Ospedale: è venuto meno il confronto con la Direzione. Ora vige il qui comando io

“Ospedale di Merate: se tutto va bene chiude”. Era il  provocatorio titolo di apertura di oltre vent'anni fa del settimanale cittadino, che allora dirigevo. Erano gli anni in cui a causa della riforma sanitaria regionale, il San Leopoldo Mandic perdeva la sua autonomia aziendale e operativa, entrando a far parte dell'orbita dell'Azienda sanitaria di Lecco, in cui gravitano tutt'oggi il Manzoni, il Mandic appunto e l'ospedale di Bellano.
Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, come sono passati numerosi direttori generali nominati, nella peggior tradizione, in base a spartizioni politiche ed equilibri di partito, senza tener conto delle capacità manageriali, degli interessi del territorio e dei cittadini che ci vivono. Dal dottor Rotasperti al dottor Caltagirone, passando dal dottor Bertoglio per arrivare al dottor Lovisari, alla dottoressa Panizzoli fino al dottor Manfredi… Dirigenti che durante il loro mandato hanno sempre avuto un vivace e serrato confronto con i rappresentanti del territorio, ma anche con i media locali. Non sono certo mancati momenti di tensione, sfociati anche con dure prese di posizione da parte dei sindaci ma anche dei cittadini. Il territorio ha sempre difeso con vigore il proprio ospedale e i professionisti che ci lavorano.
Che nulla sarebbe stato più come prima con l'arrivo del dottor Paolo Favini, ce ne siamo accorti tutti fin da subito.
In tutti questi anni non è stato possibile instaurare un confronto franco, ma è sempre prevalsa la linea del “qui comando io”, sia con i dipendenti dell’Azienda, un patrimonio umano che rappresenta il vero valore di una struttura sanitaria, che con i sindaci del territorio. Non parliamo della stampa, soprattutto quella non incline al “signor sì”.
Basta tornare al gennaio del 2019 per rendersi conto di quanto i fatti divergano dalle parole. I sindaci Andrea Massironi di Merate e Filippo Galbiati di Casatenovo al termine di un incontro con il direttore Favini avevano sottoscritto un lungo comunicato congiunto, relativamente al futuro del Mandic, tutto “rose e fiori”. Tra i vari proclami vi si leggeva: “Rassicurati dalla dettagliata relazione esposta dal Direttore Favini sugli interventi effettuati a favore dell'ospedale Mandic, i sindaci hanno ribadito che è interesse del territorio condividere con la direzione dell’Asst di Lecco uno spazio di reciproco ascolto e hanno quindi chiesto al Direttore Favini di poter essere informati per tempo in caso di scelte strategiche impattanti per il nosocomio brianzolo, concordando inoltre sulla possibilità di incontrarsi per discutere insieme di questioni di particolare rilevanza per l'ospedale e il territorio meratese. E’ stata inoltre chiesta la disponibilità alla direzione strategica dell’Asst di Lecco di partecipare alle assemblee dell'Ambito nel caso in cui venissero trattati temi di specifico interesse”.
Rileggendo oggi quelle parole è evidente che quella dei due primi cittadini rappresentò un’imperdonabile ingenuità, vittime loro malgrado di una clamorosa presa in giro.
Come abbiamo già avuto modi di scrivere, da allora alcune cose sono cambiate. Ad esempio il sindaco di Merate è Massimo Panzeri e non più Andrea Massironi, con tutto quello che questo ha comportato.
Del resto lo stesso dg Mauro Lovisari, una volta lasciato l'incarico, scrisse in un suo intervento quali erano i punti sui quali il Direttore generale dell’Asst di Lecco avrebbe dovuto focalizzare il proprio impegno.
“Un compito essenziale, per il dottor Manfredi, sarà quello di stabilire chi fa che cosa, fra gli Ospedali di Lecco e Merate, visti gli investimenti effettuati nelle singole strutture e le risorse umane di qualità presenti nei due presidi. A mio avviso, come ho sempre sostenuto, non si tratta di fare scelte affettive, ma di determinare scelte non concorrenziali ma integrative, premiando le professionalità presenti e rinforzando le specialità attrattive, che possono contrastare la mobilità passiva.
In particolare per Merate, la cosa giusta sembra essere quella di chiudere con la "querelle" Pneumologia, portando l'acuzie al Mandic, con la riabilitazione specialistica respiratoria (che giustifica la scelta dipartimentale dell'Area Medica attuata nel 2012) e che potrebbe risolvere nel contempo anche le esigenze del Reparto di Cardiologia post Unità Coronaria. Ancora, si potrebbe studiare un rafforzamento complessivo dell'Area Chirurgica, trovando soluzioni per rispondere alle grandi capacità della Chirurgia Generale, di quella Pediatrica e di quella Ginecologica”.
Ironia della sorte, sono state le tre aree mediche più penalizzate, per non dire altro, in questi ultimi anni. Merito di una strategia che ha come obiettivo quello di “dissanguare” il Mandic.
Ora la questione è però tornata di grande attualità, grazie a chi lavora al Mandic, a chi crede ancora nel nostro ospedale che ha trovato il coraggio di mettere nero su bianco le magagne e le situazioni spinose che sta vivendo l'ospedale cittadino e chi ci lavora.  Ora ci vuol ben altro che un superficiale comunicato stampa per mettere a tacere i malumori. E’ saltato il coperchio e tutto lascia intendere che questo sia solo all'inizio.
Tutto ciò, in un momento in cui le strutture e ovviamente gli operatori sanitari devono fare i conti con l'emergenza Covid. Segno che la misura è ormai colma.
Le richieste ai vertici della Regione da parte degli operatori della sanità sono puntuali e precise. Come le garanzie chieste ai sindaci del territorio, un vero e proprio invito a combattere gli uni accanto agli altri questa battaglia, insieme: operatori sanitari e amministratori locali. Con il sostegno di tutti i cittadini del Meratese e Casatese che questo ospedale lo hanno voluto e difeso.  Noi, per quanto ci riguarda, siamo già in trincea.
Angelo Baiguini
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.