Retesalute, Vivenzio: ''Nel 2018 lo stop al piano di rilancio fu una sorta di 'omicidio politico', nel 2021 la liquidazione con accuse a amministratori e direzione sembra un vero suicidio''

Massimiliano Vivenzio
Ero presente nel pubblico la sera di inizio ottobre 2018 quando l'allora consiglio di amministrazione dell'Azienda speciale Retesalute presentò il piano di rilancio che non venne approvato per pochi centesimi di voto.

Fu una assemblea difficile sotto tanti aspetti e l'assenza del rappresentante del comune di Brivio - non me ne voglia l'amico Airoldi che era assente giustificato - determinò le sorti di quella sera.

 

Come Lei scrisse nell'editoriale di quei giorni, fu quasi un tentato omicidio politico dell'azienda.

Si stava per affrontare una fase fondamentale, in cui diversi comuni, anche fuori dalla provincia di Lecco, stavano guardando favorevolmente all'Azienda speciale e all'ampliamento.

Tale situazione avrebbe reso doverose quelle scelte strategiche che già da tempo erano state individuate dal CDA e dalla Direzione come necessarie per attrezzare Retesalute di quel personale e quelle risorse che avrebbero consentito di affrontare l'allargamento territoriale mantenendo la qualità dei servizi fino ad allora prestata.

Sì, perché a fronte delle difficoltà aziendali l'unica certezza di quel periodo era la qualità dei servizi che rendeva Retesalute un piccolo esempio di welfare territoriale efficiente.

L'assemblea dei soci nel 2018 non approvò il piano rinviando una decisione che con buona probabilità avrebbe attenuato (o forse evitato?) la situazione oggi esistente.

Sicuramente avrebbe imposto e garantito un più puntuale controllo da parte dei soci (e dei loro organismi e soggetti interni deputati allo scopo) sulle tariffe e sulla gestione delle risorse versate a favore di Retesalute nel duplice ruolo di ente strumentale o di ente capofila del piano di zona.

Sappiamo bene però che la politica ha un peso e spesso attua strategie che guardano altrove.

 

Alessandra Colombo

Non me ne voglia la collega Alessandra Colombo, ma forse individuando per il dopo-Salvioni una personalità con un'esperienza diversa e specifica del settore sanitario e sociale si sarebbero potute canalizzare le criticità esistenti in maniera diversa e magari, attraverso una interlocuzione di pari dignità con i Direttori dell' ASST e ATS, presidiare quella rete territoriale locale di assistenza che la riforma regionale aveva inteso realizzare.

Purtroppo però la storia non si fa né con i "se", né con i "ma" ed oggi - seppur a distanza - mi sembra di rivedere l'indecisione del 2018.

In questo caso però più che ad un omicidio sembra di assistere ad un suicidio.

Mi si passi la battuta, ma dopo la "resa dei conti" lanciata dalla dottoressa Mattiello c'è stata una lenta altalena di decisioni che avrebbe sorpreso anche i più instabili.

C'è voluto oltre un anno per arrivare alla scelta della liquidazione e non sono certo che fosse l'unica scelta, ancorché in presenza di più bilanci accertati come negativi.

Occorreva certamente fare chiarezza sui conti ed approfondire la situazione contabile, evitando però di gridare allo scandalo o di additare persone di chissà quali malefatte.

Si potevano seguire le indicazioni dell'Organismo di vigilanza e contestualmente percorrere la strada della ristrutturazione del debito, "rilanciando" con consapevolezza sui servizi e puntando sulla remunerazione derivante dalle attività svolte con eccellenza.

Con la doverosa maggior attenzione ai costi si sarebbero potute creare le condizioni per sanare le passività senza necessariamente passare dalla procedura di liquidazione che ad oggi garantisce oneri (non pochi) ed auspica risarcimenti (attraverso "pseudo class action" assolutamente incerte).

Certo... da osservatore esterno è facile parlare.

Però se solo legge la relazione dell'Organismo di Vigilanza già si individuano elementi tali da capire che diventa oltremodo complesso recuperare quel "tesoretto" che secondo il Dott. D'Aries, "... poco o tanto che sia aiuterà a risanare i conti aziendali".

 

Ciro D'Aries

Così infatti si esprimeva nel corso dell'assemblea del 28 luglio scorso, senza avere avuto modo di conoscere il pensiero del Giudice del Tribunale di Lecco D.ssa Trovò.

 

Il giudice Federica Trovò


La relazione dell'O.d.v. era in mano ai sindaci (e al CDA in carica) fin dal marzo 2021, con tanto di ragioni ed origini delle perdite e relativi profili e gradi di responsabilità.

E allora risulta di difficile comprensione il continuare a "puntare il dito" contro una serie di persone, additandole di azioni e comportamenti dolosi.

Dopo la decisione del Tribunale di Lecco (che ha avuto modo di accertare come il passivo di bilancio non trovi necessaria corrispondenza con un danno e che non sono stati addotti elementi di fatto imputabili alle parti che possano qualificare il passivo aziendale come danno risarcibile) sarebbe stata necessaria maggior cautela.

Invece nellabozza di delibera passata ai Comuni si legge: " A seguito di fatti già portati a conoscenza dell'Assemblea dei Soci di ReteSalute, quest'ultima ha subìto danni notevoli e ingiustificati a seguito di comportamenti dolosi da parte degli Organi Sociali dell'Azienda nei confronti dei quali è stato presentato un Atto di Denuncia-Querela e, a tutela dei propri interessi, apposito Atto di messa in mora nei confronti dei ritenuti Responsabili al fine del rimborso dei danni subiti dall'Azienda stessa".

Fossi ancora un consigliere comunale ci penserei bene prima di deliberare.

Ci penserei anche perché pur non essendo a priori preclusa la possibilità di adottare una delibera che riconosca un debito "fuori bilancio", la stessa deve coprire perdite aziendali derivanti da fatti gestionali e, tra questi, possono certamente rientrare le mancate corresponsioni nel corso dei vari esercizi e gli squilibri tra costi e ricavi, ma non gli addebiti presunti (a prescindere dal loro rilievo penale...) che presuppongono un avvenuto e specifico accertamento.

Non so cosa decideranno i sindaci, ma auspico che in caso di adozione delle delibere le stesse non diventino strumento di impulso e legittimazione alle azioni giudiziarie il cui esito potrebbe essere incerto ed i relativi costi ricadere sui comuni.

Sarebbe un ulteriore danno all'azienda e al valore che la stessa è stata capace di esprimere per il territorio.

Cordialmente

Avv. Massimiliano Vivenzio
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