LIBRI CHE RIMARRANNO/11: ''Pape Satàn Aleppe. Cronache di una società liquida'' di Umberto Eco
Due ricorrenze mi hanno fatto scegliere il libro di cui parlarvi oggi: i cinque anni dalla morte di Umberto Eco, scomparso il 19 febbraio del 2016, e i settecento anni da quella di Dante spentosi a Ravenna nel settembre 1321. Del secondo l'anno che è appena incominciato si infarcirà di celebrazioni. Del primo c'è ancora tempo, ma, avendolo conosciuto un po', si rode del fatto che il nasone fiorentino sia portato così in auge, e lui non ancora (si veda, per es. la bustina "I miei sosia in e-mail" a pag. 79).
Un intero scaffale del mio studio è occupato dalle opere di Eco, e una calzava all'uopo: si tratta della raccolta delle "Bustine di Minerva" pubblicata dalla Nave di Teseo nel 2016, col titolo dantosissimo "Pape Satàn Aleppe. Cronache di una società liquida".
"La Bustina di Minerva" è il titolo di una rubrica settimanale che Eco iniziò nel 1985 sull'Espresso, prendendo spunto dalle bustine di fiammiferi Minerva che avevano all'interno due spazi bianchi su cui era uso prendere appunti. Gli interventi di Eco presero da subito il tono e la lunghezza di brevi annotazioni, sagaci divagazioni sui temi più disparati di attualità, una sorta di moderno zibaldone, dove l'ironia coltissima di Eco sostituiva - ma nemmeno tanto - l'amarezza di un certo nichilismo leopardiano.
Molte "Bustine" sono già raccolte nel "Secondo diario minimo" del '92, altre nell'omonimo "La Bustina di Minerva", altre ancora in "A passo di gambero", ma molte rimanevano, meritevoli di non giacere collezionate solo nelle emeroteche.
Quelle raccolte qui si assomigliano perché riflessioni sul fenomeno della nostra "società liquida", secondo la calzante definizione del filosofo Zygmnunt Bauman e vanno sotto quel titolo così misterioso, tratto dal canto settimo dell'Inferno dantesco, che schiere di commentatori non hanno mai pienamente interpretato.
Leggendone alcune non riesco a trattenere il riso ("Dio mi è testimone che sono scemo", "Twitto dunque sono", "L'ottusa Teresa", "Come copiare da Internet", per esempio), leggendone altre mi sale la rabbia ("Cattolici a corpo libero e laici bigotti", "Come uccidere i giovani con reciproco vantaggio"), leggendole tutte mi rendo conto che, pur essendo trascorsi ormai vent'anni da quelle Bustine, al netto di alcuni riferimenti molto storicizzati, le dinamiche di fondo non sono mutate. Si sono addirittura solidificate, ma quelle deteriori, altro che "società liquida".
Si legge agilmente questo libro, si legge ovunque, in treno, in metro, in bagno, in auto: uno dei pregi di Eco è esattamente la brevitas, oltre che il gusto per la provocazione dissacratoria. Iniziate a leggerlo dalla Bustina a pagina 108. Si intitola "Quelle troie dei raggi cosmici", e vale tutte le 469 pagine del tomo.
Un intero scaffale del mio studio è occupato dalle opere di Eco, e una calzava all'uopo: si tratta della raccolta delle "Bustine di Minerva" pubblicata dalla Nave di Teseo nel 2016, col titolo dantosissimo "Pape Satàn Aleppe. Cronache di una società liquida".
"La Bustina di Minerva" è il titolo di una rubrica settimanale che Eco iniziò nel 1985 sull'Espresso, prendendo spunto dalle bustine di fiammiferi Minerva che avevano all'interno due spazi bianchi su cui era uso prendere appunti. Gli interventi di Eco presero da subito il tono e la lunghezza di brevi annotazioni, sagaci divagazioni sui temi più disparati di attualità, una sorta di moderno zibaldone, dove l'ironia coltissima di Eco sostituiva - ma nemmeno tanto - l'amarezza di un certo nichilismo leopardiano.
Molte "Bustine" sono già raccolte nel "Secondo diario minimo" del '92, altre nell'omonimo "La Bustina di Minerva", altre ancora in "A passo di gambero", ma molte rimanevano, meritevoli di non giacere collezionate solo nelle emeroteche.
Quelle raccolte qui si assomigliano perché riflessioni sul fenomeno della nostra "società liquida", secondo la calzante definizione del filosofo Zygmnunt Bauman e vanno sotto quel titolo così misterioso, tratto dal canto settimo dell'Inferno dantesco, che schiere di commentatori non hanno mai pienamente interpretato.
Leggendone alcune non riesco a trattenere il riso ("Dio mi è testimone che sono scemo", "Twitto dunque sono", "L'ottusa Teresa", "Come copiare da Internet", per esempio), leggendone altre mi sale la rabbia ("Cattolici a corpo libero e laici bigotti", "Come uccidere i giovani con reciproco vantaggio"), leggendole tutte mi rendo conto che, pur essendo trascorsi ormai vent'anni da quelle Bustine, al netto di alcuni riferimenti molto storicizzati, le dinamiche di fondo non sono mutate. Si sono addirittura solidificate, ma quelle deteriori, altro che "società liquida".
Si legge agilmente questo libro, si legge ovunque, in treno, in metro, in bagno, in auto: uno dei pregi di Eco è esattamente la brevitas, oltre che il gusto per la provocazione dissacratoria. Iniziate a leggerlo dalla Bustina a pagina 108. Si intitola "Quelle troie dei raggi cosmici", e vale tutte le 469 pagine del tomo.
Stefano Motta