Verderio: l'alveare superorganismo e le api in pericolo. La conferenza con l'apicoltore

Il ciclo di conferenze scientifiche promosso da Pro Loco e Comune di Verderio è proseguito nella serata di venerdì 29 ottobre con un incontro dedicato al mondo delle api. A descriverne la loro struttura ''eusociale'', motivare il perchè un alveare deve essere considerato un superorganismo e lanciare un monito di fronte alla situazione sempre più complicata in cui versa l'apicoltura è stato Riccardo Galizioli, dottore in scienze agrarie e forestali verderese che da qualche anno ha avviato in paese un'azienda agricola in cui alleva api e coltiva ortaggi, chiamata ''L'Augusta''.

Riccardo Galizioli, dottore in scienze agrarie e forestali

I primi alveari di cui si ha traccia nella storia risalgono al tempo degli egizi, ha spiegato il giovane apicoltore, realizzati all'interno di arnie in terracotta. Da allora, l'interesse dell'uomo nei confronti del miele e dei suoi derivati ha fatto sì che la specie di ape riuscita a diffondersi maggiormente nel mondo sia stata proprio l'apis mellifera. Questa varietà è anche la più docile e più gestibile dall'uomo, ha proseguito Galizioli, ed è in grado di creare famiglie molto numerose. L'organizzazione di un alveare è regolata attraverso colonie e suddivisioni delle sue ''abitanti'' in caste, tanto che quella delle api – così come degli altri insetti che si comportano analogamente – viene definita una struttura eusociale.

''L'alveare è un luogo molto complesso, ma per spiegare in breve funziona attraverso una gerarchia matriarcale dove la regina comanda'' ha spiegato Galizioli. ''Le famiglie di api sono poi composte dalle operaie e dai fuchi, che compongono rispettivamente la casta sterile e quella fertile''. I fuchi, ha aggiunto l'apicoltore, vivono in media 50 giorni e si occupano di fecondare la regina, mentre le api operaie hanno un ciclo di vita di qualche giorno inferiore e si occupano di recuperare all'esterno dell'alveare acqua e nutrimenti, in particolare il polline, e per questa ragione vengono anche dette ''bottinatrici''. Tutte le api nascono dalle uova deposte nelle piccole celle esagonali che compongono l'alveare dalla regina (che può vivere fino a sei anni). Galizioli ha spiegato che ogni giorno, nel periodo più caldo dell'anno, quindi tra la primavera e l'estate, una regina è in grado di deporre fino a 2mila uova. Del resto, un alveare tra marzo e settembre arriva a contenere fino a 80mila api. ''La regina nasce invece in una cella che viene appositamente ingrossata dalle operaie e riempita di pappa reale. Quando è pronta avviene il processo della sciamatura. La vecchia regina chiama a sé le sue operaie e si sposta formando un altro alveare. Quella nuova a questo punto compie quello che si definisce volo nuziale, allontanandosi dall'alveare fino a due chilometri per essere raggiunta e fecondata da fuchi anche provenienti da altre arnie. Attraverso questo 'meticciamento', la regina riuscirà a creare una famiglia in grado di sopportare meglio stress e malattie''. La complessa organizzazione di un alveare fa di esso un superorganismo, ha poi spiegato Galizioli, dove ogni ape si muove come fosse una cellula.

Il relatore della conferenza è poi passato a spiegare come mai le api siano notoriamente importanti per il nostro ecosistema. ''A scuola ci insegnano che sono fondamentali per via dell'impollinazione, ma ci sono anche altre ragioni per cui questi insetti aiutano così tanto l'ambiente. Tra l'altro, non sono gli unici che favoriscono l'impollinazione, ma dati gli interessi economici che comporta il loro allevamento sono la specie più diffusa e contribuiscono a questo processo in percentuali altissime''. Le api, ha proseguito Galizioli, sono molto rilevanti anche come bioindicatori. ''Spesso e volentieri università e centri di ricerca posizionano le arnie, ad esempio, vicino a grandi centri industriali per valutare attraverso l'analisi di ciò che viene prodotti dall'alveare la qualità dell'ambiente circostante''. L'apicoltore ha quindi menzionato proprio l'importanza di ciò che le api producono: miele, propoli, pappa reale, cera e alcolici come l'idromele.

L'ultima parte dell'intervento di Galizioli si è concentrato invece sul ''declino'' che l'apicoltura sta vivendo in questi anni. ''Come apicoltore posso assicurarvi che ogni anno assistiamo ad una moria di circa il 10% delle api che alleviamo'' ha spiegato. ''Non c'è una sola ragione ma una concomitanza di fattori: cambiamenti climatici, monoculture, patologie e agrofarmaci''. Le anomalie climatiche degli ultimi anni hanno causato parecchi problemi. ''L'anno scorso, ad esempio, a febbraio uno strano innalzamento delle temperature ha fatto sì che il nocciolo iniziasse la fioritura. Sentendo caldo, le regine hanno iniziato a deporre una grande quantità di uova anche se di fatto il nutrimento per tutte non c'era''. Capita anche che tra aprile e maggio ci siano delle gelate tardive e piogge che rovinano le numerose fioriture ormai avviate, rendendo indisponibile il polline prodotto.

Le monocolture di uno specifico territorio, ad esempio, non fanno che aumentare questo problema, mentre colture più variegate permetterebbero alle api di avere più scelta nella ricerca di nutrimenti. Api meno nutrite sviluppano più patologie e problemi di disorientamento nelle cosiddette bottinatrici. Nel nostro piccolo, ha concluso Galizioli, per aiutare le api possiamo favorire l'acquisto di prodotti alimentari a ''km0'' e biologico, puntando sulla stagionalità di quel che mangiamo, ma anche piantare nei nostri giardini più varietà di piante mellifere e creare negli ambienti urbani più biodiversità e corsie verdi.
E.C.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.