Quando muore un maestro muori in realtà un po' anche tu

Don Costantino
Manco da un po' dalle colonne del giornale, perché in altre faccende (politiche) affaccendato non volevo mischiare le cose.
Torno a scrivere oggi perché la morte di don Costantino lo richiede.
Quello che per tutti era il parroco di Osnago è stato per me il prof. Prina, o il "donCosta", a seconda delle giornate, delle occasioni e delle circostanze.
Più mi si accumulano gli anni dietro le spalle più divento melanconico, e mi guardo spesso all'indietro: se guardo un po' lontano, agli anni delle medie, mi rendo conto che se sono quello che sono, lo devo ai semi che ha gettato e poi coltivato in me don Costantino.
Ho incominciato a diventare un insegnante di Lettere, e poi uno scrittore, durante le lezioni di italiano del don, quando prendeva in mano un romanzo e passeggiando per i banchi ce lo leggeva ad alta voce, con una mano in tasca e gli occhiali tirati sulla fronte. Mi rivedo adesso, leggere Proust o Salinger o Kerouac o Pavese ai miei alunni, e a farlo nello stesso identico suo modo.
Se sono diventato lo scrittore che sono lo devo alle sue cervellotiche correzioni sui miei temi, al suo inesausto perfezionismo, a quel 10 che non mi ha mai dato e che io ho sempre inseguito, all'inizio per fargli dispetto, poi per farlo contento, poi per me stesso, poi basta. Quando ho smesso di inseguire il voto sono diventato lo scrittore che adesso sono.
Mi ricordo quando mi ha invitato a tenere un quaresimale, un venerdì, nella chiesa di Osnago. Parlavo della "Passione" di Manzoni, naturalmente. Ero preside e lui, il mio prof, mi dava del lei, orgoglioso di me, e di lui che mi aveva forgiato.
Quando un nostro comune amico mi ha avvertito, giorni fa, che le condizioni del don stavano irrimediabilmente peggiorando, io mi sono sincerato con lui al telefono ma non sono andato a trovare il mio don. Ero preso dalla campagna elettorale, e mi sembrava che avrei avuto tempo, dopo.
C'è sempre un dopo nelle nostre vite, qualcosa che crediamo di poter rimandare, di fare dopo, dopo altre cose più divertenti, o più importanti, o più gratificanti.
Non ho vinto le elezioni: "Ben ti sta, testone", mi avrebbe detto don Costantino: "così rimani umile!".
Ho ritrovato il tempo per scrivere: mai avrei voluto che il primo pezzo che tornavo a scrivere per il giornale fosse questo.
Quando muore un maestro muori sempre un po' anche tu.
Stefano Motta
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