Covid: le tre fasi della pandemia
Il disagio pandemico nel lecchese è presente. Infatti, con i provvedimenti adottati si sono verificate reazioni di scontento e insofferenza. Con l'introduzione del green pass ci sono state manifestazioni che mescolano il disagio pandemico con la disuguaglianza economica, con la contrapposizione politica e con la politica sanitaria inefficiente/inflessibile: facendo emergere contraddizioni psicologiche profonde. L'"ambiguità" del no green pass richiede di essere analizzata in modo più approfondito.
Per identificare il processo del dissenso alla norma introdotta dal governo è possibile individuare tre fasi. La prima fase è quella del lockdown (restrizione) con la quarantena obbligatoria per tutti e con il divieto di lasciare la propria abitazione. La risposta a questo provvedimento è stata di consapevolezza del pericolo del contagio. Infatti, ci si è attenuti alla norma con un comportamento passivo-dipendente, che però ha sollecitato ansia, paura e impotenza a livello sociale e individuale: il numero dei morti era spaventoso, il vaccino era ancora una chimera, il sistema sanitario era in difficoltà. Nella prima fase però non si sono verificati comportamenti sociali di dissenso.
Nella seconda fase, con l'introduzione del vaccino volontario per la popolazione e obbligatorio per alcune categorie professionali, si sono rilevati comportamenti di disagio nei confronti della malattia. E si sono manifestati sintomi di fiducia/sfiducia, sicurezza/insicurezza, paura/salvezza, guarigione/morte. In questa seconda fase sono comparsi i primi contrasti tra favorevoli o contrari al vaccino.
Nella terza fase la contrapposizione tra favorevoli/contrari si è accentuata con l'introduzione del green pass: prima obbligatorio per alcuni settori sociali, poi obbligatorio nei luoghi di lavoro per i dipendenti e nei luoghi (discoteca, teatro, cinema) del tempo libero e ricreativo.
La minoranza dei contrari alla norma è una combinazione eterogenea di persone che si identifica attorno ad un oggetto totemico simbolico specifico che è il no green pass manifestando comportamenti impulsivi, mutevoli, irritabili e aggressivi.
Per questa minoranza oppositiva l'oggetto del no green pass svolge una funzione di raggruppamento e si difende, si oppone alle indicazioni governative perché percepisce dentro di sé - anche se è negato inconsciamente - un pericolo di morte (contagio, infezione) e un sentimento abbandonico di appartenenza da parte di chi è a favore.
I non favorevoli alle indicazioni normative, per difendersi a livello psicologico da queste sensazioni negative di esclusione, di paura, di abbandono, divulgano il proprio dissenso per rimuovere l'etichetta di essere diversi, mettendo in atto meccanismi psicologici come quello razionalistico: "il vaccino non è sicuro, il vaccino fa male, il vaccino va sperimentato, io mantengo le distanze, io faccio il tampone".
L'altro meccanismo psicologico è quello magico-animistico: "il vaccino è un microchip che controlla la mente, il vaccino è voluto da entità che ci vogliono controllare e guidare, il vaccino è opera del dominio".
Questi due modalità evidenziano un processo argomentativo poco articolato, ripetitivo, staccato dalla condizione reale e rimuovono i 130mila morti e le trecento morti che ci sono mediamente ogni settimana. E' una negazione di realtà il rifiuto della norma e favorisce un processo che deborda, che va oltre e mette in pericolo la convivenza: per tutti gli individui l'anormalità è la condizione attuale.
Il gruppo dissidente si sente escluso, rifiutato e questo genera un'angoscia abbandonica dal collettivo: " Noi siamo una minoranza. Le minoranze vanno rispettate. Libertà, libertà".
Con il rito della piazza l'angoscia si ricompone e assume una forma di appartenenza minoritaria. La piazza è mutevole e instabile. Manca una leadership definita e connotata. La mancanza favorisce processi di manipolazione da parte di alcune forze esterne.