Merate: presunta truffa per 40.000 euro, in due vanno a processo. Uno è un avvocato

Avrebbe affidato ad un conoscente tutti i suoi risparmi, costituiti in parte dai soldi ottenuti dall'ex dopo la separazione ed in parte dall'eredità dei genitori alla loro scomparsa. 40.000 euro in tutto che avrebbe voluto far fruttare e che invece... ha perso. Così una donna, residente in provincia di Brescia, ha inquadrato la querela a suo tempo sporta nei confronti di C. F., classe 1968, ora a processo per truffa in concorso con L.T. classe 1967, legale del Foro di Lecco. Rispondendo alle domande poste dalle parti, la signora - costituita anche parte civile nel procedimento penale, dopo la definizione di una causa civile intentata sempre nei confronti dell'imputato, patrocinato, in quel caso, da legale stesso - ha raccontato del presunto affare che le era stato proposto, rivelatosi invece una... "sola". Nel giugno del 2017, avrebbe consegnato all'imputato un assegno da 40.000 euro che - per quanto le era stato prospettato - avrebbe dovuto essere investito nel campo dei fondi esteri, garantendole un rendimento superiore a quello che le avrebbe potuto garantire qualunque istituto di credito, nell'ordine anche di 7-800 euro mensili.
A breve distanza, rivolendo indietro il "capitale versato", tramite la propria banca, sarebbe però venuta a conoscenza di come la destinazione finale dei 40.000 euro fosse in realtà un'immobiliare con sede a Merate, riconducibile al fratello di C.F. Pretendendo spiegazioni, sarebbe stata messa in contatto con un supposto broker presentatole come "il dottor T." cioè l'avvocato che avrebbe cercato di tranquillizzarla, invano, tanto da arrivare alla querela alla base dei procedimento, ben conscia di non avere tra le mani alcuna pezza giustificativa relativa al supposto investimento per cui aveva staccato l'assegno (non intestato) da 40.000 euro. "Mi sono fidata" le è toccato ammettere dinnanzi al giudice Paolo Salvatore, spiegando poi, incalzata dal proprio legale, di aver in parte recuperato la cifra in oggetto. Avrebbe ottenuto infatti 10.000 euro dopo aver esercitato azione di pignoramento nei confronti di una vettura dell'imputato, altri 1.000 euro in altra circostanza e 27.000 euro nell'ambito della causa civile.
"Volevo comprare un mini appartamento" la risposta data invece al giudice stesso su quale fosse l'obiettivo della presunta operazione finanziaria intrapresa, raccontando altresì dello sfratto subito e del periodo difficile vissuto subito dopo il supposto raggiro patito, vivendo per 15 giorni sostanzialmente in auto e prima ancora, a poca distanza dalla data in cui avrebbe dovuto lasciare la sua casa, del tentativo suicidario messo in atto, venendo salvata grazie all'irruzione di vigili del fuoco e carabinieri intervenuti su sollecitazione dell'amica a cui aveva comunicato l'intenzione di farla finita.
Una storia, per come narrata, dunque dai risvolti drammatici, pur raccontata dalla teste con assoluta compostezza, con un linguaggio terra terra in più passaggi "decifrato" con l'intervento del giudice.
Una storia in parte "ascoltabile" in quanto alcuni contatti con l'imputato (e forse anche con il legale) sarebbero stati registrati dalla persona offesa, con i file audio acquisiti al fascicolo.
Di ben altro tenore l'audizione del maresciallo Simonetta Carnevale della Guardia di Finanza, l'operante che ha seguito le indagini delegate, per originaria competenza, dalla Procura di Brescia. Il sottufficiale in particolare ha riferito di come l'assegno della persona offesa sia stato effettivamente incassato dalla Immobiliare con sede a Merate del fratello dell'imputato, dal cui conto poi a stretto giro sarebbero uscite delle cifre per ricariche su carte prepagate e tramite assegni, considerati il "rigiro" al parente, senza che tale ipotesi investigativa sia stata poi comprovata però attraverso altri accertamenti.
Si tornerà in Aula il prossimo 24 novembre, quando gli imputati avranno modo di raccontare la propria verità nel proseguo dell'istruttoria. Già prevista anche la discussione.
A. M.
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