Merate: Rue Royale Diana srl, a fine anno il processo per ''bancarotta fraudolenta''
Si aprirà formalmente il prossimo 16 dicembre il processo per bancarotta fraudolenta intentato nei confronti di Jeder Giulio Alacchi, classe 1979, quale amministratore della Rue Royal Diana, la società subentrata nel 2011 alla storica "Diana" della famiglia Bechis, produttrice di costumi da bagno, anche di livello, tanto da essere indossati da nuotatori nazionali e internazionali, nelle più importanti competizione in vasca, fino al tracollo e al definitivo fallimento decretato nel 2017 dal Tribunale di Lecco, mettendo poi all'asta il marchio, più recentemente acquisito da altro noto brand del settore. Già uscito di scena, patteggiando, un altro imputato - Fulvio Pavanati - indicato dalla Procura quale amministratore di diritto e di fatto dell'impresa che aveva sede legale in via Franchetti a Milano e unità locale operativa in via Calendone 2 a Olgiate Molgora, dove era stata trasferita la produzione dopo la chiusura del vecchio stabilimento adiacente al Parco delle Piramidi di Merate. Velocissima l'udienza odierna, al cospetto del collegio giudicante del Tribunale di Lecco presieduto dal dr. Enrico Manzi con a latere le colleghe Nora Lisa Passoni e Martina Barazzetta. Assente l'imputato, che non parrebbe nemmeno essere in collegamento con il suo difensore, l'avvocato Roberto Corbetta. Ammesse le parti - con la pubblica accusa sostenuta dal Pm Paolo Del Grosso e la parte civile rappresentata dall'avvocato Rosanna Pontieri - la causa è stata aggiornata a fine anno.
Alacchi da quanto è stato possibile apprendere, con il "cuore" delle accuse che meglio saranno dettagliate alla prossima udienza, con la deposizione del curatore fallimentare, risponde di una supposta distrazione che si sarebbe consumata nel 2016 mediante la sottoscrizione di un contratto d'affitto - per 48.000 euro annui - a una società che non avrebbe però versato il dovuto nonchè della non corretta tenuta delle scritture.
Alacchi da quanto è stato possibile apprendere, con il "cuore" delle accuse che meglio saranno dettagliate alla prossima udienza, con la deposizione del curatore fallimentare, risponde di una supposta distrazione che si sarebbe consumata nel 2016 mediante la sottoscrizione di un contratto d'affitto - per 48.000 euro annui - a una società che non avrebbe però versato il dovuto nonchè della non corretta tenuta delle scritture.