Osnago: il Comune apre una manifestazione di interesse per gestire a fini sociali un bene con confisca definitiva dal 2018

Il Comune di Osnago chiama a raccolta il Terzo settore del territorio per poter gestire ad uso gratuito un bene confiscato che si trova a pochi passi dalla strada provinciale SP 342 dir, al civico 12 di via delle Robinie, quartiere Marasche. Un avviso di manifestazione di interesse senza alcun obbligo a carico degli eventuali partecipanti, per comprendere la disponibilità nello svolgere funzioni sociali o educative e secondo quali tempistiche, come precisato in una delibera di Giunta del 19 febbraio. In una successiva determina del 1° marzo è stato fissato il termine del 31 marzo, non oltre le ore 12.00, per poter aderire alla manifestazione di interesse.

Attualmente l'immobile appartiene al patrimonio dello Stato ed è gestito dalla ANBSC (Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata). Con una nota del 4 dicembre scorso, l'Agenzia ha invitato l'amministrazione di Osnago a manifestare entro 45 giorni l'interesse al trasferimento dei beni in oggetto, a titolo gratuito, al patrimonio comunale, già indicando le finalità o l'eventuale progetto di utilizzo. Da qui la decisione del Comune guidato dal sindaco Paolo Brivio a sondare l'interesse delle realtà sociali.


Forniamo ora in esclusiva per i lettori di Merateonline alcuni dettagli sul bene. Risulta confiscato in via definitiva, in base a quanto disposto dal Tribunale di Milano, dal gennaio del 2018, in seguito a un procedimento che ha visto coinvolti Umberto Vitagliano e Giuseppe Zagaria. L'immobile entrato nelle disponibilità dello Stato era intestato al primo dei due. Si tratta di una delle due porzioni di una casetta bifamiliare. La confisca riguarda così una superficie di 154 mq a piano rialzato, composti da cinque vani e un bagno, mentre al seminterrato risultano una cantina, un'area di sgombero (taverna), un altro bagno e un garage di 34 mq. C'è anche un giardino pertinenziale, con una piccola piscina costruita inizialmente senza autorizzazione, opera successivamente sanata. L'unità immobiliare necessiterebbe di vari interventi di riqualificazione per essere resa utilizzabile per le nuove finalità.




Dalla notifica della confisca definitiva, l'immobile è rimasto occupato abusivamente per circa due anni dalla famiglia della sorella dell'intestatario Umberto Vitagliano, come emerso da ripetuti sopralluoghi effettuati dagli Uffici del Comune di Osnago su direttiva dell'Agenzia. La casa è stata liberata da poco più di un anno. Prima però è stata spogliata delle finestre e delle porte interne. Solo adesso arriva un'azione chiara da parte dell'Ente locale. L'amministrazione era tuttavia a conoscenza dello status di confisca dell'immobile già dal 2018, tanto che nell'ultimo programma elettorale Progetto Osnago proponeva la "destinazione per scopi di assistenza e accoglienza, da decidere insieme alle istituzioni del territorio, di un bene confiscato alla camorra". Meglio tardi che mai. Basta che da qui non si torni più indietro.
 
Il sindaco Brivio, nella seduta di Giunta in cui sono stati approvati gli indirizzi per l'emissione dell'avviso esplorativo, aveva ravvisato che a seguito dell'ultimo sopralluogo del 21 gennaio 2021 "l'acquisizione al patrimonio e alla gestione comunali implicherebbero una disponibilità finanziaria ad oggi non garantibile a carico del bilancio comunale". L'affermazione risulta obliqua, seppur in un secondo momento l'affidamento e la gestione da parte di soggetti del Terzo settore viene definita una "preferenza". Senza tentennamenti il Comune dovrebbe tuttavia richiedere la destinazione del bene confiscato indipendentemente dall'esito - auspicabilmente positivo - della manifestazione di interesse.



Un forte incentivo arriva infatti da Regione Lombardia che con le sue determinazioni di agosto e novembre 2020 ha stanziato 2 milioni di euro nel biennio 2021-2022 per i Comuni che vogliano recuperare e utilizzare a fini sociali o istituzionali dei beni confiscati alla criminalità. Altrettanti, sempre nel biennio, per i concessionari. Il tutto ricorrendo al Fondo per la ripresa economica dal Covid-19. Per i piccoli Comuni, sotto i 5 mila abitanti come Osnago, l'Ente regionale arriverebbe a finanziare il 90% dei lavori (comprese le spese tecniche e gli oneri sulla sicurezza e collaudo), fino a un massimo di 150 mila euro. La Regione eroga in via prioritaria i contributi per il riadattamento di beni immobili da adibire alla protezione di vittime della violenza di genere. Il Comune di Osnago potrebbe caldeggiare una progettualità di questo tipo. Un'occasione da non perdere, che sarebbe anche un ottimo segnale politico a poche settimane di distanza da una imponente operazione investigativa - la Cardine-Metal Money - che ha fatto emergere un sodalizio mafioso, dedito al traffico illecito di materiale ferroso e non, diffuso nel Lecchese.
Il territorio di Osnago non è risultato coinvolto, ma il quartier generale aveva sede nella vicina La Valletta Brianza.

Oggi il testo normativo di riferimento sui beni confiscati e il loro riutilizzo è il Codice Antimafia, che dal 2011 coordina le Leggi sul contrasto alla criminalità organizzata. L'origine risale però agli anni Ottanta, all'attività parlamentare dell'ex sindacalista siciliano Pio La Torre. Il caposaldo legislativo per eccellenza sulla lotta alla mafia fu approvato il 13 settembre 1982, dopo il suo omicidio per mano di Cosa nostra, il 30 aprile dello stesso anno, e dopo il sangue versato dal Generale dell'Arma dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa, il 3 settembre. La Legge n. 646/1982 introdusse per la prima volta al mondo il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, con l'articolo 416-bis del Codice penale. La Torre ebbe la lungimiranza di comprendere prima di molti altri che per indebolire la mafia le andassero sottratti i patrimoni. La Legge Rognoni-La Torre instaurò quindi il sequestro e la confisca dei beni risultanti dall'attività criminale o finalizzati a perpetrarla.

Altro passaggio fondamentale nella storia della legislazione sui beni confiscati è il 1996, con l'approvazione del Disegno di Legge di iniziativa popolare, promosso dall'associazione Libera, nata l'anno prima sull'onda emotiva e civile delle stragi del 1992 di Capaci e via d'Amelio. Con la Legge n. 109 del 1996, i beni confiscati - fino a quel momento sotto-sfruttati dagli enti istituzionali per finalità di archivio, uffici o per realizzare caserme - furono aperti alla collettività. Il valore aggiunto fu quello di ammettere la possibilità di riutilizzare i beni confiscati a fini sociali, con una gestione affidata direttamente alle associazioni e alle cooperative.
Ad oggi la Lombardia è la quarta Regione per unità immobiliari confiscate. Ne ha 3.208 (1.966 nella gestione dello Stato e 1.242 destinate). Davanti solo la Sicilia, la Campania e la Calabria. In Provincia di Lecco risultano 42 immobili in gestione e 33 destinati, 5 aziende in gestione e 3 destinate (2 liquidazioni e 1 vendita).
Marco Pessina
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