MerAteneo: al via gli incontri, due lezioni il 19 febbraio
«Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza», scrive Manzoni a un certo punto dell'ode Il 5 maggio, con un'espressione divenuta famosissima.
La poesia fu scritta, di getto, in soli tre o quattro giorni, da Manzoni, commosso dalla conversione cristiana di Napoleone avvenuta prima della sua morte. Nonostante la censura austriaca, l'ode ebbe una larga diffusione, e rimane oggi uno dei componimenti manzoniani più famosi proprio per la capacità dell’autore di interpretare e leggere la Storia a lui contemporanea attraverso la vicenda di uno dei suoi protagonisti.
Ora, noi posteri di Napoleone di sicuro lo siamo, ma è davvero difficile parlare di gloria, non tanto perché il giudizio su Napoleone rimane problematico, ma soprattutto perché la gloria per noi è un concetto tramontato. Oggi la gloria è stata sostituita – o scalzata – dalla fama e dalla celebrità, che sono fenomeni essenzialmente mediatici.
Vale anche per la street art? Difficile dirlo, bisognerebbe lasciare ai posteri la sentenza. Di sicuro, però, sarebbe sbagliato ridurla a semplice fenomeno mediatico: fa parte del tessuto urbano, cambia volto ai quartieri, dà nuovi significati allo spazio abitato, si è sempre contraddistinta per una forte componente sociale.
Insomma, la street art dice molto di noi. Ma cos’è esattamente?
Il fenomeno nasce a New York intorno agli anni Settanta, quando un gruppo di artisti comincia a operare per le strade e a vedere i luoghi pubblici come una galleria a cielo aperto – tra questi anche Jean Michel Basquiat e Keith Haring. Da lì in poi, la street art si diffonde un po’ ovunque.
Osteggiata e censurata all’inizio (proprio come Il 5 maggio!), oggi ha acquisito una sua dignità artistica grazie a figure come Banksy, lo street artist più conosciuto al mondo, tanto che si moltiplicano mostre, musei e festival dedicati.
Ma la street art non è solo estetica: proprio perché si manifesta nelle strade, sotto gli occhi di tutti, punta a dare una lettura della contemporaneità in cui viviamo (e ancora una volta il pensiero corre a Manzoni e al 5 maggio) oltre che a costruire, nel caos visivo e nel bombardamento mediatico a cui siamo sottoposti ogni giorno, una cittadinanza consapevole. Diventa allora una forma di attivismo, un invito alla riflessione comunitaria.
La poesia fu scritta, di getto, in soli tre o quattro giorni, da Manzoni, commosso dalla conversione cristiana di Napoleone avvenuta prima della sua morte. Nonostante la censura austriaca, l'ode ebbe una larga diffusione, e rimane oggi uno dei componimenti manzoniani più famosi proprio per la capacità dell’autore di interpretare e leggere la Storia a lui contemporanea attraverso la vicenda di uno dei suoi protagonisti.
Ora, noi posteri di Napoleone di sicuro lo siamo, ma è davvero difficile parlare di gloria, non tanto perché il giudizio su Napoleone rimane problematico, ma soprattutto perché la gloria per noi è un concetto tramontato. Oggi la gloria è stata sostituita – o scalzata – dalla fama e dalla celebrità, che sono fenomeni essenzialmente mediatici.
Vale anche per la street art? Difficile dirlo, bisognerebbe lasciare ai posteri la sentenza. Di sicuro, però, sarebbe sbagliato ridurla a semplice fenomeno mediatico: fa parte del tessuto urbano, cambia volto ai quartieri, dà nuovi significati allo spazio abitato, si è sempre contraddistinta per una forte componente sociale.
Insomma, la street art dice molto di noi. Ma cos’è esattamente?
Il fenomeno nasce a New York intorno agli anni Settanta, quando un gruppo di artisti comincia a operare per le strade e a vedere i luoghi pubblici come una galleria a cielo aperto – tra questi anche Jean Michel Basquiat e Keith Haring. Da lì in poi, la street art si diffonde un po’ ovunque.
Osteggiata e censurata all’inizio (proprio come Il 5 maggio!), oggi ha acquisito una sua dignità artistica grazie a figure come Banksy, lo street artist più conosciuto al mondo, tanto che si moltiplicano mostre, musei e festival dedicati.
Ma la street art non è solo estetica: proprio perché si manifesta nelle strade, sotto gli occhi di tutti, punta a dare una lettura della contemporaneità in cui viviamo (e ancora una volta il pensiero corre a Manzoni e al 5 maggio) oltre che a costruire, nel caos visivo e nel bombardamento mediatico a cui siamo sottoposti ogni giorno, una cittadinanza consapevole. Diventa allora una forma di attivismo, un invito alla riflessione comunitaria.
Ecco perché MerAteneo quest’anno sceglie di partire con due lezioni dedicate ad argomenti profondamente diversi eppure accomunati da tanto. Tutto, a MerAteneo, vuole essere un invito alla riflessione aperta; tutto vuole diventare un’occasione per immaginare quale potrebbe essere la nostra “ardua sentenza” sulle diverse e molteplici sfaccettature della cultura: da Manzoni alla street art, tanto per cominciare con le prime lezioni che i relatori don Ivano Colombo e Massimo Gianquitto terranno venerdì 19 maggio in via telematica. Ma poi continueremo con la storia contemporanea, l’arte medievale, la fisica, l’archeologia, la medicina, il diritto, la storia lombarda… Per chi volesse partecipare c’è ancora tempo per iscriversi (nel volantino allegato tutte le informazioni utili) e naturalmente chi si vorrà unire sarà il benvenuto: le riflessioni aperte sono tanto più feconde quanto più sono comunitarie!
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