Comodamente sedute/11: B come brioche e come bontà che tutti abbiamo nel cuore
A casa nostra vige una regola che non si discute, ed è l'obbligo di fare colazione la mattina. Susanna, la mia terzogenita, ne farebbe volentieri a meno ed è per questo che spesso le preparo delle brioches che sono davvero BUONE.Vi condivido subito la ricetta, così visto che è domenica, magari potete cimentarvi e poi naturalmente farmi sapere come sono venute.
-200 ml di acqua
-1 uovo
-100 gr di burro fuso
-1 cucchiaino di sale
-120 gr di zucchero
-500 gr di farina
-1 bustina di lievito di birra
Se avete la macchina del pane sapete come fare: prima i liquidi: acqua, uovo, burro, poi zucchero, sale, farina e infine lievito. Programma impasto.
Se non l'avete, predisponete la farina a fontana, aggiungete lo zucchero e il sale, poi al centro l'uovo, il burro sciolto e tiepido e a poco a poco l'acqua. Impastate tutti gli ingredienti fino ad ottenere un bel panetto morbido e lucido come questo. Lasciatelo riposare un'oretta, poi dividetelo in due parti e cominciate a lavorare la prima stendendola delicatamente con il mattarello (non troppo sottile) e aiutandovi con una rotella, ricavate 8 triangoli.
Arrotolateli delicatamente dando loro la forma di piccoli croissant. Ripetete il procedimento con la seconda parte dell'impasto. Lasciatele riposare ancora una ventina di minuti, poi bagnate leggermente la superficie con un po'di latte e se l'avete, metteteci sopra dello zucchero in granella. Infornate a 180 gradi 15 minuti, appena si colorano sono pronte. Potete mangiarle subito calde, oppure una volta raffreddate metterle in freezer e toglierle una mezzoretta prima del consumo.
Diciamo che un cibo è buono se ci piace molto, se soddisfa il nostro gusto e il nostro palato, mentre definiamo buona una persona che possiede determinate doti o qualità e se si adopera per il bene altrui.
Eppure in qualche modo entrambi soddisfano un bisogno in maniera spontanea e gratuita.
La bontà è un desiderio fortissimo di accontentare l'altro, spianare la sua strada, rendere più bello e più leggero il suo cammino fosse anche solo per un giorno, un'ora, un minuto, è un atteggiamento di vita che paradossalmente arricchisce sia colui che dona che colui che riceve.
Essere brave persone insomma che compiono gesti belli senza imposizione, ma spinti soltanto da quella voce che abbiamo dentro e che spesso soffochiamo perché troppo impegnativa da seguire.
La bontà oggi va poco di moda, ci sentiamo dire: "Sei troppo buono!" e quasi ci vergogniamo di esserlo. Abbiamo svuotato di significato questa parola impedendole di lasciarci guidare nel nostro agire quotidiano.
Concediamo bontà a piccole dosi, per un certo periodo, solo con alcune persone, senza pensare che essa andrebbe elargita con abbondanza perché è un istinto potente che ci ha aiutato a sopravvivere fino ad oggi.
Non è fatta soltanto di atti di gentilezza fine a se stessi, ma è piuttosto uno stato d'animo, uno stile di vita che richiede impegno e sacrificio continui.
Ce l'abbiamo tutti nascosta in un angolo di cuore, perché ci viene data fin dalla nascita, ma se nessuno ci da una mano a tirarla fuori, può essere che trascorriamo l'intera vita senza praticarla.
Per questo è importante raccontarla ai nostri figli.
Se anziché insegnare loro la furbizia, l'abilità nel tirarsi fuori dalle situazioni magari a scapito di altri, la scaltrezza nel difendersi dalle offese, ci soffermassimo anche solo un momento a parlare loro della bontà e di come potrebbero farne buon uso, probabilmente quello in cui oggi viviamo, sarebbe un posto migliore.
Io ci provo ogni giorno della mia vita a fare in modo che il seme della bontà che i miei figli hanno nel cuore possa germogliare, ma mi rendo conto che più di ogni altra parola, ciò che conta sono le nostre azioni.
Qualche anno fa, in occasione della Festa della mamma mio figlio mi ha inviato questo video https://www.youtube.com/watch?v=by9xsLCtUTI
e quel giorno ho capito che forse qualcosa di buono l'avevo fatto anch'io.
Quando credevi che io non ti stessi guardando
hai appeso il mio primo disegno sul frigorifero,
e ho subito voluto disegnarne un altro.
Quando pensavi che io non stessi guardando,
ti ho visto dare da mangiare ad un gatto randagio,
e ho capito che era bene essere gentili con gli animali.
Quando pensavi che io non stessi guardando,
hai preparato la mia torta preferita,
ed ho notato che le piccole cose sono particolari.
Quando credevi che io non stessi guardando,
ti ho vista cucinare un pranzo e portarlo a un amico ammalato,
e ho imparato che dobbiamo prenderci cura gli uni degli altri.
Quando credevi che io non stessi guardando,
ti ho vista curare la nostra casa e quelli che vi abitano,
e ho imparato che bisogna prendersi cura di ciò che abbiamo ricevuto.
Quando credevi che io non stessi guardando,
ti ho vista affrontare le tue responsabilità anche se non ti sentivi bene,
e ho imparato che dovrò essere responsabile quando sarò grande.
Quando pensavi che io non stessi guardando,
ti ho sentita pregare,
e ho creduto che c'è un Dio con il quale avrei sempre potuto parlare.
Quando pensavi che io non stessi guardando,
mi hai dato un bacio della buonanotte,
e mi sono sentito amato.
Quando pensavi che io non stessi guardando,
ho visto sgorgare lacrime dai tuoi occhi,
e ho imparato che certe cose a volte fanno soffrire, ma che piangere va bene.
Quando pensavi che non stessi guardando,
hai sorriso e ho avuto voglia di essere gentile come te.
Quando pensavi che io non stessi guardando,
ti ho vista preoccupata, e ho cercato di essere "il meglio" per te.
Quando credevi che io non stessi guardando,
ho imparato la maggior parte delle lezioni di vita che dovrò sapere
per essere una persona buona e utile quando crescerò.
Quando credevi che io non stessi guardando,
ti ho guardato e volevo dire:
«Grazie di tutto quello che ho visto quando credevi che io non stessi guardando».
Rubrica a cura di Giovanna Fumagalli Biollo