Novate: è morto Giuseppe Ghezzi, 82 anni. Era scampato all'esplosione del catenificio

Per tutti era "Peppo", simpaticamente genuino, sempre con in testa il suo cappello che anche ora nell'ultimo viaggio lo accompagnerà. Ne ha passate tante nella sua vita, qualcuna drammatica qualcun altra più rocambolesca ma, come amano ricordare i famigliari, ha avuto probabilmente un Angelo che su di lui ha vegliato e lo ha protetto.

Peppo

Fa parte di una generazione che ha iniziato a lavorare in piena adolescenza, già a 14 anni e le cui giornate erano scandite dai turni in fabbrica e dalla fatica.

82 anni residente ora a Novate, Giuseppe Ghezzi faceva parte di una famiglia molto conosciuta in frazione, dove vive ancora la moglie Antonia e la figlia Laura.

Ma la sua storia è legata anche ad un fatto in particolare, per il quale bisogna andare indietro nel tempo, al 1983 e che sconvolse tutta la brianza per il clamore dell'accaduto, le conseguenze tragiche e il nome dell'azienda coinvolta, il catenificio "Regina" di Cernusco.

Era la mattina del 28 dicembre e gli operai del turno delle 8 avevano fatto il loro ingresso in fabbrica.

Giuseppe, come aveva poi avuto modo di raccontare ai giornali dell'epoca, si era recato nel reparto trattamenti termici per il taglio di un bidone.

Lì c'era un collega e amico con cui si era accordato qualche giorno prima per questo tipo di lavorazione. Erano passati pochi minuti da quando il bidone aveva iniziato ad essere

sezionato che un boato enorme squarcio l'aria: fiamme, fumo e poi urla fino all'arrivo delle sirene di ambulanze, vigili del fuoco, forze dell'ordine.

Le lancette degli orologi dell'azienda si erano fermati alle 8.40 per l'esplosione. E con le lancette del tempo si erano fermate anche quelle della vita delle famiglie degli operai coinvolti.

Uno di loro, che si trovava all'interno di una vasca per il raffreddamento delle catene, era stato travolto da una sorta di coperchio pesantissimo che non gli aveva lasciato scampo. Altri sei erano stati investiti dall'esplosione, forse causata da una fuoriuscita di gas propano. Tra i più gravi c'era proprio Giuseppe che, dopo le prime cure sul posto, fu trasferito in ospedale a Merate per un delicato intervento chirurgico finalizzato a salvargli la vita. Dopo un mese appeso a un filo nel reparto di rianimazione con traumi alla testa, al torace, diverse fratture, era riuscito a risvegliarsi dal coma e pian piano a riprendersi, fino a tornare a camminare e poi a rientrare a casa. Un miracolo, come era stato detto in più occasioni, o forse proprio il suo Angelo che lo aveva protetto anche in quell'occasione, quando tutti ormai lo davano per spacciato.

 

Perchè Peppo già da piccolo era stato "salvato" tanto che l'aneddoto, accaduto a Novate il 26 giugno del 1953, dove in via Barbiano tre bambini, tra cui Giuseppe, erano caduti da una impalcatura senza farsi nulla, era stato riportato tra le "grazie ricevute" della Madonna del Bosco e raffigurato in un olio su tela esposto nel locale con tutti i dipinti.

Ha trascorso la pensione dedicandosi alla sua passione, l'orto, e ora vivendo in tranquillità nella sua casa con la moglie Antonia, assistito con dedizione da Rebecca e dalla figlia Laura, con il marito e i nipoti.

 

Si è spento nella notte tra giovedì 18 e venerdì 19 febbraio nella sua casa di via vittorio veneto dove ora si trova composta la salma. Il funerale si svolgerà nel pomeriggio di sabato alle ore 15, poi la salma sarà tumulata nel cimitero della frazione.

Un ringraziamento è stato espresso per gli operatori del Dipartimenti Fragilità che lo hanno assistito nell'ultimo mese.

S.V.
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