Azienda Villa Calchi: le viti come recupero paesaggistico che diventa una vera passione

Le viti come strumento di recupero paesaggistico. E' stata questa la molla che ha fatto nascere l'azienda agricola Villa Calchi di Valerio Bonanomi. L'idea di piantare le barbatelle sulle balze a sud della villa, è nata infatti più per un'esigenza ambientale, ma poi la passione ha avuto il sopravvento e ora l'azienda conta oltre cinquemila viti, suddivise in due impianti, a Calco e a Santa Maria Hoè.

 

Le prime piante sono state messe a dimora nel 2014, sulle balze che degradano dalla collina di Calco verso il lago di Sartirana. L'obiettivo era quello di ricreare il paesaggio vitato che si può ammirare in alcune stampe del luogo risalenti al ‘700.

Ma Valerio Bonanomi allora non sapeva che era solo l'inizio di un'avventura nel mondo della coltivazione delle viti, che lo avrebbe portato molto lontano.

"Inizialmente si è trattato di un intervento finalizzato al recupero ambientale in quanto volevamo ricreare l'ambiente che aveva caratterizzato la valle nei secoli passati, come avevamo scoperto da alcune stampe antiche. Non essendo del settore avevo quindi scelto di piantare 400 barbatelle di Merlot. Solo successivamente ho scoperto l'associazione Piwi che si occupa di viticultura sostenibile con vitigni resistenti ai funghi e alle malattie".

Valerio Bonanomi ha così scoperto un mondo di cui ignorava l'esistenza e ne ha subito sposato la filosofia.

"Si tratta di vitigni ottenuti attraverso l'ibridazione di diverse specie di vitigni per ottenere piante in grado di auto difendersi dai funghi e dalle malattie in generale. In questo modo i trattamenti in campo si riducono a zero o al massimo in situazioni particolari ad un unico trattamento per tutta la stagione. In questo modo si preserva l'ambiente e la terra in quanto non si disperdono in atmosfera sostanze chimiche che comunque poi finiscono in qualche modo per influire sul vino. Inoltre è stato accertato che l'uva non trattata e quindi priva di eventuali residui di metallo come il rame, ma anche lo zolfo, fermenta senza dover essere stimolata".

E così Bonanomi ha deciso di ampliare la coltivazione di viti adottando per primo nel territorio il metodo "Piwi".

"Sui terrazzamenti di Calco oltre al Merlot abbiamo piantato quattrocento barbatelle di Muscaris, l'obiettivo finale è di produrre con queste uve un passito. Sull'area collinare di Santa Maria Hoè invece nel 2018 abbiamo messo a dimora mille piante di Solaris e nel 2019 duemila piante di Bronner. Con le uve prodotte da quest'ultimo vitigno l'anno prossimo contiamo di produrre le prime bottiglie di "bollicine" con metodo classico".

Nei giorni scorsi si è conclusa la raccolta delle ultime uve a Calco e quindi è tempo di bilanci.

 

Valerio Bonanomi e sotto il papà Franco

" E' stata una buona annata e sono soddisfatto, a Calco nei giorni scorsi abbiamo raccolto il Merlot e in grappoli erano ben sviluppati con un buon livello alcolico e zuccherino. Qui siamo stati sfiorati dalla grandine ma per fortuna l'uva non ha riportato danni. Ad agosto invece abbiamo raccolto il Solaris a Santa Maria Hoè e qui purtroppo a causa della grandine abbiamo perso il trenta per cento del raccolto rispetto all'anno precedente. Ma la soddisfazione più grande è quella di essere riusciti ad impiantare i filari nella conca che degrada verso il lago di Sartirana, ricreando lo stesso ambiente di alcuni secoli fa. Ai tempi Bartolomeo Calchi aveva sviluppato in modo intensivo la coltivazione delle viti in questa area, come testimonia la bellissima cantina in pietra con il soffitto a volta che si trova sotto la villa e l'antico torchio del ‘600 che abbiamo trovato e restaurato".

 

A Villa Calchi la passione per la coltivazione delle viti non passa solo dalla cantina, ma anche attraverso la storia del territorio e del suo paesaggio.

Angelo Baiguini
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