25 Aprile: in memoria di mia madre che chiusa nella stanza piangeva il fratello morto a Mauthausen
Ho conosciuto partigiani, deportati, ho sentito le loro storie, ho scritto un testo. Il 25 aprile lo sento sulla pelle, lo ascolto nelle vene, prima ancora di essere un fatto coscienziale, concettuale e storico.
L'ho scoperto da bambino, tra le mura di casa, nel silenzio della tristezza di mia madre. In quella data mia madre, donna luminosa, solare, positiva come le donne che provengono dalla montagna costrette a confrontarsi con le increspature della natura, capaci di adattarsi alla vita misera dei monti e di quegli anni.
Mia madre diventava triste, si appartava, cercava di nascondersi, di mascherare il suo malessere. Si recava in camera a guardare il ritratto del fratello morto. Morto in Germania, sepolto nel piccolo cimitero nascosto tra i campi di grano a Mauthausen. E' un piccolo cimitero lontano dal Campo di Concentramento, è vicino alla stazione, dove erano scaricati i deportati.
Chiedeva soltanto di essere lasciata un po' in pace. Diceva che in quel giorno ricorreva la morte di suo fratello. Morto in tempo di guerra. Basta.
Non si è mai saputa la data della morte. Il 25 aprile era il giorno della ricorrenza: le lacrime segrete inseminavano le cesure degli zigomi di mia madre.
Il dolore, la sofferenza sono stati sempre costuditi. La foto dominava la scena della sua stanza, nessuno la toccava ma la guardava. Rare volte parlava del fratello, solo in determinate situazioni familiari, per rilevare l'incomprensione e il conflitto che si era creato all'interno di quella famiglia contadina incapace di ascoltare il desiderio emancipativo del fratello/figlio che desiderava lasciare i monti e apprendere una professione di meccanico.
Quando fu chiamato alla leva, chiese di essere messo nelle condizioni di lavorare, accettando di andare in Germania. Si trovò prigioniero.
L'estate scorsa, nel cercare delle fotografie degli anni cinquanta in bianco e nero archiviate da mio padre, ho trovato, con mia sorpresa, una cartolina del fratello della mamma scritta con il pennino.
«Bolzano, 1943. Alla famiglia, alla Signorina... Carissima sorella, dopo tante tue cartoline che ho ricevuto, ora ti mando queste due misere righe. Dicendoti del mio buon stato di salute, come spero anche di te e di tutta la famiglia. Ora mi trovo malcontento di voi tutti che non siete capaci di scrivere. Bisogna aspettare sempre una quindicina di giorni. E ora scrivete che attendo con piacere, ma se attendete di fare ... (non si capisce) anch'io cambio, e ho piacere di sentirvi, perché noi da un giorno all'altro siamo sicuri di partire. Cara sorella, i miei più cari saluti e auguri. Vi ricordo sempre, tuo affettuoso fratello B.».
La sottolineatura, la cancellatura 'Alla famiglia' evidenzia il conflitto profondo che lui stava vivendo con i genitori, ma, allo stesso tempo, sentiva il bisogno di esprimere un sentimento di vicinanza, di affetto. Ripete più volte 'piacere'. Avvisa sua sorella che forse quella è l'ultima cartolina, le chiede di scriverle, di salutare i genitori, anche se non li nomina. Sa che deve partire, percepisce che qualcosa di infausto e nefasto accadrà:" Vi ricordo sempre, tuo affettuoso Fratello B.".
Sentiva l'odore della morte, che il fiore nero l'avrebbe raggiunto. Pare, si sussurra che morì per polmonite, dopo essere stato bastonato. Non so cosa sia successo. Tante cose sono ancora oscure. Ci sono dei pezzi della storiografia ancora lasciti nell'angolo, come questi operai-militari usati e condannati.
Come lui, tanti altri. Per molti anni c'è stata una rimozione. Nelle scuole solo con la nuova generazione di insegnanti degli anni settanta si è parlato di resistenza, di guerra civile. Solo allora i partigiani sono stati invitati a raccontare la loro storia. Per anni è stato teso un velo, come quello degli esuli istriani, oppure come il genocidio degli armeni. Le testimonianze sono diventate indicative con Fenoglio, Levi, Rigoni Stern, Revelli, Segre... altri.
Rigoni Stern:"La memoria è necessaria, dobbiamo ricordare perché le cose che si dimenticano possono ritornare..."