Merate: la Messa in ricordo di Don Isidoro Meschi, ''un uomo di fede e di fratellanza''

Sono trascorsi trent’anni da quel 14 febbraio del 1991, giorno in cui don Isidoro Meschi veniva ucciso a Busto Arsizio da un ragazzo di cui si era preso cura e a cui era sempre stato legato. Oggi, la città di Merate, di cui ‘don Lolo’ - così era chiamato - era originario, gli ha reso omaggio con una Messa celebrata nella chiesa prepositurale da don Luigi Peraboni.


Don Isidoro Meschi

Ad introdurre la sua figura è stata una breve riflessione del parroco sulle origini del Cristianesimo, e sulla forza del pensiero di Gesù: “Durante i miei studi e le letture sulla religione, mi ha sempre colpito la modalità di diffusione del suo messaggio, avvenuta proprio attraverso la meditazione sull’amore per il prossimo”.






Siamo tutti fratelli, ha sottolineato don Luigi, dicendo che non dobbiamo stupirci se, leggendo i racconti risalenti ai primi secoli del Cristianesimo, troviamo i servi condividere la cena dell’eucarestia con i padroni. “Anche il filosofo Søren Aabye Kierkegaard, analizzando la storia del Cristianesimo, diceva che possiamo trovarci di fronte a due immagini. La prima, una Chiesa trionfalista, ripiegata su se stessa, che non è stata capace in grado di accogliere il messaggio di Cristo. La seconda, invece, è una Chiesa militante, che nel corso della sua storia cerca di aggiornare l’annuncio di Gesù, dicendoci che siamo tutti fratelli”.






Il sacerdote ha sottolineato come sia fondamentale non ridurre la fede ad una questione di conoscenza o di attivismo, piuttosto è importante il linguaggio della fraternità. È stato proprio enfatizzando il nostro essere tutti fratelli che don Luigi ha ricordato la figura di don Isidoro Meschi, soffermandosi su tre aspetti del suo essere.  “Ho viva memoria del giorno in cui è stato ucciso” ha esordito. “Ero prete da tre anni, e anche nella comunità in cui mi trovavo si parlava della sua fede e della sua vicinanza al Signore. La testimonianza si è poi fatta più viva quando sono arrivato a Merate, e ho compreso ancora meglio di come fosse realmente un uomo di fede, di una fede convinta e coltivata fin da giovane”. Il secondo punto chiave è stato quello dei suoi scritti, in cui, ha detto don Luigi, si comprende chiaramente la sua ‘intelligenza di fede’.






A chiudere l’omaggio a don Meschi è stata la narrazione dell’esperienza che più di ogni altra ha caratterizzato la sua vita: “È stato un prete che ha sempre professato la sua fiducia in Dio mettendola in pratica attraverso l’attenzione concreta verso i più poveri e i più fragili”. Riferendosi alla ‘piaga della tossicodipendenza’, il prevosto di Merate ha fatto memoria di come don Isidoro si fosse fatto carico di questi ragazzi, cercando di trovare percorsi concreti per una via di salvezza. “Dopo 30 anni, credo che ricordarlo debba essere motivo di lode al Signore” ha chiosato don Luigi.
G.Co.
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