Olgiate: visita alla scoperta dei tesori della chiesa di Beolco, gioiello di arte e di storia
Matteo Fratangeli
Guida d'eccezione il neoeletto vicesindaco di Olgiate Matteo Fratangeli, profondo conoscitore della storia del luogo, che è stato anche oggetto della sua tesi di laurea.
"Vandalico atto" definiva don Giovanni Dozio i lavori che nell'Ottocento hanno completamente trasformato la chiesa, rendendola come la vediamo oggi (doveva essere molto più lunga, a tre navate e con altri due piccoli altari dedicati a Sant'Andrea e Santo Stefano), ma è proprio grazie a quegli stravolgimenti che è stato possibile rinvenire quello che oggi è il fiore all'occhiello del sito: l'epigrafe funeraria dedicata ai due fratelli guerrieri longobardi Grauso e Aldo.L'edificazione della cappella in stile romanico va attribuita proprio ai Longobardi, ma non furono di certo i primi a fare di Beolco un luogo di culto: lo testimonia un'ara del IV secolo d.C., probabilmente utilizzata dagli antichi romani per i sacrifici, che oggi si trova nel giardino della proprietà.
I due guerrieri che furono inumati nel pavimento del sacrario li conosciamo dalla "Historia Longobardorum" raccontata da Paolo Diacono: sappiamo che aiutarono il duca ariano Alachis a rovesciare il re cristiano Cuniperto, cacciato dalla capitale Pavia, e poi a restaurare il legittimo re, ma quello che è interessante è che è proprio là dove la storia dei due fratelli si perde nella narrazione di Diacono, che l'epigrafe di Beolco li ritrova: "Uguali per nascita, aspetto, sensibilità, mezzi, disposizione e prestanza, qui riposano i due fratelli Aldo e Grauso che insieme il mondo ebbe famosi e che una sola morte ha rinchiuso sotto una stessa lapide; testé li uccise malamente la spada crudele. ...dolci padri, nel tempo pacifico... i figli devoti decorano questo sepolcro con caratteri e materia splendente perchè i versi proclamino nei secoli la vostra memoria".
Di quei tempi antichi, dunque, nonostante nei secoli a venire la chiesetta sia stata arricchita di magnifici affreschi e dipinti, rimane solamente l'abside (che domenica non è stato possibile visitare, ma presenta tutt'ora stupendi bassorilievi e altorilievi) e, appunto, la lapide ai fratelli, incastonata nella parete antistante l'altare: "Innanzitutto ve la dovete immaginare con delle venature violacee, azzurre. Sicuramente fu realizzata nella corte regia di Pavia perchè anche dal punto di vista artistico è un pezzo di pregio, lo si vede dal decoro intorno al testo scritto" ha raccontato Matteo Fratangeli ai presenti, manifestando la volontà per il futuro di darle la collocazione più sicura, che il reperto merita, in una teca.
F.F.