Retesalute: tutti per uno e ognuno per sé
Simona Milani, storica direttrice di Retesalute, dimessasi dell’azienda ha trovato casa – adeguatamente preparata dal sindaco Galbiati – a Casatenovo in qualità di responsabile dei servizi alla persona. Laura Mattiello, direttrice amministrativa di Retesalute ha presentato le dimissioni e lascerà a fine mese (e già si dice che la contabilità sarà affidata a un commercialista esterno, come dire un motore – i liquidatori – senza albero di trasmissione con l’azienda). Infine, una figura, definita dagli addetti ai lavori di “grande competenza” già candidata quale responsabile dell’Ufficio di Piano, oggi dipendente di Retesalute, entrerà nello staff dei servizi sociali del comune di Merate.
E, per non farci mancare nulla, l’assemblea dei sindaci, forse neppure accorgendosene ha approvato la liquidazione della società affidando le esequie a tre liquidatori che nel budget 2021 avrebbero dovuto costare 70 mila euro e invece ne costeranno 140mila come da delibera approvata dai soci. Cioè gli stessi sindaci.
Una insofferenza verso Retesalute e così tanta superficialità da rifiutarsi di approvare almeno i bilanci 2018 e 2019, ormai asseverati dal revisore, non sorprende.
Ormai nulla sorprende con questa classe dirigente – si fa per dire – che guida i comuni. Da Mario Gallina e Dario Perego a Massimo Panzeri il passo è spaventosamente lungo.
Un altro presidente dell’assemblea dei soci avrebbe fatto prima approvare i progetti di bilancio 2018 e 2019, poi in rapida successione il budget 2021 e il consuntivo 2020 che chiude con un utile di 82mila euro. Ciò significa che l’adeguamento delle tariffe – solo Renatone di Viganò sostiene il contrario – era indispensabile per riportare l’equilibrio finanziario. Pensate a una banca che deve finanziare un’azienda la quale non è in grado di consegnare gli ultimi tre bilanci. Chi fa imprenditoria capisce bene che cosa vogliamo dire.
C’è un patrimonio negativo di circa 3,2 milioni, è vero.
Ma quasi tutti i comuni soci hanno accantonato la quota parte a copertura del debito e ora, con una diversa gestione e una maggiore consapevolezza che i servizi si pagano al costo finito con un 5% in più di riserva, l’azienda avrebbe potuto affrontare la sfida futura.
Invece, sulla spinta dei segretari comunali che non intendono assumersi la benché minima responsabilità rispetto a una remotissima azione erariale, l’assemblea ha deciso di chiudere con questa Retesalute.
E per una volta è tornato l’asse Merate-Casatenovo. Gli stessi due comuni che, come scritto in testa a queste note, si sono messi al riparo assicurandosi personale in grado di gestire i servizi alla persona.
Sono stati bravi, ieri sera Galbiati e Panzeri, con interventi univoci come mai in passato, quasi lacrimando per l’inevitabile scelta ma sicuri che stando tutti uniti Retesalute tornerà a navigare meglio di prima.
Intanto però i marinari migliori se li sono assunti loro. E gli altri si arrangino.
E, per non farci mancare nulla, l’assemblea dei sindaci, forse neppure accorgendosene ha approvato la liquidazione della società affidando le esequie a tre liquidatori che nel budget 2021 avrebbero dovuto costare 70 mila euro e invece ne costeranno 140mila come da delibera approvata dai soci. Cioè gli stessi sindaci.
Una insofferenza verso Retesalute e così tanta superficialità da rifiutarsi di approvare almeno i bilanci 2018 e 2019, ormai asseverati dal revisore, non sorprende.
Ormai nulla sorprende con questa classe dirigente – si fa per dire – che guida i comuni. Da Mario Gallina e Dario Perego a Massimo Panzeri il passo è spaventosamente lungo.
Un altro presidente dell’assemblea dei soci avrebbe fatto prima approvare i progetti di bilancio 2018 e 2019, poi in rapida successione il budget 2021 e il consuntivo 2020 che chiude con un utile di 82mila euro. Ciò significa che l’adeguamento delle tariffe – solo Renatone di Viganò sostiene il contrario – era indispensabile per riportare l’equilibrio finanziario. Pensate a una banca che deve finanziare un’azienda la quale non è in grado di consegnare gli ultimi tre bilanci. Chi fa imprenditoria capisce bene che cosa vogliamo dire.
C’è un patrimonio negativo di circa 3,2 milioni, è vero.
Ma quasi tutti i comuni soci hanno accantonato la quota parte a copertura del debito e ora, con una diversa gestione e una maggiore consapevolezza che i servizi si pagano al costo finito con un 5% in più di riserva, l’azienda avrebbe potuto affrontare la sfida futura.
Invece, sulla spinta dei segretari comunali che non intendono assumersi la benché minima responsabilità rispetto a una remotissima azione erariale, l’assemblea ha deciso di chiudere con questa Retesalute.
E per una volta è tornato l’asse Merate-Casatenovo. Gli stessi due comuni che, come scritto in testa a queste note, si sono messi al riparo assicurandosi personale in grado di gestire i servizi alla persona.
Sono stati bravi, ieri sera Galbiati e Panzeri, con interventi univoci come mai in passato, quasi lacrimando per l’inevitabile scelta ma sicuri che stando tutti uniti Retesalute tornerà a navigare meglio di prima.
Intanto però i marinari migliori se li sono assunti loro. E gli altri si arrangino.
Claudio Brambilla