Mandic: un anno fa la colonna di 12 ambulanze in attesa al PS. Oggi un presidio ancora Covid con attività 'rallentate'


Alcune immagini del 10 marzo 2020


Erano le prime ore di martedì 10 marzo 2020 e il piazzale del pronto soccorso del san Leopoldo Mandic si andava riempiendo pian piano di ambulanze con a bordo pazienti in attesa di essere ricoverati perchè contagiati dal coronavirus (CLICCA QUI). Un'atmosfera terribile quella che si respirava, un silenzio surreale rotto solamente dai motori dei mezzi che entravano nei confini del presidio e si mettevano in attesa, in fila uno dietro l'altro, con il personale infermieristico e volontario che faceva la spola da un'ambulanza all'altra per verificare le condizioni dei trasportati.




Uomini e donne bardati da capo a piedi con calzari, camici, guanti, mascherine e schermi allora introvabili che tentavano di arrivare un po' dappertutto e cercavano probabilmente anche le risposte al loro affannarsi, andando con la memoria ai libri sui quali per tanti anni avevano sudato leggendo solo la parola "pandemia" ma di certo non pensando di doverla mai toccare con mano.
Mantova, Boltiere, Lomazzo. I pazienti di altre province della Lombardia, i cui ospedali saturi non erano più in grado di reggere la pressione, venivano dirottati a Merate, presidio convertito a degenza Covid con reparti chiusi e personale arruolato per assistere questi malati.




Si era all'inizio della pandemia eppure i volti di tanti medici e infermieri erano già un misto di stanchezza e di terrore per quello che nelle corsie stava avvenendo e che nel giro di quale settimana si sarebbe poi manifestato in tutta la sua drammaticità e crudezza.
Da oltreoceano il New York Times aveva raccontato l'Italia ai tempi del coronavirus (CLICCA QUI) proprio con il filmato di Merateonline delle ambulanze in attesa sul piazzale del PS e una tv giapponese ha utilizzato le medesime immagini per un documentario.

 

Oggi è passato esattamente un anno. Tanti di quei pazienti, entrati in ospedale dopo un pomeriggio di attesa sul piazzale, non ce l'hanno fatta, alcuni medici e infermieri che avevano assistito le persone sulle ambulanze ferme sotto il sole si sono ammalati e qualcuno ne porta ancora i postumi, il clima entrando in ospedale resta spettrale. E questa volta non per le ambulanze ma per il deserto. Il presidio, infatti, nei mesi si è dovuto prestare ad accogliere pazienti covid, smantellando i suoi reparti, un tempo eccellenze che trattavano persone anche da fuori provincia. Per un breve periodo, tra un'ondata e l'altra, sembrava che le cose stessero tornando alla normalità. Ma era solo una illusione.

Oggi l'attività in pediatria è sostanzialmente ferma. Ci sono alcuni letti inquadrati per il "day hospital" e il resto del reparto è stato destinato a locali per le vaccinazioni covid. Chirurgia ed ortopedia sono al palo: dopo la temporanea chiusura per alcuni pazienti positivi, hanno riaperto solo alle urgenze che non richiedono la terapia intensiva. La medicina non ha mai smesso di ospitare pazienti infetti. Ieri il reparto di subacuti ha convertito 5 posti letto in covid. In rianimazione ci sono poco meno di una decina di ricoverati, una ventina in pneumologia Inrca. L'attività ambulatoriale è ridotta ai minimi termini.

Galleria fotografica (vedi tutte le 16 immagini)

Insomma dopo la prima ondata e la seconda, ora si è ufficialmente nella terza. E se la fila di ambulanze non si vede, certo è che i reparti sono nuovamente saturi, l'età media dei ricoverati si è abbassata e l'affanno del personale è altrettanto evidente. E la paura resta alta.

S.V.
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