Lorenzo Riva (Electro Adda): i vaccini sostengono la fiducia. Ma la penuria di materie prime e figure professionali rischia di frenare la pur disomogenea ripresa dell’attività produttiva
Presidente, un anno trascorso tra aperture e chiusure, in Italia e in Europa. Qual è il quadro economico che caratterizza il settore di attività della sua azienda, la Electro Adda Spa?
Secondo i dati di Federmeccanica sul settore nel primo trimestre, la produzione metalmeccanica, dopo il crollo registrato del 2020 ha evidenziato un progressivo miglioramento, che è proseguito anche nei primi mesi dell'anno in corso, dove i volumi di produzione sono cresciuti del 15,6% nel confronto con l'analogo periodo dell'anno precedente e dello 0,8% rispetto all'ultimo trimestre del 2020. Si tratta però di un miglioramento che riguarda il confronto con il periodo che corrisponde al primo mese del lockdown, al quale è seguito il più grande calo della produzione e del fatturato mai registrato nel settore dal dopoguerra.
Il metalmeccanico ha però raggiunto un obiettivo importante di recente: il rinnovo del Contratto Nazionale che da continuità allo spirito riformatore che il nostro settore ha introdotto già nel 2016, coniugandolo alla tutela della sostenibilità economica del Contratto, tanto più importante considerando il contesto generale e le criticità dal punto di vista congiunturale generate dalla crisi. Una condizione imprescindibile, quella della sostenibilità economica, in un accordo dove l'incremento quantitativo del trattamento conferma il sistema di garanzia e porta attenzione a elementi strategici come la formazione e la previdenza complementare per i giovani, dando anche valore alle competenze dei lavoratori.
Com'è la composizione del mercato di riferimento di Electro Adda Spa tra interno ed estero?
Se guardiamo ai dati di bilancio di Electro Adda, l'80% del fatturato è realizzato in Italia e il 20% all'estero. E la quota estero è in continua crescita da ormai due anni. Inoltre, se analizziamo il vero valore dell'export, considerando quello indiretto proprio di un'attività come la nostra che è concentrata sulla produzione di componenti, raggiungiamo l'80% circa.
Per quanto riguarda l'andamento generale dei mercati c'è aria di ripresa, ma siamo continuamente sotto la minaccia di una "Spada di Damocle": le quotazioni in rialzo delle materie prime, che sono anche diventate di difficile reperibilità.
Come vede i prossimi mesi in termini economici? Il centro studi di Confindustria Lecco-Sondrio quale prospettiva ha disegnato di qui alla fine dell'anno in termini di crescita di produttività?
Direi innanzitutto che l'avanzamento della campagna vaccinale sostiene la fiducia di tutto il sistema produttivo nella possibilità di un vicino ritorno alla normalità, con il conseguente impulso a consumi ed investimenti. Guardando ai dati e in particolare al territorio, rispetto ai mesi precedenti l'ultima indagine del Centro Studi dell'Associazione registra un miglioramento complessivo, anche se lo scenario continua ad essere disomogeneo. Soprattutto, il sentiment che emerge dal campione di imprese è in larga parte positivo, ma deve fare i conti con l'incremento sensibile delle materie prime di quasi tutti i settori. Parliamo di aumenti molto importanti ma anche di scarsa reperibilità e ritardi nelle consegne: un problema grave per molte aziende associate, che rischia di fare da freno alla ripresa.
Lei è presidente di Confindustria Lecco-Sondrio, e come tale ha avviato il processo di unificazione con Bergamo...
Il progetto di fusione guarda alla costituzione di un'Associazione di grande autorevolezza, espressione di territori che condividono la vocazione industriale, all'innovazione e all'export. Attraverso il voto di Consiglio Generale ed Assemblea, le nostre imprese hanno confermato di credere in questa strada e nel suo potenziale strategico. La Commissione ora è al lavoro e le due Associazioni stanno già lavorando assieme su diverse iniziative. Sono convinto che la nuova Associazione avrà tutte le qualità per portare avanti un'azione ancora più incisiva per la crescita del sistema produttivo e dei territori.
Cosa prevede o teme una volta che scadrà il blocco dei licenziamenti?
In linea generale sappiamo che il blocco dei licenziamenti genera una distorsione del mercato del lavoro e rende difficile pianificare interventi di riorganizzazione aziendale. Inoltre, per quanto riguarda il territorio, vediamo che, anche se i miglioramenti degli indicatori che sono stati registrati in marzo non si colgono ancora sul fronte dell'occupazione, questa resta comunque orientata ad una diffusa stabilità. E sappiamo anche che viviamo ogni giorno il grande tema della mancanza di profili tecnici in misura sufficiente a soddisfare le richieste delle imprese.