Contrapporre la responsabilità individuale a quella collettiva è un errore. Così si induce a che confondere l'io dal noi, l'io dall'altro.
In un bel libro, Primo Levi, "La chiave a stella", cerca di offrire delle chiavi di lettura della tecnologia, della scienza: dall'operaio al medico, dal camionista al fisico coniugando conoscenza scientifica e tecnologica con quella letteraria.
Questa chiave a stella questa mattina, mentre facevo il solito footing, mi è caduta sul piede, un uomo come me, come tanti diceva che il vaccino, contro il cazzuto virus, deve essere personalizzato, non fa effetto perché è standardizzato, perché non siamo tutti uguali, siamo diversi.
La prima risposta banale è stata quella di vaccinarsi. La caduta della chiave inglese sul piede mi richiamava qualcosa; per anni sono stato a contatto con la malattia, in particolare con l'HIV e i suoi pregiudizi. Così mi sono messo a camminare con lui, cercando di spiegare con semplicità che la mia cellula è uguale alla sua, che il virus contamina la cellula, che il virus altera la sequenza: come se il suo nome o il mio, modificando la posizione delle lettere, venissero scomposti e ricomposti. Mano diventa onam e via di seguito. E che non è possibile avere un vaccino personalizzato, anzi, è necessario che sia standardizzato per essere somministrato a tutti. Dopo qualche altra semplice comparazione, confidando nella affidabilità che mi attribuiva, mi convinsi che si sarebbe fidato del vaccino. Poi, ci siamo salutati.
A parte la banale e strampalata spiegazione, lungo il corso dell'Adda, sotto il ciclopide occhio di Alessandro Manzoni, mi sono convinto ulteriormente che una comunicazione chiara, comprensibile è indispensabile per aiutare a organizzare un semplice ragionamento propositivo costruttivo: una decisione si fonda sull'informazione immagazzinata, su quella di breve termine, sul pregiudizio e sul vissuto.
Decidere è il frutto di un processo mentale che coinvolge più aspetti: l'influenzamento, il livello culturale, ma, in particolare, la suggestione svolge una funzione determinante, tanto da indurre malattie immaginarie che Moliére non si sarebbe mai sognato. La suggestione è in grado di alterare l'equilibrio del sonno, della temperatura, della sudorazione, della vista e di mille altri aspetti.
Le risposte che circolano invece sono bipolari: efficacia/inefficacia, chiusura/apertura, favorevoli/contrari, complottisti/realisti, negazionisti/giustificazionisti. Prevale un messaggio paranoideo, direbbe qualche psicoanalista, è una comunicazione erronea che non aiuta a scegliere.
L'altra grande spada di Damocle è quella riguardante la Legge.
Non solo. La pandemia ha "liberalizzato" il fantasma punitivo, regolativo, sanzionatorio della legge. E questo rischia di piegare la legge alla biopolitica, al biopotere (Michel Foucault) evocando oscure ombre: la legge al posto di regolare, organizzare il convivere civile delle individualità rischia di trasformarsi in controllo.
Si opera una biologizzazione del politico: ecologia, ambiente, medicalizzazione della vita (star bene/curare), mito della crescita, prolungamento della vita, invecchiamento, maternità e paternità si impongono come elementi decisivi dell'esercizio del potere.
Anche il richiamo alla responsabilità individuale è posto in contrapposizione alla responsabilità collettiva, eppure l'uno implica l'altro e non ci può essere separazione: anche questo è un messaggio che confonde l'io dal noi, l'io dall'altro.