Giuseppe Crippa (fondatore Technoprobe Spa): negli anni ’60 ho visto nascere la Silicon Walley a Mountain View. Ora voglio veder crescere un bosco rigoglioso accanto alla nostra azienda
Un visionario? Certamente sì. Un sognatore? Di sicuro… Ma anche un uomo concreto, con i piedi ben piantati per terra e una gran voglia di fare, che ancora oggi il fondatore di Technoprobe non ha perso.
Negli anni ’60, a Mountain View in California, Giuseppe Crippa ha visto nascere la Silicon Valley, ora guarda crescere il “suo” bosco urbano su oltre cinquantamila metri quadrati di terreno agricolo.
Nonostante la veneranda età di 86 anni, si aggira per l’azienda, dove le sue intuizioni sono ancora in grado di migliorare i processi produttivi. Sono ormai passati più di trent'anni da quando cuoceva gli ”aghi” delle prime probe cards nel forno della cucina di casa, e nonostante tutta la strada compiuta nel frattempo, a detta sua, non è ancora tempo di fermarsi.
Oggi Giuseppe Crippa trascorre le sue giornate dividendosi tra l'azienda e il rigoglioso orto sociale che ha voluto nell'area accanto alla sede. Al suo fianco c'è la moglie Mariarosa Lavelli, insegnante in pensione di quasi dieci anni più giovane e che non fa fatica a tenere il passo di questo uomo, che una ne fa e cento ne pensa.
Finisce la guerra e l'infanzia di Giuseppe riprende serena, anche se fin da piccolo svolge incarichi di responsabilità. Infatti lo zio Giovanni sceglie lui fra i tanti nipoti come ‘aiutante’, affidandogli compiti all'epoca importanti.
“Dovevo accudire le galline e fare in modo che avessero sempre da mangiare, inoltre dovevo preoccuparmi dell'erba per i conigli. Il giovedì era il giorno del bucato e quindi accendevo il fuoco per scaldare l’acqua. Poi mi prendevo cura delle piante, dell'orto e delle viti sul Monte Robbio”.
“Lo zio possedeva una creatività straordinaria aggiunta a una grande manualità e il fatto di essere stato scelto come suo aiutante ha permesso a Giuseppe di imparare tantissime cose - ricorda la moglie Mariarosa - ma soprattutto gli ha insegnato l’arte dell’ingegno e dell’arrangiarsi a fare tutto. Ricordo che costruiva addirittura i carretti e quando in famiglia c'era un lutto era lo zio Giovanni a costruire la bara per il defunto”.
Gli anni passano e il giovane Giuseppe frequenta con profitto la scuola. Si diploma presso l'Istituto Esperia di Bergamo, all'epoca considerato tra i più prestigiosi. Il primo lavoro è alla Breda e quando apprende da un annuncio sul Corriere della Sera che alla Sgs di Agrate stanno cercando dei capi linea, non esita un attimo a presentare domanda.
A 25 anni conosce Mariarosa, lei abita a Bernareggio ed è più giovane di nove anni. I due si fidanzano. Il resto lo fa il destino che come un fulmine a ciel sereno fa precipitare gli eventi.
La Sgs decide infatti di mandare Giuseppe Crippa negli Stati Uniti, alla Fairchild Semiconductor di Mountain View, per apprendere la produzione industrializzata dei transistori NPN, con lo scopo di trasferire successivamente il processo in Italia. Giuseppe ne parla con la futura moglie e insieme decidono di partire. In un mese organizzano il matrimonio e una volta sposati partono per l’America…
Sono gli anni del boom della Silicon Valley e Crippa vive una preziosissima esperienza alla scuola di grandi scienziati quali Bob Noyce e Gordon Moore.
Dopo poco meno di un anno i coniugi Crippa tornano in Italia. Corre l'anno 1963 e ad attendere Giuseppe in Sgs c'è un nuovo reparto di alcune centinaia di metri quadrati e uno staff di una dozzina di collaboratori affiatati che condivide la visione del loro leader. È con questo nuovo reparto che avvia la produzione dei primi transistori al silicio. Si tratta della prima linea di produzione in Italia ma anche in Europa.
In Sgs Crippa rimane per 35 anni ricoprendo via via nel tempo ruoli sempre più importanti: da responsabile di produzione a responsabile dei processi fino ad arrivare a responsabile della qualità a livello Worldwide.
Se dovessimo riassumere in poche righe la filosofia di Giuseppe Crippa potremmo dire che è un uomo a cui piace fare le cose bene, ma non solo. E’ anche convinto che quando una cosa è fatta bene, si possa sempre farla meglio. Questo è l'atteggiamento che guida la sua continua ricerca di miglioramento dei prodotti e dei processi di produzione. In Sgs, diventata poi la STMicroelectronics, Crippa lavora come se l'azienda fosse sua, senza mai pensare di avviare un'attività per conto proprio.
Dopo pochi mesi trasforma il garage di casa in via Leopardi a Merate in un laboratorio artigianale, e mettendo a frutto le conoscenze maturate nel campo della litografia e dell'elettronica decide di creare la prima azienda di probe cards in Italia: la Technoprobe.
“Io ero in pensione, ma sapevo che mancava questo tipo di apparecchiature. Non si trovavano neppure i materiali per produrle e questo non consentiva di soddisfare le richieste da parte delle aziende italiane. A questo punto mi sono chiesto: perché non cerchiamo di produrle qua? Quando è stato il momento, essendo quello che conosceva di più queste problematiche mi sono messo all'opera. Era una sfida, ma tutto sommato ero abbastanza abituato alle sfide e così è nata la Technoprobe”.
Giuseppe Crippa dorme poco, pochissimo, ma vive quello che per molti è un problema, come una risorsa che gli consente di “non smetter mai di studiare, sperimentare e lavorare con le sue mani”. Quelle stesse mani a cui lo zio Giovanni aveva insegnato anche a raddrizzare i chiodi.
Oggi accanto alla moderna sede di via Cavalieri di Vittorio Veneto, la famiglia Crippa ha messo a disposizione un nuovo edificio industriale trasformato in un hub vaccinale. E Giuseppe Crippa non nasconde la sua soddisfazione per questa scelta.
“Sono contentissimo, è stata una decisione che condivido ogni giorno di più, perché ho avuto modo di rendermi conto che sono tutti contenti, sia chi si vaccina, sia i volontari che garantiscono il servizio d'ordine, sia il personale medico e infermieristico che presta la propria opera. Tutti quelli che hanno potuto rendersi utili in questa impresa sono soddisfatti e questa è la cosa più importante. Sono molto orgoglioso dei miei ragazzi”.
Crippa ha una visione tecnologica del futuro ma resta però con i piedi ben piantati in terra. Perché è la terra, secondo lui, il bene più prezioso... Per questo ha voluto creare un orto sociale in continua espansione accanto all'ormai consolidata azienda.
“La crescita tecnologica ha finito per escludere dal mondo del lavoro un sacco di persone creando un divario sempre maggiore tra chi sa e chi non ha invece potuto apprendere. L'orto vuole essere un'opportunità di lavoro per categorie di persone svantaggiate. E’ un modo per rafforzare, oltre all'inclusione sociale, anche la visione di una ‘azienda aperta a tutti’, nella quale ho sempre creduto. I nostri stessi collaboratori durante la pausa possono beneficiare di una passeggiata nel verde creando così una sorta di unione tra i due mondi… E’ un luogo di aggregazione aperto a chiunque voglia esserne parte”.
È lui in prima persona a prendersi cura dei numerosi faggi, querce e castani messi recentemente a dimora e che formeranno presto un vero e proprio bosco, un polmone verde. Nei progetti c'è anche la realizzazione di una piccola stalla che ospiterà gli asinelli.
Oggi l'attenzione del fondatore di Technoprobe è quindi rivolta in modo particolare verso l’ambiente…
“Ci attende una nuova sfida che è quella di salvare il salvabile, prima che sia troppo tardi. I Comuni non hanno avuto una visione ecologica del territorio e questo avrà certamente delle conseguenze. Oggi il vero obiettivo è quello di produrre senza consumare risorse, rispettando l'ambiente e senza inquinare”.
Ma non solo… Giuseppe Crippa ha in mente un nuovo paradigma.
“La vera scommessa sta nel saper capovolgere il sistema, dovremmo imparare a lavorare e a produrre generando effetti favorevoli all’ambiente”.
Se questo non è un visionario...
Negli anni ’60, a Mountain View in California, Giuseppe Crippa ha visto nascere la Silicon Valley, ora guarda crescere il “suo” bosco urbano su oltre cinquantamila metri quadrati di terreno agricolo.
Nonostante la veneranda età di 86 anni, si aggira per l’azienda, dove le sue intuizioni sono ancora in grado di migliorare i processi produttivi. Sono ormai passati più di trent'anni da quando cuoceva gli ”aghi” delle prime probe cards nel forno della cucina di casa, e nonostante tutta la strada compiuta nel frattempo, a detta sua, non è ancora tempo di fermarsi.
Soprattutto il patron della Technoprobe non ha mai smesso di sognare. Lo si percepisce quando illustra i progetti per l’area agricola adiacente all'azienda - circa sette ettari - destinati a diventare una “foresta”.
Oggi Giuseppe Crippa trascorre le sue giornate dividendosi tra l'azienda e il rigoglioso orto sociale che ha voluto nell'area accanto alla sede. Al suo fianco c'è la moglie Mariarosa Lavelli, insegnante in pensione di quasi dieci anni più giovane e che non fa fatica a tenere il passo di questo uomo, che una ne fa e cento ne pensa.
Ma da dove è arrivato questo personaggio, questo visionario che una volta andato in pensione invece di godersi il meritato riposo si è buttato a capofitto in quella che è sempre stata una sua passione, creando dal nulla un’azienda oggi leader nel mondo?
“Sono nato nel ’35, ricordo che quando ero bambino c'era la guerra... Vivevamo tutti in piazza Strazza a Robbiate, in un grande caseggiato comprato dallo zio Giovanni grazie ai soldi guadagnati lavorando come falegname per la Edison. Era lui l'uomo di riferimento della famiglia. Ricordo che quando suonava la sirena dell'allarme aereo, lui afferrava la cassetta di legno con tutti i suoi averi e correvamo nella buca che avevamo scavato per ripararci. Per alleviare la tensione di quei momenti noi bambini ci eravamo organizzati per distribuire delle specie di caramelline a chi restava nascosto con noi in attesa del cessato allarme. Spesso infatti c'erano anche persone non della famiglia che accorrevano quando il pericolo era imminente…”.Finisce la guerra e l'infanzia di Giuseppe riprende serena, anche se fin da piccolo svolge incarichi di responsabilità. Infatti lo zio Giovanni sceglie lui fra i tanti nipoti come ‘aiutante’, affidandogli compiti all'epoca importanti.
“Dovevo accudire le galline e fare in modo che avessero sempre da mangiare, inoltre dovevo preoccuparmi dell'erba per i conigli. Il giovedì era il giorno del bucato e quindi accendevo il fuoco per scaldare l’acqua. Poi mi prendevo cura delle piante, dell'orto e delle viti sul Monte Robbio”.
Lo zio Giovanni è stato in realtà pef lui un grande maestro.
Giuseppe Crippa con la moglie Mariarosa Lavelli
“Lo zio possedeva una creatività straordinaria aggiunta a una grande manualità e il fatto di essere stato scelto come suo aiutante ha permesso a Giuseppe di imparare tantissime cose - ricorda la moglie Mariarosa - ma soprattutto gli ha insegnato l’arte dell’ingegno e dell’arrangiarsi a fare tutto. Ricordo che costruiva addirittura i carretti e quando in famiglia c'era un lutto era lo zio Giovanni a costruire la bara per il defunto”.
Gli anni passano e il giovane Giuseppe frequenta con profitto la scuola. Si diploma presso l'Istituto Esperia di Bergamo, all'epoca considerato tra i più prestigiosi. Il primo lavoro è alla Breda e quando apprende da un annuncio sul Corriere della Sera che alla Sgs di Agrate stanno cercando dei capi linea, non esita un attimo a presentare domanda.
A 25 anni conosce Mariarosa, lei abita a Bernareggio ed è più giovane di nove anni. I due si fidanzano. Il resto lo fa il destino che come un fulmine a ciel sereno fa precipitare gli eventi.
La Sgs decide infatti di mandare Giuseppe Crippa negli Stati Uniti, alla Fairchild Semiconductor di Mountain View, per apprendere la produzione industrializzata dei transistori NPN, con lo scopo di trasferire successivamente il processo in Italia. Giuseppe ne parla con la futura moglie e insieme decidono di partire. In un mese organizzano il matrimonio e una volta sposati partono per l’America…
Sono gli anni del boom della Silicon Valley e Crippa vive una preziosissima esperienza alla scuola di grandi scienziati quali Bob Noyce e Gordon Moore.
“L’ho considerata una grande prova di fiducia da parte dell'azienda, si trattava di imparare il processo di realizzazione dei transistori al silicio, i primi prodotti al mondo… A Mountain View nessuno però mi mostrava nulla, diciamo che ognuno era geloso delle proprie competenze e quindi ho dovuto un po' ‘rubare l’arte’. Ad un certo punto mi chiesero di lavorare durante il turno di notte… In un primo momento la cosa non mi aveva entusiasmato ma presto mi accorsi che in questo modo avevo maggiori possibilità di imparare e quindi di fatto quella decisione facilitò il mio compito”.
Giuseppe Crippa a Mountain View in California nel 1962
Dopo poco meno di un anno i coniugi Crippa tornano in Italia. Corre l'anno 1963 e ad attendere Giuseppe in Sgs c'è un nuovo reparto di alcune centinaia di metri quadrati e uno staff di una dozzina di collaboratori affiatati che condivide la visione del loro leader. È con questo nuovo reparto che avvia la produzione dei primi transistori al silicio. Si tratta della prima linea di produzione in Italia ma anche in Europa.
In Sgs Crippa rimane per 35 anni ricoprendo via via nel tempo ruoli sempre più importanti: da responsabile di produzione a responsabile dei processi fino ad arrivare a responsabile della qualità a livello Worldwide.
Se dovessimo riassumere in poche righe la filosofia di Giuseppe Crippa potremmo dire che è un uomo a cui piace fare le cose bene, ma non solo. E’ anche convinto che quando una cosa è fatta bene, si possa sempre farla meglio. Questo è l'atteggiamento che guida la sua continua ricerca di miglioramento dei prodotti e dei processi di produzione. In Sgs, diventata poi la STMicroelectronics, Crippa lavora come se l'azienda fosse sua, senza mai pensare di avviare un'attività per conto proprio.
Nel 1995 arriva la pensione e per Giuseppe Crippa si conclude l’esperienza in ST, ma non resta a lungo con le mani in mano.
I fratelli Roberto e Cristiano con il papà Giuseppe
Dopo pochi mesi trasforma il garage di casa in via Leopardi a Merate in un laboratorio artigianale, e mettendo a frutto le conoscenze maturate nel campo della litografia e dell'elettronica decide di creare la prima azienda di probe cards in Italia: la Technoprobe.
“Io ero in pensione, ma sapevo che mancava questo tipo di apparecchiature. Non si trovavano neppure i materiali per produrle e questo non consentiva di soddisfare le richieste da parte delle aziende italiane. A questo punto mi sono chiesto: perché non cerchiamo di produrle qua? Quando è stato il momento, essendo quello che conosceva di più queste problematiche mi sono messo all'opera. Era una sfida, ma tutto sommato ero abbastanza abituato alle sfide e così è nata la Technoprobe”.
L’azienda si sviluppa e cresce a vista d'occhio, così ben presto servono nuovi spazi e l'attività viene trasferita in una nuova sede a Cernusco Lombardone. L'ingresso in azienda dei figli Cristiano prima (a cui tutti riconoscono il merito di aver aperto il mercato asiatico) e Roberto poi (che ha assunto in azienda il ruolo operativo), assieme all'arrivo del nipote Stefano Felici di Bernareggio (che attualmente vive in America ed è a capo dell'area degli Stati Uniti oltre che essere Presidente di Technoprobe), ha consentito all'impresa di diventare una grande multinazionale con oltre 1600 dipendenti, e di chiudere il bilancio 2020 con un fatturato di 377 milioni di dollari.
L'azienda di Cernusco
Giuseppe Crippa dorme poco, pochissimo, ma vive quello che per molti è un problema, come una risorsa che gli consente di “non smetter mai di studiare, sperimentare e lavorare con le sue mani”. Quelle stesse mani a cui lo zio Giovanni aveva insegnato anche a raddrizzare i chiodi.
Oggi accanto alla moderna sede di via Cavalieri di Vittorio Veneto, la famiglia Crippa ha messo a disposizione un nuovo edificio industriale trasformato in un hub vaccinale. E Giuseppe Crippa non nasconde la sua soddisfazione per questa scelta.
“Sono contentissimo, è stata una decisione che condivido ogni giorno di più, perché ho avuto modo di rendermi conto che sono tutti contenti, sia chi si vaccina, sia i volontari che garantiscono il servizio d'ordine, sia il personale medico e infermieristico che presta la propria opera. Tutti quelli che hanno potuto rendersi utili in questa impresa sono soddisfatti e questa è la cosa più importante. Sono molto orgoglioso dei miei ragazzi”.
Crippa ha una visione tecnologica del futuro ma resta però con i piedi ben piantati in terra. Perché è la terra, secondo lui, il bene più prezioso... Per questo ha voluto creare un orto sociale in continua espansione accanto all'ormai consolidata azienda.
“La crescita tecnologica ha finito per escludere dal mondo del lavoro un sacco di persone creando un divario sempre maggiore tra chi sa e chi non ha invece potuto apprendere. L'orto vuole essere un'opportunità di lavoro per categorie di persone svantaggiate. E’ un modo per rafforzare, oltre all'inclusione sociale, anche la visione di una ‘azienda aperta a tutti’, nella quale ho sempre creduto. I nostri stessi collaboratori durante la pausa possono beneficiare di una passeggiata nel verde creando così una sorta di unione tra i due mondi… E’ un luogo di aggregazione aperto a chiunque voglia esserne parte”.
È lui in prima persona a prendersi cura dei numerosi faggi, querce e castani messi recentemente a dimora e che formeranno presto un vero e proprio bosco, un polmone verde. Nei progetti c'è anche la realizzazione di una piccola stalla che ospiterà gli asinelli.
Oggi l'attenzione del fondatore di Technoprobe è quindi rivolta in modo particolare verso l’ambiente…
“Ci attende una nuova sfida che è quella di salvare il salvabile, prima che sia troppo tardi. I Comuni non hanno avuto una visione ecologica del territorio e questo avrà certamente delle conseguenze. Oggi il vero obiettivo è quello di produrre senza consumare risorse, rispettando l'ambiente e senza inquinare”.
Ma non solo… Giuseppe Crippa ha in mente un nuovo paradigma.
“La vera scommessa sta nel saper capovolgere il sistema, dovremmo imparare a lavorare e a produrre generando effetti favorevoli all’ambiente”.
Se questo non è un visionario...
Angelo Baiguini