralmente oro (“kin”) e riunire, riparare, ricongiunzione (“tsugi”).
Non so se conoscete questa tecnica di restauro, io non ne avevo mai sentito parlare. E’un’arte giapponese che utilizza un metallo prezioso come l’oro o l’argento liquido per unire i frammenti di un oggetto di ceramica rotto, facendo risaltare le nuove venature create come preziose cicatrici.
“Ogni pezzo riparato diviene unico e irripetibile, per via della casualità con cui la ceramica si frantuma e delle irregolari, ramificate decorazioni che si formano e che vengono esaltate dal metallo”.
Ciò che viene riparato non è più uguale a prima perché ha delle ferite che tuttavia non vengono nascoste ma valorizzate perché sono proprio quelle che rendono l’oggetto unico e irripetibile seppur imperfetto. Sono ferite che raccontano una storia.
Vi lascio al piacere di andare a leggere questo bellissimo articolo.
Ma prima non posso fare a meno di condividervi i miei pensieri in attesa di leggere i vostri.
Anche noi siamo opere d’arte uniche e irripetibili. Anche noi portiamo i segni di ferite che ci hanno lacerato il cuore in qualche momento della vita, ferite che ci hanno procurato un dolore che ha lasciato un segno.
Ogni volta che siamo state tradite negli affetti, che qualcuno si è allontanato da noi, che le nostre aspettative sono state deluse, che la fiducia è stata violata, qualcosa dentro si è spezzato andando in frantumi e riaggiustarlo ci è sembrato inconcepibile. E’ rimasto un segno che bruciava solo a sfiorarlo, che abbiamo nascosto con cura sotto strati di finta indifferenza e durezza, credendo di andare avanti come sempre.
Ma non è così che funziona.



Il tempo ha trasformato queste ferite in cicatrici, pelle dura e insensibile al dolore, che fanno più male a guardarle che a toccarle, perché ogni volta vanno a scavare dove non dovrebbero.
E noi di nuovo a nasconderle alla vista degli altri e di noi stesse.
Ma le cicatrici, soprattutto quelle del cuore, sono un promemoria raro che ci ricorda che se siamo diventate quelle donne lì, coraggiose e determinate, lo dobbiamo anche a quel dispiacere che ci ha attraversato, che ci ha buttato in fondo a un pozzo e poi è tornato a riprenderci, che ci ha fatto cambiare lo sguardo sulle persone e sulle situazioni.
Le ferite sono feritoie attraverso le quali vedere cose che agli altri restano precluse.
Rumi
Perciò sono preziose.
Lungo la vita ognuno di noi, forse, deve cercare il modo di crescere attraverso le proprie esperienze dolorose, di valorizzarle, esibirle e convincersi che sono proprio queste che rendono ogni persona unica, preziosa.
Forse  andrò a riprendere ciò che si è rotto e proverò ad aggiustarlo, anche se sarà inutilizzabile, mi ricorderà le mie cicatrici, di cui vado fiera.
Anche oggi vi auguro una buona domenica e se come sempre se volete passare a salutarmi nel mio blog www.comodamentesedute.com, vi aspetto con piacere.
Rubrica a cura di Giovanna Fumagalli Biollo
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