Profughi: intanto che noi si gioca al Risiko politico, un bimbo di 1 anno è morto di freddo, e purtroppo è una notizia, e non un’iperbole
Appena dopo le frasi fatte del tipo "nella morsa del gelo", oppure "abbassiamo i toni", o anche "apriamo un tavolo di concertazione", nella classifica della prosa sciatta ci sono le iperboli: "ho centomila cose da fare!", "sono stanco morto", "guarda quel morto di fame" e via dicendo.
Che tu senti "morto di fame" e capisci che si sta tacciando l'amico tirchio della compagnia, o lo scroccone, perché fortunatamente sia tu che lui - lui magari a ufo - da mangiare ce l'avete.
Torni dal giro in bici da corsa tutto intirizzito e dici in casa: "sono morto di freddo!". I familiari ti guardano e pensano: "Mica ti abbiamo obbligato noi ad andare. E comunque se parli non sei morto".
Nei giorni scorsi, al confine tra la Bielorussia e la Polonia è morto di stenti, cioè di fame, e di freddo un bambino. E purtroppo è una notizia, e non un'iperbole.
Leggo sui giornali un'ondata di indignazione per il fatto che questo avvenga ai confini dell'Unione Europea e segnatamente di uno dei suoi Paesi che innalza il vessillo delle "radici cristiane" dell'Europa, la cristianissima Polonia, patria di San Giovanni Paolo II, terra della Madonna di Częstochowa, l'icona della Vergine nera che la tradizione dice sia stata dipinta direttamente da S. Luca.
Tradizione per tradizione, l'evangelista Luca era un medico, e avrebbe lasciato legno e pennelli per correre in soccorso di questo bambino e delle migliaia di profughi come lui, giunti dalle rotte balcaniche a chiedere aiuto.
Credo che basterebbe mettere in fila alcuni grandi polacchi della storia per evitare di cadere nel tranello di addossare ai "polacchi" tout-court la colpa di questa riprovevole situazione. Li cito alla rinfusa, come mi vengono in mente, ma è polacco colui che ha cambiato la nostra visione del mondo, Niccolò Copernico, è polacca Marie Curie, sono polacchi due grandi Nobel della letteratura, Henryk Sienkiewicz e Wisława Szymborska, due grandi registi, Roman Polanski e
Krzysztof Kieslowski, è polacco Max Factor, e Chopin, e sicuramente ho dimenticato qualcuno.
Essere ospitali, e generosi, e accoglienti, non è una questione cattolica, è una questione umana, europea e non solo polacca.
Nella debolezza poco chiara della UE in materia di migranti c'è chi ciurla nel manico: la Bielorussia di Lukashenko l'ha ben capito e usa la confusione europea come un'arma. La stessa Polonia non vuole che Frontex sia presente alle frontiere, e "viola i diritti fondamentali di queste persone, continuando a provocare, a violare le regole dell'Ue da dentro senza pensare di uscire perché conviene molto di più alla Polonia stare in Europa che all'Europa avere la Polonia". Così scrive oggi Sandro Gozi, eurodeputato di cui mi pregio di essere amico.
Intanto che noi si gioca a questo Risiko politico, un bambino di un anno è morto di freddo, e purtroppo è una notizia, e non un'iperbole.
Che tu senti "morto di fame" e capisci che si sta tacciando l'amico tirchio della compagnia, o lo scroccone, perché fortunatamente sia tu che lui - lui magari a ufo - da mangiare ce l'avete.
Torni dal giro in bici da corsa tutto intirizzito e dici in casa: "sono morto di freddo!". I familiari ti guardano e pensano: "Mica ti abbiamo obbligato noi ad andare. E comunque se parli non sei morto".
Nei giorni scorsi, al confine tra la Bielorussia e la Polonia è morto di stenti, cioè di fame, e di freddo un bambino. E purtroppo è una notizia, e non un'iperbole.
Leggo sui giornali un'ondata di indignazione per il fatto che questo avvenga ai confini dell'Unione Europea e segnatamente di uno dei suoi Paesi che innalza il vessillo delle "radici cristiane" dell'Europa, la cristianissima Polonia, patria di San Giovanni Paolo II, terra della Madonna di Częstochowa, l'icona della Vergine nera che la tradizione dice sia stata dipinta direttamente da S. Luca.
Tradizione per tradizione, l'evangelista Luca era un medico, e avrebbe lasciato legno e pennelli per correre in soccorso di questo bambino e delle migliaia di profughi come lui, giunti dalle rotte balcaniche a chiedere aiuto.
Credo che basterebbe mettere in fila alcuni grandi polacchi della storia per evitare di cadere nel tranello di addossare ai "polacchi" tout-court la colpa di questa riprovevole situazione. Li cito alla rinfusa, come mi vengono in mente, ma è polacco colui che ha cambiato la nostra visione del mondo, Niccolò Copernico, è polacca Marie Curie, sono polacchi due grandi Nobel della letteratura, Henryk Sienkiewicz e Wisława Szymborska, due grandi registi, Roman Polanski e
Krzysztof Kieslowski, è polacco Max Factor, e Chopin, e sicuramente ho dimenticato qualcuno.
Essere ospitali, e generosi, e accoglienti, non è una questione cattolica, è una questione umana, europea e non solo polacca.
Nella debolezza poco chiara della UE in materia di migranti c'è chi ciurla nel manico: la Bielorussia di Lukashenko l'ha ben capito e usa la confusione europea come un'arma. La stessa Polonia non vuole che Frontex sia presente alle frontiere, e "viola i diritti fondamentali di queste persone, continuando a provocare, a violare le regole dell'Ue da dentro senza pensare di uscire perché conviene molto di più alla Polonia stare in Europa che all'Europa avere la Polonia". Così scrive oggi Sandro Gozi, eurodeputato di cui mi pregio di essere amico.
Intanto che noi si gioca a questo Risiko politico, un bambino di un anno è morto di freddo, e purtroppo è una notizia, e non un'iperbole.
prof. Stefano Motta