Merate: direttore d'azienda a giudizio per violenza privata su un lavoratore. Assolto
Per il Tribunale di Lecco “il fatto non sussiste”: con questa formula è stato così assolto il direttore di uno stabilimento di un'azienda operante nel settore dell'acciaio con sede a Merate, accusato di violenza privata nei confronti di un dipendente.
Quest'ultimo, come aveva avuto modo di chiarire in dibattimento lo scorso 28 maggio, aveva denunciato il superiore per averlo fatto entrare (sbattendo la porta) in uno stanzino, dove sarebbe stato segregato per due ore, mentre veniva obbligato a firmare le dimissioni (apparentemente senza un valido motivo).
Oggi è stata la volta dell'imputato raccontare la propria versione dei fatti, avvenuti 2 anni fa: dopo diverse lettere anonime che segnalavano un comportamento poco professionale del lavoratore, si era deciso a visionare le videocamere di sorveglianza dell'azienda. Così per una settimana intera aveva “beccato” il subordinato passare parte del turno di notte a dormire nella portineria. “Il 12 luglio l'ho chiamato a colloquio nella sala qualità per dare avvio alla procedura di infrazione” ha raccontato l'ingegnere al giudice Enrico Manzi “gli ho parlato in maniera generica delle lettere anonime e mi ha detto di non saperne nulla, poi l'ho informato del fatto che le lettere facessero espressamente riferimento a lui e che avevamo evidenze dei pisolini in portineria durante il turno di notte”.
A quel punto il dipendente, che proprio non ne voleva sapere di ricevere un provvedimento disciplinare, avrebbe cercato di negoziare con il direttore: “così mi sputtanate! Vi firmo una lettera di contestazione in bianco”. Stando alle parole dell'imputato, tutto si sarebbe svolto in maniera piuttosto pacifica.
Al termine dell'incontro i due sembravano avere raggiunto un accordo: il dipendente avrebbe ricevuto una lettera di contestazione per via telematica e la direzione da parte sua avrebbe ricevuto le dimissioni il lunedì successivo. Comunicazione quest'ultima mai arrivata. Dopo l'avvio della procedura disciplinare il dipendente avrebbe ottenuto tre giorni di sospensione e solo dopo mesi di lavoro presso l'azienda avrebbe rassegnato le dimissioni.
Chiamati a testimoniare, anche il superiore della presunta parte lesa ed il responsabile della qualità dello stabilimento hanno sostenuto la tesi del dirigente della società: quel giorno entrambi si sono trovati nelle vicinanze della famigerata saletta e non avrebbero sentito né porte sbattersi né altro di rilevante.
Lo stesso rappresentante della pubblica accusa, il Vpo Mattia Mascaro non ha potuto che chiedere l'assoluzione perchè non raggiunta la prova “oltre ogni ragionevole dubbio” della colpevolezza dell'imputato. Una conclusione cui si è associata l'avvocato difensore Stefania Ostan del foro di Brescia e che ha visto il giudice arrivare alla medesima conclusione.
Quest'ultimo, come aveva avuto modo di chiarire in dibattimento lo scorso 28 maggio, aveva denunciato il superiore per averlo fatto entrare (sbattendo la porta) in uno stanzino, dove sarebbe stato segregato per due ore, mentre veniva obbligato a firmare le dimissioni (apparentemente senza un valido motivo).
Oggi è stata la volta dell'imputato raccontare la propria versione dei fatti, avvenuti 2 anni fa: dopo diverse lettere anonime che segnalavano un comportamento poco professionale del lavoratore, si era deciso a visionare le videocamere di sorveglianza dell'azienda. Così per una settimana intera aveva “beccato” il subordinato passare parte del turno di notte a dormire nella portineria. “Il 12 luglio l'ho chiamato a colloquio nella sala qualità per dare avvio alla procedura di infrazione” ha raccontato l'ingegnere al giudice Enrico Manzi “gli ho parlato in maniera generica delle lettere anonime e mi ha detto di non saperne nulla, poi l'ho informato del fatto che le lettere facessero espressamente riferimento a lui e che avevamo evidenze dei pisolini in portineria durante il turno di notte”.
A quel punto il dipendente, che proprio non ne voleva sapere di ricevere un provvedimento disciplinare, avrebbe cercato di negoziare con il direttore: “così mi sputtanate! Vi firmo una lettera di contestazione in bianco”. Stando alle parole dell'imputato, tutto si sarebbe svolto in maniera piuttosto pacifica.
Al termine dell'incontro i due sembravano avere raggiunto un accordo: il dipendente avrebbe ricevuto una lettera di contestazione per via telematica e la direzione da parte sua avrebbe ricevuto le dimissioni il lunedì successivo. Comunicazione quest'ultima mai arrivata. Dopo l'avvio della procedura disciplinare il dipendente avrebbe ottenuto tre giorni di sospensione e solo dopo mesi di lavoro presso l'azienda avrebbe rassegnato le dimissioni.
Chiamati a testimoniare, anche il superiore della presunta parte lesa ed il responsabile della qualità dello stabilimento hanno sostenuto la tesi del dirigente della società: quel giorno entrambi si sono trovati nelle vicinanze della famigerata saletta e non avrebbero sentito né porte sbattersi né altro di rilevante.
Lo stesso rappresentante della pubblica accusa, il Vpo Mattia Mascaro non ha potuto che chiedere l'assoluzione perchè non raggiunta la prova “oltre ogni ragionevole dubbio” della colpevolezza dell'imputato. Una conclusione cui si è associata l'avvocato difensore Stefania Ostan del foro di Brescia e che ha visto il giudice arrivare alla medesima conclusione.
F.F.