Osnago: irritabilità e disturbi, gli effetti del lockdown sui bimbi spiegati da Valsecchi

Il 65% dei bambini sotto i sei anni ha manifestato un aumento dell'irritabilità, disturbi del sonno, disturbi di ansia e inquietudine, il 71% tra 6 e 18 anni instabilità emotiva e cambiamenti del tono dell'umore. Sono gli effetti a breve termine provocati dal lockdown sul funzionamento psicologico e comportamentale dei bambini e degli adolescenti, esposti nella serata di giovedì dal dottor Alberto Valsecchi, psicologo e psicoterapeuta, durante un incontro organizzato dal Centro Parrocchiale di Osnago nella sala del cineteatro Sironi.

Valsecchi ha innanzitutto illustrato i dati raccolti da una ricerca effettuata tra maggio e luglio del 2020. Lo studio esclude che per i bambini tra zero e due anni la chiusura forzata nel corso della prima ondata di pandemia abbia causato ''danni''. ''I bambini più piccoli hanno anzi avuto un beneficio ad avere sempre i genitori a casa'' ha spiegato ''Due bambini su tre prima dei sei anni, tuttavia, hanno mostrato una sintomatologia da ansia. C'è chi è tornato a farsi la pipì addosso, ad esempio, ma anche chi ha avuto delle reazioni molto forti mai avute prima di fronte alla separazione dai genitori. Per la fascia dai 6 ai 18 anni c'è stato un diffuso cambiamento comportamentale. Le cause di questi disagi sono da ricercarsi nell'innalzamento della tensione emotiva dovuta in modo particolare alle restrizioni, che hanno limitato bisogni primari come il movimento. Ogni bambino ha necessità di muoversi non solo per divertirsi, ma anche per imparare. L'esperienza motoria si traduce in capacità cognitive, bisogno primario per l'apprendimento e per la socialità. Inoltre la rottura delle routine di bambini e adolescenti si traduce in un disorientamento''.

Il dottor Alberto Valsecchi


Valsecchi ha quindi sottolineato che lo sviluppo di questi comportamenti nei più giovani non sia così invalidante, trattandosi nella maggior parte dei casi di traumi lievi. Per i genitori, ha proseguito, è importante osservare i figli per capire come intervenire. ''Il primo criterio è la frequenza, osservare quante volte capita che il bambino attivi questi comportamenti disturbati'' ha spiegato. ''Si valuta poi l'intensità e l'interferenza, cioè quanto questo atteggiamento implica l'impossibilità di fare alcune cose. Dal punto di vista preventivo è fondamentale che i genitori sappiano riconoscere i sintomi. Prima si interviene e più la prognosi può essere favorevole. Ci sono fattori che aumentano il rischio e altri che sono protettivi, ad esempio intensità e persistenza nel tempo aumentano il rischio che il disturbo diventi più invalidante. Ci sono fattori endogeni, ovvero caratteristiche dell'individuo che lo rendono più o meno fragile, e ci sono poi fattori esogeni che dipendono dal contesto come la qualità delle dinamiche relazionali in famiglia e il grado di benessere. I genitori che tra loro funzionano bene attenuano il colpo del trauma. Se invece i genitori hanno a loro volta disturbi i figli sentono un'amplificazione del trauma''. Il nostro corpo ha una serie di meccanismi che lo autoriparano, ha chiarito Valsecchi, un fenomeno di resilienza che riguarda tanto il sistema immunitario, che ad esempio resiste ad virus, quanto la capacità della mente di proteggersi da un trauma.

''I bambini sono più resilienti degli adulti'' ha aggiunto. ''Le capacità di resilienza del bambino possono essere potenziate se le azioni educative dei genitori sono ben indirizzate. Componenti della resilienza sono l'ottimismo inteso come stile di pensiero che va formato nei bambini, cioè capacità nella interpretazione di un evento analizzandone sia i lati positivi che negativi. Aiuta anche l'autostima, che è la valutazione che ognuno fa all'immagine di se stesso. Bambini, adolescenti e adulti con bassa autostima sono meno resilienti perché non sentono di farcela e non si attivano. Noi siamo uno specchio e costruiamo sia l'immagine di noi che dell'ideale. Per facilitare una buona autostima serve restituire feedback positivi. Bisogna lasciare fare le cose ai bambini. Anche le sfide ardue con criteri minimi di sicurezza. Altra componente è l'autoefficacia, cioè far notare che con il loro sforzo, dandosi obiettivi, il senso di autoefficiacia è un ottimo antidepressivo. Il senso di impotenza invece comporta la depressione. Se nonostante tutti gli sforzi che faccio il risultato non cambia, va sostenuto l'impegno a prescindere dai risultati e così anche le sfide. Emozioni positive, cioè un elenco di desideri che vanno ogni tanto soddisfatti a seguito di un impegno o sforzo. Ciò fa rimettere in moto il desiderio. La gioia è l'emozione della soddisfazione. In ultimo il supporto sociale. Più e ampio il supporto sociale maggiore è la resilienza perché se siamo in rete è più facile curarsi e stare meglio. Un contesto sociale valido è composto da ascolto empirico ovvero capacità di abbassare i propri stati emotivi per sintonizzarci con quelli degli altri. È molto costoso, difficile è faticoso''.
E.C.
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