Si torna a parlare di ‘ndrangheta’. Comuni e provincia sono assenti demandano al Prefetto. Così la malavita prospera da decenni

In questi giorni, oltre alla questione massacrante, pesante riguardante il malfunzionamento della sanità per i vaccini, per l'isolamento degli anziani nelle RSA, per il triste bollettino dei morti, alle cinque di mattino, si è stati svegliati per un'operazione in grande stile dal suono dell'elicottero della Guardia di Finanza: in cielo non solo tenue nuvole, luci primaverili ma pale di elicottero che ruotavano; si è capito subito che non era per un incidente di montagna. L'orecchio ormai sa distinguere.
Ciclicamente sulla scena ricompare, come se fosse per caso, la 'ndrangheta: scattano manette, attività commerciali vengono chiuse, compaiono chili di droga e incensurati vengono interrogati per sospetto di attività illegali.
Sono fatti, crepe profonde di questo tessuto sociale, economico che evidenziano che c'è un'economia sommersa sporca e criminosa: l'evasione fiscale a confronto è un pannicello caldo.
Tutto questa dopo qualche giorno di cronaca scompare perché parlarne nuoce gravemente alla salute e all'immagine di questo bel territorio tra acque e monti.
Invece è dagli anni settanta che la 'ndrangheta e non solo in continuazione tesse la sua azione. In questi ultimi anni c'è stato il caso Metastasi, la vicenda che del consigliere del Pd e non solo a  Lecco, la condanna del ex sindaco di Valmadrera, la vicenda Perego, adesso quella di Malgrate, della Valletta.
La provincia di Lecco da decenni è una costellazione di spaccio che va da Colico a Lomagna, da Lecco a Casatenovo, dal lago alla Valsassina: nulla di nuovo sotto le guglie della Grigna e delle verdi colline della Brianza. Sono cose che si sanno.
La stessa cosa è per il mercato dell'usura, del trasporto di inerTi, di materiale illecito e degli appalti.
Insieme ad una economia sana, produttiva, onesta, c'è un'economia drogata, illecita, criminosa: non è oro tutto quello che luccica.
Questa è la realtà, piaccia o non piaccia. Su tutto questo i politici locali, i comuni, la Provincia sono assenti, demandano tutto al Prefetto, ritengono che questo pezzo di realtà, riguardante la sicurezza e l'economia legale, sia di competenza di un'altra istituzione.
I politici locali si fanno sentire quando ci sono per strada quattro disagiati, quattro delinquenti di strada che turbano il decoro della città, allora si risvegliano e si mettono a strillare al lupo. Non si pongono la domanda di come mai una serie di attività commerciali aprono e chiudono con troppa facilità. No, dicono che è il dinamismo del mercato con la sua instabilità, che è la mancanza di professionalità degli operatori che rischiano senza avere delle competenze. Ci sono sempre delle giustificazioni.
Loro sono interessati solo dalla piccola criminalità di strada, che è sempre, per definizione pericolosa e disturbante, ma a confronto con la criminalità economica, una volta si sarebbe detto dei colletti bianchi, è uno starnuto.
In questo territorio girano milioni di euro prodotti dal commercio di sostanza. La sostanza non la sniffa soltanto quello che sta sotto l'angolo di casa un po' rincoglionito. La questione è più complessa, pericolosa e i politici locali di vario grado evitano di toccare il tasto, sono capaci   soltanto di evocare i monumenti alla memoria requisita alla mafia.
Basta recuperare i vari programmi elettorali per accorgersi che non compaiono politiche strategiche nei confronti dell'economia malata di questo territorio, si accennano principi generici, richiami moralistici. ma non si può pretendere. Gli affari illegali nei periodi di crisi si fanno meglio.
Dr. Enrico Magni
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