Merate: medaglia d'onore a Romano Bonfanti, classe 1923, militare deportato nel campo di concentramento in Germania

Tra le 41 medaglie d'onore conferite alla memoria di cittadini lecchesi, militari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti c'è anche quella per un meratese, Romano Bonfanti, classe 1923 nativo di Mondonico morto il 2 maggio del 1974 a causa delle condizioni di salute ormai precarie dopo quanto patito in guerra.

Romano Bonfanti

Romano Bonfanti faceva parte del terzo genio pontieri di Pavia ed era un aggregato al distretto militare di stanza a Varese. A seguito dell'armistizio dell'8 settembre 1943 era tornato a casa e poi si era dato alla macchia con altri soldati. Alla caserma carabinieri di Brivio era arrivata una "soffiata" della sua presenza e così i militari si erano presentati nell'abitazione di famiglia. Non trovandolo avevano arrestato il papà e un fratello. Era l'inizio del 1944.
Saputo di quanto accaduto ai congiunti, Romano si era visto costretto a scendere alle montagne e a costituirsi alle autorità così da consentire la liberazione di papà e fratello.
Arrestato, era stato condotto dai carabinieri al comando militare di Como e da qui alla stazione della Bicocca di Milano. Salito su un convoglio con centinaia di altri soldati come lui fu inviato nel campo di concentramento, o di lavoro come veniva mascherato, di Hannover in Germania.
Internato nel campo 11B, gli fu assegnato il numero di matricola 50666.
Le condizioni dei deportati erano terribili. Romano fu assegnato come operaio alle riparazioni dei cavi telegrafici che costeggiavano le strade. Il freddo e la fame sfibravano i loro corpi e il pensiero delle famiglie a casa e di un ritorno che sembrava impossibile, logorava le loro menti.
Non c'era nemmeno un pasto al giorno e mangiavano quando potevano, accontentandosi del poco che gli veniva dato. Dopo la liberazione il 25 agosto del 1945 era rimpatriato e si era presentato al centro alloggio di Pescantina Verona per poi tornare a casa.

A destra Romano con la moglie Luigia in una foto del maggio 1948 a Madonna del bosco

Sbandato come tutti i reduci tornati dai campi di concentramento, con il morale a pezzi, la salute precaria, aveva contratto la tubercolosi. Già fidanzato con quella che poi divenne sua moglie, Luigia Viscardi, si era dovuto curare con diverse degenze negli ospedali del nord Italia, da Sondalo a Camerlata. Nel 1974, quando suo figlio Pierluigi aveva solo 13 anni, era morto.
Quest'oggi nel giorno in cui si festeggia la Repubblica, gli verrà conferita la medaglia d'onore per il sacrificio speso a fronte di terribili angherie subite nel campo di concentramento. La cerimonia vera e propria con la consegna al figlio Pierluigi si svolgerà nelle prossime settimane.

S.V.
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