La Valletta: sentenza confermata anche in appello per ''violenza'' a danno di 3 bariste
A distanza di quasi tre anni dalla sentenza emessa in primo grado, è stata confermata quest'oggi dalla Corte di Appello di Milano la condanna a tre anni e otto mesi nei confronti di G.V., ex titolare di un bar de La Valletta Brianza (ex Rovagnate), trascinato a giudizio da supposte attenzioni morbose che avrebbe riservato alle proprie aiutanti, arrivando a mettere loro le mani addosso con toccamenti a sfondo sessuale. I fatti al centro del procedimento risalgono ad un lustro fa, quando l'esercente venne arrestato a seguito delle indagini condotte dai militari del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Merate, in esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare in carcere del Gip del Tribunale di Lecco, chiesta e ottenuta dal sostituto procuratore Silvia Zannini.
A far scattare l'attività investigativa, le denunce presentate da tre lavoratrici, vittime - a loro dire - di comportamenti lascivi tali da configurare il reato di violenza sessuale, costituitesi poi parti civili nel procedimento tramite gli avvocati Mauro Tosoni e Peter Sironi.
Il 19 aprile 2018 la sentenza in primo grado: tre anni e otto mesi. Una pena meno gravosa di quella richiesta dalla pubblica accusa che aveva ipotizzato una condanna a sei anni e sei mesi di reclusione.
Il collegio giudicante del Tribunale di Lecco - presidente Enrico Manzi, giudici a latere Nora Lisa Passoni e Salvatore Catalano - aveva ridimensionato il lasso di tempo in esame, rideterminando lo stesso fino all'interruzione del rapporto di lavoro da parte delle tre cameriere stabilendo altresì il non doversi procedere in relazione alle condotte ascritte all'esercente prima del maggio 2016 in mancanza della querela.
Stamani l'epilogo del secondo grado di giudizio; dopo l'appello presentato dalla difesa - rappresentata dall'avvocato Rigamonti - la Corte si è espressa confermando la sentenza del collegio lecchese e il pagamento delle spese processuali alle parti civili.
A far scattare l'attività investigativa, le denunce presentate da tre lavoratrici, vittime - a loro dire - di comportamenti lascivi tali da configurare il reato di violenza sessuale, costituitesi poi parti civili nel procedimento tramite gli avvocati Mauro Tosoni e Peter Sironi.
Il 19 aprile 2018 la sentenza in primo grado: tre anni e otto mesi. Una pena meno gravosa di quella richiesta dalla pubblica accusa che aveva ipotizzato una condanna a sei anni e sei mesi di reclusione.
Il collegio giudicante del Tribunale di Lecco - presidente Enrico Manzi, giudici a latere Nora Lisa Passoni e Salvatore Catalano - aveva ridimensionato il lasso di tempo in esame, rideterminando lo stesso fino all'interruzione del rapporto di lavoro da parte delle tre cameriere stabilendo altresì il non doversi procedere in relazione alle condotte ascritte all'esercente prima del maggio 2016 in mancanza della querela.
Stamani l'epilogo del secondo grado di giudizio; dopo l'appello presentato dalla difesa - rappresentata dall'avvocato Rigamonti - la Corte si è espressa confermando la sentenza del collegio lecchese e il pagamento delle spese processuali alle parti civili.