LIBRI CHE RIMARRANNO/29: ''Quel blu di Genova'' di Michele Mozzati

Chi non è a proprio agio con la cravatta lo scopri subito: o ha il nodo che lo strozza o la porta lasca, floscia, e se dobbiamo dar retta al simbolismo freudiano che essa rappresenterebbe non è esattamente un ottimo biglietto da visita per un uomo portarla molle. Ma sorvoliamo.
Scopri subito anche quelli che si adattano a un vestito, e non viceversa: gli "eleganti recenti".
Non tutto sta bene su tutti, e non tutti stanno bene con tutto.
Ma sono disposto a scommettere una considerevole somma di denaro sul fatto che aprendo gli armadi di ognuno di noi potrei non trovare uno smoking, o un giubbotto di pelle, o un gessato blu, o una camicia hawaiana, ma un paio di jeans lo trovo. Ovunque, da chiunque.
E tutti si sentono a proprio agio indossandoli.
Che si chiamino così perché Genova ha goduto del monopolio del commercio del denim, la tela di Nîmes, si sa. Che i Levi's siano tra i più rinomati perché così si chiamava il giovane della famiglia Strauss che ne capì per primo la potenzialità nell'America in corsa verso il West, si sa.
Che siano resistenti, maltrattabili, comodi, democratici, belli, si sa.
Quel che magari non si conosce sono i nomi e le storie di chi ha davvero fatto la storia di un oggetto che, cambiando la storia materiale del mondo, ha fatto anche la Storia quella con la "s" maiuscola.
Parte dal 1853, a Milano, in piena lotta risorgimentale, la storia raccontata da Michele Mozzati (il "Michele" del duo Gino&Michele) nel suo "Quel blu di Genova" (La Nave di Teseo, 2020, 204 pagg., Euro 16,00), e seguendo la fuga di due patrioti ci conduce a Genova, e poi oltre l'Atlantico. È una storia di memoria, che ci viene restituita attraverso il diario dell'ultimo discendente di quella strana famiglia (e quando lo leggerete capirete perché dico "strana") che si imbarcherà per "La Merica" portando con sé il nome di Genova e rendendolo forse l'oggetto più globale di questo nostro mondo così globalizzato eppure così piccolo!
Comanda questa strana famiglia la figura diafana e sanguigna di "Cielo", al secolo Maria Celeste Sommariva. Una ragazza di quelle che oggi si direbbe "portano i pantaloni". I jeans, volevo dire.
Stefano Motta
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