Merate: 3 giovani a processo con l'accusa di avere imbrattato i muri dell'area Cazzaniga. Individuati dalla PL tramite instagram

Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere due dei tre giovani finiti al banco degli imputati del Tribunale di Lecco per avere, secondo secondo l'impianto accusatorio, imbrattato i muri dell'area Cazzaniga a Merate tra il 10 e l'11 maggio 2019. Si tratta di un ragazzo del 1999 difeso dell'avvocato Sara Mantegazza di uno del 2001, assistito dall'avvocato Letizia Semeraro.

La denuncia era partita dalla responsabile del Servizio Lavori Pubblici e Patrimonio del Comune di Merate, l'architetto Ramona Lazzaroni, chiamata oggi come testimone nel processo a carico dei tre: la segnalazione di diverse scritte sui muri di spogliatoi e palestra era giunta al suo ufficio dall'addetto alle pulizie all'indomani degli atti vandalici. La pulizia dei muri era costata al Comune ben 40.000 euro. Sono stati sentiti circa le indagini svolte l'allora assistente Andrea Errico e il vicecommissario Davide Fortunato Mondella della Polizia Locale di Merate (oggi rispettivamente vicecommissario del comando di Carugate e commissario a Merate). Dalle immagini di videosorveglianza dell'area Cazzaniga erano riusciti ad identificare un gruppo di ragazzi intenti a preparare degli striscioni d'incitamento per la squadra di calcio dell'A.C.D. Brianza. Sarebbero stati fra questi i tre odierni imputati, accusati di deturpamento ed imbrattamento (ai sensi dell'art 639 del codice penale): a loro gli operanti della Polizia Locale sono riusciti a risalire paragonando i fotogrammi estrapolati dalla videosorveglianza con alcuni profili instagram "followers" della pagina dedicata alla società sportiva. "Ci eravamo ritrovati lì per fare qualche striscione in vista della partita, poi la situazione è degenerata" ha raccontato al giudice uno dei ragazzi presenti quel giorno, oggi in aula a testimoniare. "Non volevamo assolutamente creare danni" ha continuato, spiegando al Vpo Mattia Mascaro di non ricordare nemmeno chi ci fosse nella comitiva di trenta persone o forse più, tantomeno chi avesse effettivamente impugnato le bombolette e deturpato i muri. Un altro coetaneo è stato escusso come testimone ma, come nel caso precedente, poco ha saputo ricostruire dei fatti. Entrambi, al momento del riconoscimento fotografico, sono riusciti ad identificare con certezza solamente uno dei tre imputati, l'unico assente oggi e difeso in aula dall'avvocato Carlo Gibertini. Il giudice Gianluca Piantadosi ha rinviato al prossimo 1 aprile la discussione finale.
F.F.
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