Femminicidi: nella scelta del modo per dare la morte, la chiave per leggere la comunicazione subdola dell’omicida
Il criminologo De Greef (non solo) individua due aspetti del comportamento violento: il primo è quello riguardante lo stato pericoloso in cui si evidenzia la variazione dell'umore, la confusione e l'instabilità. Il secondo coinvolge il passaggio all'atto. In tutto questo va distinto l'omicidio utilitaristico da quello passionale. L'utilitaristico è un omicidio che si sviluppa fuori del contesto affettivo; lo scopo è predatorio per acquisire beni; invece quello passionale è impulsivo, emotivo e tocca la sfera affettiva. Per l'omicida la vittima è un'astrazione. La donna non è più vista con le sue caratteristiche reali ma è un oggetto negativo da eliminare. L'omicida si percepisce vittima di ingiustizie o di tradimenti.
All'interno della coppia sono quattro i tratti personologici riscontrabili nell'omicida. Il primo è l'egocentrismo: lui è al centro di tutto. L'altro tratto è la labilità: non riesce a mediare tra bisogni reali/fantastici, tra prima/dopo e cerca una soddisfazione immediata. Il terzo tratto è l'aggressività che è ricorrente come violenza quotidiana. Il quarto tratto è l'indifferenza affettiva che costituisce il segnale per il passaggio all'atto.
Esiste anche un quinto tratto: possesso affettivo. E' quello che meglio rappresenta la situazione attuale e si manifesta nel controllo: impedire relazioni, comunicazioni, limitazioni a uscire da casa, a incontrare colleghi di lavoro, a staccarsi dai genitori/parenti. La vittima è ridotta a uno stato di paralisi. Il femminicidio coinvolge l'apparato strutturale di questa organizzazione sociale che presenta distonie e condizioni di 'malattia' endemica: l'atto omicidiario è sempre riferibile all'individuo che lo compie.
Inoltre è importante considerare i modi che gli omicidi mettono in atto per cercare di leggere la comunicazione subdola dell'omicida. L'arma bianca è quella più usata. L'arma bianca evoca connotazioni falliche sia per la forma sia per la funzione legata al "penetrare". Il coltello è assimilato alla virilità; l‘atto di incidere e ferire può alludere alla deflorazione o a una scarica di aggressività sessuale repressa. L'uso del pugnale è ricorrente nel delitto passionale; l'arma è la metafora dell'organo sessuale che penetra le carni della vittima.
Per C. Jung il "tagliare" richiama: dividere, separare, sezionare, troncare sospendere, eliminare, differenziare, scegliere. Il simbolo del coltello è associato all'idea di esecuzione giudiziaria, morte, vendetta. Nel sacrificio è utilizzato il tipo di coltello a lama corta.
L'arma da fuoco è usata in omicidi di genere di tipo omicidio-suicidio: 30%. L'arma da fuoco dà all'omicida la sensazione di essere sicuro, protetto, invincibile; è l'altra faccia della medaglia dell'insicurezza, sfiducia, impotenza. L'arma costituisce una protesi difensiva della maschera dell'insicurezza ed evidenzia la distanza, la separazione tra l'omicida e la vittima. Lo sparo annulla la separazione, il distacco, l'indifferenza: l'omicida non sopporta di essere stato messo da parte, allontanato.
Lo strangolamento evidenzia la ferocia, l'onnipotenza del maschile sul femminile e rileva la volontà distruttiva di condannare la donna al silenzio. E' un atto che mette in luce la forza, la padronanza, il comando, la sottomissione: le stesse mani, che prima accarezzavano il corpo, ora sono strumenti di morte. Il collo è un locus vitale che separa il sotto dal sopra:, simbolizza lo scambio tra cielo e terra, tra cervello e corpo. Il blocco della verticalità indica un contrasto tra testa/corpo, tra pensare/operare, tra essere/avere.
L'omicidio con oggetti contundenti (lapidazione, bastone, sasso, martello, posacenere, altro oggetto) pone l'accento, la disobbedienza della vittima di fronte al potere/volere maschile.
L'omicidio con il fuoco simbolizza la giustizia divina, la purificazione. E' uno strumento di punizione di morte. Nel Medioevo il fuoco è stato uno strumento di morte nei confronti delle donne considerate streghe al servizio del diavolo. Il maschio si difende dalla donna condannandola al rogo per negarle il diritto di parola e l'indipendenza.
L'omicidio con l'acido è simbolo di vendetta e sfigura il corpo della donna per renderlo irriconoscibile. E' un'aggressione alla bellezza, all'estetica, al corpo: l'acido produce delle stigmate che costringono la vittima a sentirsi invalidata e alienata. Per l'uomo è un perverso desiderio di possesso.
L'omicidio con veleno (veneficio) si coniuga con quello dell'acido. Sono due procedure che sfuggono all'appariscenza, sono armi subdole, silenziose e insinuanti. Molti casi di avvelenamento sono politici o economici. La scoperta dell'arsenico rivoluzionò la pratica del veneficio facendola diventare più "efficace" e "sicura". Nell'epoca attuale i veleni a disposizione sono molteplici e difficili da rilevare. Il 'veneficio individuale' serve per sbarazzarsi dei rivali. Il veleno di uso 'domestico' è semplice da trovare, ma è anche facile da identificare e da riconoscere.