Olgiate: a processo per molestie è assolto. Il motivo? Ha usato i messaggi 'WhatsApp'
Il processo si è giocato tutto a livello “teorico”. Ma nella pratica quest'oggi, rifacendosi a una sentenza analoga della Corte di Cassazione, il giudice monocratico Nora Lisa Passoni ha assolto un uomo accusato di molestie nei confronti della ex per... aver usato WhatsApp anziché importunarla con telefonate. “Il fatto non sussiste” ha così stabilito, affermando che la vittima avrebbe potuto sottrarsi al pressing dell'imputato semplicemente “bloccandolo” attraverso le impostazioni proprie dell'applicazione, senza veder compromessa la propria “libertà” come invece avrebbe comportato la scelta di spegnere lo smartphone per impedire l'entrata di chiamate effettuate con numero anonimo e dunque non “filtrabile”.
Al centro del procedimento i messaggini spediti da un uomo residente nel varesotto a una donna di Olgiate Molgora con la quale aveva intrattenuto una relazione affettiva.
Rifacendosi al capo d'imputazione che parlava espressamente di molestie consistite in ingiurie e minacce, il difensore dell'imputato – l'avvocato Sergio Colombo – aveva chiesto lo “spacchettamento” del reato e l'assoluzione del proprio assistito essendo la prima fattispecie depenalizzata e la seconda procedibile solo a querela (e nel caso specifico manca). Stessa conclusione di fatto anche per la rappresentante della pubblica accusa – il vpo Caterina Scarselli – arrivata però al punto per altra via ovvero suggerendo la riqualificazione da molestie alla fattispecie più grave di atti persecutori, procedibili anche in quel caso a querela.
Ancor più preliminare, però, la valutazione del giudice, con l'interessante motivazione spiegata a voce direttamente in Aula.
Al centro del procedimento i messaggini spediti da un uomo residente nel varesotto a una donna di Olgiate Molgora con la quale aveva intrattenuto una relazione affettiva.
Rifacendosi al capo d'imputazione che parlava espressamente di molestie consistite in ingiurie e minacce, il difensore dell'imputato – l'avvocato Sergio Colombo – aveva chiesto lo “spacchettamento” del reato e l'assoluzione del proprio assistito essendo la prima fattispecie depenalizzata e la seconda procedibile solo a querela (e nel caso specifico manca). Stessa conclusione di fatto anche per la rappresentante della pubblica accusa – il vpo Caterina Scarselli – arrivata però al punto per altra via ovvero suggerendo la riqualificazione da molestie alla fattispecie più grave di atti persecutori, procedibili anche in quel caso a querela.
Ancor più preliminare, però, la valutazione del giudice, con l'interessante motivazione spiegata a voce direttamente in Aula.
A. M.